Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1925-1974

2 NUOVA REPUBBLICA L'anello di Saturno posizioni della destra socialdcmocra- parte degli amici di Romita aveva tica che costituivano una vera e pro- orillai già aderito alle sue posizioni. pria. condanna a morte per il sociali- Romita <;bbe paura di rimanere isosmo democratico in Italia. Iato con noi, con Mandolfo e FaraChe Romita, e soprattutto Mat- velli, nel momento in cui Matteotti teotti, non si rendessero nessun con- e Zagari si preparavano a passare to della politica in nome della quale dall'altra parte e quindi, pur avendo governavano fu evidente anche ai fatto lussuosamente stampare una compagni di base quando Matteotti, relazione proporzionalista, si presencomc vice-segretario del partito, im- tò al Congresso, insieme con Matpcgnatosi al Congresso di Bologna a tcotti, Zagari e Preti, su una piatrispettarc l'autonomia· delle sezioni taforma antiproporzionalista. nella scelta della tecnica elettorale La battaglia ostruzionistica era da seguire durante il secondo turno finita. Si erano guadagnati otto mesi. delle amministrative, impose alla se- Poi cominciarono le trattative, le zione di Roma, dopo aver negoziatò rinunce, l'abbandono da parte di per conto suo con la O.C. la parte Sarag~t e Romita delle precise conpolitica e finanziaria degli accordi, d1Z1omposte al Congresso d1 Genova l'apparentame~Jo_ del _P.S,-0.I. con la su loro stessa nch1esta. Poi, la ri- ~.C. ali~ ammm1str~z1on_1romane. E bellionc della sinistra, la sua espul11_resl;'ltato che-segui fu 11p~e3!1nun- - sione, il rientro di alcuni compagni c10 d1 ~u.cllo che avrebbe s1gmfi~to nel partito. Ma intanto, per manun3: poht1c~ anal?ga estesa al piano canza di tempo, di quel tempo che la n_az1onale: 11Part1.to, che ave~a ~vuto sinistra aveva fatto perdere alla decirca 40,?00 voti alle clez1om del stra e a Dc Gasperi, la riforma elct1948, calo a 30.000, perdendone uri toralc, davanti all'ostruzionismo parquarto. lamentare dei socialcomunisti, si inUna reazione istintiva avrebbe in- cagliò e dovette essere varata senza dotto la sinistra - nel momento in tener conto di alcuni degli articoli cui Matteotti, con la tacita approva- fondamentali dei regolamenti delle zione di Romita, violava così palese- Camere. La situazione si drammatizmente la politica di Bologna - a zò al massimo con l'ultima seduta un colpo ài testa, come quello com- del Senato e col suo scioglimento. piuto da Andreoni e da altri com- La gente capì e forse non avrebbe pàgni romani che per manifestare capito se il governo avesse avuto a la loro legittima ira uscirono dal sua disposizione un anno, anziché Partito e presentarono una lista av- quattro mesi, per· varare la nuova versa. Sarebbe stato giusto per lo legge elettorale e se noi non fossimo meno rovesciare la segreteria, che si andati fino in fondo, con l'aiuto di reggeva solo grazie ai due voti della compagni di lotta così validi. come sinistra in direzione. Ma in tal modo Parri, Zuccarini e Piccardi che ci sarebbe finito l'ostruzionismo alla ri- permisero di portare davanti al Paeforma elettorale e Romita o Saragat se quell'istanza autonomista che era o Matteotti avrebbero, prima dcll'c- stata cacciata via dal Partito. state, intavolato trattative con la Il P.S.0.1. ha perduto 600.000 voD.C. e varato tranquillamente la loro ti. Lo prevedevamo fin dal primo molegge elettorale fatta su misura. mento e lo avevamo detto ai comRomita rimase quindi ancora scgre- pagni della destra. Lo avevamo detto tario con l'appoggio della sinistra a non solo in questo ultimo anno, ma patto di rispettare i deliberati di Bo- da cinque anni quando Simonini ci logna. Si cercò, anzi, durante l'esta- rideva sopra. Avevamo detto che il te, in ·vista del Congresso straordi- P.S.0.I., entrato al governo alla fine nario fissato per il mese di settembre del 194 7, era solamente un troncone 1952 a Genova, di presentare al Con- non solo del socialismo, ma della sogrcsso una piattaforma proporziona- cialdemocrazia italiana. In tutte le listica unitaria di tutta la maggio- elezioni anteriori al 18 aprile il ranza uscente. Vin~endo il eongres- P.S.D.I. aveva avuto infatti una mcso su quella piattaforma, anche equi- dia del 4% dei voti, corrispondente voca, Dc Gasperi avrebbe probabil- esattamente sul piano nazionale a t mente rinunciato alla riforma eletto- milione e un quarto di voti. II 18 raie. Perdendola, Saragat avrebbe do- aprile, nel momento in cui il P.S.I. vuto tener conto