Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

un ratto, non per un omicidio. Quindi andavano amnistiati, e ms1eme con loro erano amnistiati Filippelli, che aveva fornito l'automobile per il ratto e non per l'omicidio, e Putato, che aveva fatto da palo al ratto, e non all'omicidio, e Thierschwald che, studiando le abitudini di Matteotti, aveva partecipato alla preparazione del ratto e non dell'omicidio. Rossi, che non si fidava di Mussolini, subito dopo l'amnistia si rifugiò in Francia. Marinelli fu reintegrato nella carica di tesoriere del partito fascista, e il 1° gennaio 1926 fece parte della commissione che portò gli auguri del partito per capodanno. al re; e questo sciagurato, che aveva ormai perduto ogni rispetto di se stesso, ci tenne a prendere notizie di quell'uomo in modo particolare, e si fermò a conversare affabilmente con lui (" Tribuna », 2 gennaio 1926). Rimanevano in carcere coloro che non solo avevano eseguito il mandato di rapire l'uomo, ma l'avevano anche ammazzato. Le prove· erano state raccolte nell'istruttoria da Del Giudice e Tancredi, e i quaranta volumi dell'istruttoria non potevano essere distrutti. D'altra parte sarebbe stato troppo scandalo amnistiare in camera di consiglio gli autori di un così clamoroso omicidio. Un processo pubblico non si poteva evitare. Eppoi un processo regolare trasferiva dalla magistratura ai giurati la responsabilità di decidere che se cinque malviventi rapiscono un uomo, lo chiudono in un'automobile, e ve lo uccidono con una pugnalata, non volevano ucciderlo. Jn conseguenza gli autori immediati del delitto furono rinviati a giudizio (1° dicembre 1925). Naturalmente bisognava disciplinare accusati, giudici, avvocati, pubblico. Ma nulla era più facile che disciplinare la gente, in regime fascista. La Cassazione rese a Mussolini il favore di trasferire il processo da Roma a Chieti, piccola cittadina abruzzese, dove la disciplina poteva essere facilmente organizzata. E il processo fu celebrato - si dice così - nel marzo 1926. Lo presiedette il giudice Giuseppe Francesco Danza. Costui, nel settembre 1913, era giudice a Lucera. Il giornalista napoletano Roberto Marvasi, direttore del settimanale • Scintilla », lo accusò di aver designato come liquidatore in un processo di bancarotta un sarto cli pessima reputazione, che era in relazione di affari col giudice stesso. Il sarto si querelò, ma il 18 gennaio 1915, quando si doveva discutere la causa, non si presentò. Marvasi fu assolto senza che gli permettessero di provare la verità dei fatti; e nonostante che sfidasse Danza a querelarsi il magistrato integerrimo fece sempre il morto. Questo fu il presidente delle assise di Chieti nel processo Matteotti. L'accusa - tutta da ridere - fu sostenuta dal procuratore generale Salvucci, che salì dopo a procuratore generale di corte d'appello e senatore. E il 24 marzo 1926 la commedia finì. Del Giudice racconta che nel 1927 si trovò a Roma a conversare con l'avvocato fascista Vaselli, che nel processo di Chieti aveva difeso Dumini, cioè aveva fatto la sua parte dell'avvocato, il quale deve, a tor317 Biblioteca Gino Bianco

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