Francia, ultimo e più clamoroso dei quali la uccmone di Nicola Bonservizi, segretario del fascio di Parigi; da ora in poi Matteotti doveva essere strettamente sorvegliato. Verso la metà del maggio 1924, Dumini domandò a Marinelli se per il servizio di sorveglianza su Matteotti non era il caso che lui si giovasse di alcuni arditi milanesi: Malacria, Poveromo, Viola, Panseri, Volpi. Era stato incaricato di una sorveglianza saltuaria un ce1to Thiershald (correggi Thierschwald). Dalla istruttoria risulta, come ho detto, che Thierschwald fu rilasciato dal carcere di Napoli in seguito-a una lettera di Marinelli, e, venuto a Roma, ricevette da Dumini l'ordine di sorvegliare Matteotti. Quanto agli arditi milanesi, dalla stessa istruttoria risultò che Marinelli era andato a ingaggiarli a MiJano per la bisogna. Gli arditi milanesi erano tutti presi dalla bisogna di sorvegliare Matteotti. Non era mansione né complicata né misteriosa. Una sera uno di essi in un locale da ballo fu fennato dalla polizia, che gli trovò addosso una pistola; aveva la sua regolare tessera della milizia, che gli dava facoltà di andare armato soltanto in servizio. Ma il giorno dopo Dumini presentò alla questura centrale cinque domande di porto d'armi per tutti i suoi compagni (e così la faccénda della pistola senza porto d'armi si accomodò alla buona). Ai primi di giugno, Marinelli convocò tutti a casa sua, e ordinò loro di procurargli « a qualunque costo ,, la prova « decisiva » che Matteotti e il suo partito erano responsabili per l'uccisione di Bonservizi (ai primi di giugno Marinelli non era ancora andato a Milano a reclutare i compagni di Dumini). Dumini domandò come avrebbero potuto procurarsi quella prova. E Marinelli: " Bisogna f,ir parlare il Matteotti stesso. Quando egli fosse nelle nostre mani, troveremmo bene il modo di indurlo a darci le prove che ci mancano ". A Dumini « la faccenda non piaceva ". Ma Marinelli premeva in particolare su Volpi e Malacria per « accelerare i tempi"· In quei giorni Dumini noleggiò una grossa macchina a. sette posti, con la garanzia di Filippelli. (L'istmttoria accertò che Dumini non noleggiò niente, ma si fece prestare la macchina da. Filippelli). L'autovettura serviva a portare a zonzo i suoi compagni, e così distrarli dal compito a loro assegruito da Marinelli. « Quel fatale martedì 10 giugno » la compagnia andò a far bisboccia fuori porta San Pancrazio. Tornarono in città che saranno state le qua_ttordici. Dumini stava al volante. Voleva condurre all'albergo in Piazza Colonna i suoi compagni. Ma non era pratico di Roma, e andò a finire in Piazza del Popolo e sul Lungotevere Mellini. Ma dall'interno gli si dice di tornare indietro e fermarsi alla farmacia di Piazza del Popolo, perché Viola si sente male per un'ulcera al ventre ed ha bisogno di aiuto. u Si può dire che il destino d'una nazione e di un regime è dipeso, quel giorno, dal mal di stomaco di un onesto cittadino ». Non aveva percorso più di cento metri, e gli dissero di dentro: « Ferma, ferma ». Lui bloccò di colpo. « Ecco Matteotti, qualcuno sussurrò al mio orecchio». « I miei compagni, meno il Viola, si precipitarono a terra. Io ero rimasto 319 BibliotecaGino Bianco
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