di una sinistra rap- si confondeva col P.C. nel Fronte presentante poco meno della metà Democratiéo Popolare, noi costituimdel Partito e battutasi in difesa della mo l'Unione dei socialisti e, alleati proporzionale, e quindi anche la sua col P.S.L.I. nelle liste di Unità Soadesione alla riforma elettorale avreb- cialista, riuscimmo a presentare al be dovuto essere fortemente condi- paese un'istanza di socialismo unitazionata, sul piano tecnico come su rio e autonomo, almeno nelle intenquello politico. zioni, poiché Unità Socialista conteNelle .riunioni tenute durante il neva l'impegno di fare un unico parluglio e l'agosto del 1952 fra i rap- tito e di riesaminare, dopo le elezioni, presentanti dei vari gruppi della si- lutta la politica di collaborazione nistra (ossia delle vecchie correnti con la D. C. n. 3, 4, 6) a Roma, per concordare Avemmo allora - buon auspicio - una piattaforma di intesa per il Con- 1.856.000 voti. Ma quando, dopo il gresso di Genova, Romita sembrò 18 aprile, l'unificazione non si fece e disposto a battersi in difesa del- il P.S.L.1. continuò a collaborare inla proporzionale pura e la sua condizionatamente al governo, in relazione politica di segretario uscen• tutte le elezioni amministrative avvcte testimonia questa sua volon- nute fra il 1948 e il 1951, esso ebbe tà. Quella relazione doveva anzi di nuovo una media del 4% dei essere la piattaforma unitaria su cui voti, ·perdendo tutto il vantaggio contutta la sinistra si sarebbe battuta seguito il 18 aprile. Il socialismo dcal Congresso. Ma fin dalla prima riu- mocratico si presentò alle elezioni nione Matteotti e Preti dichiararono provinciali e comunali del 1951 doapertamente di non créderc più pos- po aver concordato nuovamente la sibile il mantenimento della propor- formazione di un unico partito sozionale e di favorire anzi un sistema cialista democratico e dopo il distacco maggioritario con premio alla mag- del P.S'l..I. dal governo. gioranza, che presupponeva natural- Ripetendosi le condizioni oggettive mente un'alleanza elettorale del partito con la O.C. Preti aveva anzi in tasca un progetto bello e, pronto. Ma a denti stretti accettarono la relazione di Romita, come l'accettò Mario Zagari, il quale aveva cercato di inserirvi una serie di formule equivoche. Romita tenne duro su quella posizione fino alla fine di agosto, quando fu invitato da De Gaspcri a Sella di Valsugana. Nel colloquio col Presidente del Consiglio, a quanto egli ci riferl successivamente, e non abbiamo motivo di n·on prestare fede alle sue parole, Romita indicò con chiarezza la posizione .della sinistra, pur facendo capire ad un uomo capace di intendere anche a mezza voce come Dc Gaspcri, che non sarebbe stato avverso a qualche leggero ritocco alla legge elettorale esistente. De Gasperi-capl benissimo, soprattutto quando la destra socialdemocratica gli fece intendere che una RISO AMARO Biblioteca Gino Bianco che avevano favorito l'affermazione del 18 aprile, il socialismo democratico tornò, nei due turni delle amministrative del 1951 e 1952, a l.800.000 voti. Ci siamo sforzati fra il giugno 1952 e la nostra uscita dal partito di spiegare che i 600.000 voti recuperati erano tornati a noi su una piattaforma di sinistra, di autonomia dalla o.e.; che quei voti, come •.elle elezioni romane, se ne sarebbero andati via non appena gli elettori avessero avuto l'impressione che i dirigenti socialdemocratici tornavano, anche per un buon motivo, a legarsi a filo doppio a Dc Gaspcri. Cercammo di spiegare, a chi ci invitava alla disciplina, che la disciplina dei dirigenti della sinistra nQn avrebbe reso disciplinati i 600.000. voti che avrebbero rifiutato di andare a un P.S.D.I. collegato con la D.C. Dopo la nostra espulsione cercammo di spiegare a Mondolfo e a Faravelli che il nostro ritorno nel partito, senza l'abbandono del progetto elettorale da parte del governo, o sçnza per lo meno garantirci delle limitazioni serissime, non avrebbe fatto tornare al partito gli elettori le cui esigenze cercavamo di interpretare. Noi avevamo sperato che Saragat, con un margine di sicurezza del quadripartito cosl ristretto, si sarebbe servito della nostra collaborazione per ottenere da De Gasperi condizioni migliori e per convincerlo che il gruppo di pressione formatosi all'interno del Partito, con l'appoggio evidente di larghi strati dell'opinione it.iliana, aveva un peso sufficiente a modificare l'equilibrio politico italiano qualora le sue condizioni non fossero state accettate. Il problema politico da noi posto fu trattato da Saragat come un problema di disciplina. Matteottj giunse perfino a chiedere in sede di direzione, in appoggio alla tesi di Saragat, che si facesse un codice della disciplina per meglio colpire i ribelli. E poiché il nostro caso fu trattato come un caso di disciplina, agli elettori della sinistra socialdemocratica non rimaneva altra via se non quella di applicare la sola disciplina del partito di Saragat, sottraendogli i loro voti. Una sinistra unita e decisa, come al primo convegno di Firenze, avrebbe conservato integralmente quei 600.000 voti. Ma i tentennamenti e le esitazioni di alcuni deputati ad impegnarsi su una via cosl rischiosa, il ritorno loro e di uomini aventi allora il prestigio di Mondolfo e Faravelli nel partito, discreditavano la sinistra, anche quando gli uomini rimasti fuori dimostrarono coerenza e decisione. Mondolfo e Faravelli' si illudevano di riportare nel partito i voti della sinistra. Le cifre dimostrano oggi che hanno solo contribuito ad indebdlire la forza di attrazione di Unità Popolare e a fare andare verso il P.S.I. una maggior parte dei voti catapultati da Saragat in direzione di Nenni. Ciononostante, noi ci siamo assunti la responsabilità di mettere in scacco la legge elettorale e su questa azione abbiamo principalmente imperniato la nOstra campagna elettorale, convinti che il ritorno alla proporzionale era condizione per un ritorno ad un giuoco democratico più ·sano in Italia e alla possibilità di un dialogo proficuo non solo fra le varie forze politiche italiane, ma soprattutto fra le forze che popolano il mondo socialista italiano. Cucchi e Magnani volevano anteporre· la formazione di un altro partito socialista a questa battaglia immediata per un obbiettivo immediato. Essi non avevano fatto le varie esperienze di unificazione che avevano travolto il mondo socialista italiano in questi cinque anni perché erano iscritti al Paitito comunista. In un certo senso non le aveva fatte interamente nemmeno Andreoni che nel 1949, come direttore di Umanità, fu uno dei principali responsabili della decisione della destra del P.S. L.I. di non partecipare al Congresso di unificazione di Firenze del dicembre 1949. Noi sapevamo invece per le esperienze che avevano fatto, che i tentativi di unificazione ai vertici, scrivendo lettere aperte a Nenni e a Saragat, per dimostrare la )oro scarsa fede socialista, non erano mai arrivati veramente in profondità alla base; sapevamo ...,che tentativi di unificazione, come quelli compiuti con le liste di Unità socialista e con il P.S.D.I., non bastavano a ridare un'anima e una forza veramente socialista al troncone unificato. Sapevamo che perfino il P.S.U., costituito per disperazione dopo che P.S.L.I. e P.S.I. avevano dimostrato di non poter essere sganciati dalla O.e. e dal P.C.I., non aveva saputo di fatto resistere al mito unitario col P.S.L.1. Gli impedimenti alla unificazione non erano quindi negli uomini o nella loro buona volontà, ma nelle cose. Prima di cambiare gli uomini bisognava cambiare le cose e la lotta contro la legge maggioritaria ci offriva, per la prima volta, l'occasione, come minoranza di punta, di dimostrare al paese e ai socialisti che con l'azione decisa anche di una minoranza si possono cambiare le cose. Bisogna ora perseverare su questa strada, continuare a cambiare le cose in Italia e ottenere il concorso di un numero crescente di socialisti. Conosciuti gli ostacoli che stavano nelle cose, la unificazione verrà poi da sé. Verrà da sé, soprattutto, se saremo capaci di creare un terreno d'incontro, una piattaforma di intesa, una prospettiva di azione socialista su cui si possano incontrare tutti i socialisti. Verrà da sé, se finalmente i socialisti italiani vedranno chiaramente un'azione ed un programma che in un giorno non troppo lontano possano portare un socialismo unitario al potere. PAOLO \'ITTORELLI UN VOLONTARIO DELlA MORTE RICORDANDO MATTEO G IACOMO Matteotti vide nascere nel Polesine il movimento fascista come schiavismo agrario, come cortigianeria servile degli spostati verso chi li pagava; come mi;- diocvalc crudeltà e torbido oscurantismo verso qualunquç sforzo dei lavoratori volti a raggiungere la propria dignità e libertà. Con questa iniziazione infallibile Matteotti non poteva prendere sul scrio le scherlose teorie dei· vari nazional-fascisti, né i mediocri progetti machiavellici di Mussolini: c'era una qut;stione più fondamentale di incompatibilità etica e di antitesi istintiva. Seri.tiva che per combattere utilmente il fascismo nel cal}lpo politico occorreva opporgli esempi di dignità con resistenza tenace. Farne una questione .di carattere, di intransigenza, di rigorismo. Così s'era condotto contro tutti i ministerialismi, senza piegarsi mai. Nel '21 al prefetto di Ferrara che lo èhiamava in un momento critico della lotta agraria aveva risposto per telefono: « Qualunque colloquio tra noi è inutile. Se lei vuole conoscere le nostre intenzioni non ha bisogno di mc perché ha le sue spie. E delle sue parole io non mi fido ». Il 12 marzo 1921 Matteotti doveva parlare a Castelguglielmo. La lotta si era fatta da alcuni mesi violentissima; s'era avuto in Polesine il primo assassinio. Quel sabato egli percorreva la strada in calesse e Stefano Stievano, di Pincara, sindaco, gli era compagno. Ciclisti gli si fanno incontro dal paese per metterlo in guardia: gli agrari hanno preparato una imboscata. Matteotti vuole che lo Stievano torni indietro e compie da solo il cammino che avanza. A Castelguglielmo si nota infatti movimento insolito di fascisti assoldati; una folla armata. Alla sede della Lega lo aspettano i lavoratori e Matteotti parla pacatamente esortandoli alla resistenza: ad alcuni agrari che si presentano per il contradditorio rifiuta; era una vecchia tattica quando volevano ·trovare un alibi per la propria violenza: parlare ingiuriosamente ai lavoratori per provocarne la reazione facendoli cadere nell'insidia. Matteotti si offre invece di seguirli solo e di parlare alla sede agraria; cosl resta convenuto, e dai lavoratori riesce ad ottenere che non si muovano per evitare incidenti più gravi. Non so se il coraggio e l'avvedutezza parvero provocazione. Certo non appena egli ebbe varcata la soglia padronale - attraverso doppia fila· di armati - dimentichi del patto gli sono intorno· furenti, le rivoltelle in mano, perché s'induca a ritrattare ciò che fece alla Camera e dichiari che lascerà il Polesine. - Ho una dichiarazione sola da farvi: che non vi faccio dichiarazioni. Bastonato, sputacchiato non aggiunge sillaba, ostinato nella resistenza. Lo spingono in alto a viva forza in un camion; sparando in alto tengono lontano i proletari accorsi in suo aiuto. I carabinieri rimanevano chiusi in caserma. Lo portano in giro per la campagna con la rivoltella spianata e tenendogli il ginocchio sul petto, sempre minacciandolo di morte se non promette di ritirarsi dalla vita po- . litica. Visto inutile ogni sforzo finalmente si decidono a buttarlo dal camion nella via. Matteotti percorre a piedi dicci chilometri e rientra a mezza notte a Rovigo dove lo attendevano alla sede della Deputazione provinciale per la proroga del patto agricolo il caValicr Piero Mentasti, popolare, l'avv. Alticri, fascista, in rappresentanza dei piccoli proprietari e dei fittavoli; Giovanni Franchi e Aldo Parini, rappresentanti dei lavoratori. Gli abi- \i un poco in disordine, ma sererlo e tranquillo. Solo dopo che uscirono gli avversari, rimproverato dai compagni per il ritardo, si scusò sorridendo: - J m'ha robà ... · Matteotti andò incontro alla morte. Ne aveva il presentimento. A Torino il giorno della conferenza Turati un profugo veneto gli chiese: - Non ti aspetti una spedizione punitiva da qualche Farinacci? Rispose testualmente così: - Se devo subire ancora una volta delle violenze saranno i sicari degli agrari del Polesine o la banda romana della Presidenza. Come segretario del Partito Socialista Unitario aveva condotto la lotta contro il fascismo con la più ferma intransigenza. Rimane il suo volume: Un anno di do'!'inazione fascista, un atto d'accusa completo, fatto alla luce dei bilanci, e insieme una riyolta della coscienza morale. E fu Matteotti a stroncare, non appena se ne parlò, ogni ipotesi collaborazionista della Confederazione del Lavoro: non si poteva collaborare col fascismo per una pregiudiziale di repugnanza morale, per la necessità di dimostrargli che restavano, quelli che non si arrendono. Come segretario del partito pensava al collegamento, animava le iniziative locali, le coordinava intorno a questo programma. Compariva dove il pericolo era pili grave, incognito suo malgrado, a dare l'esempio. Talvolta osò tornare in Polesine travestito, nonostante il bando, con pericolo di vita, a rincuorare i combattenti. Egli rimane come l'uomo che sapeva dare l'esempio. Era un ingegno politico quadrato, sicuro; ma non si può dire quel che avrebbe potuto fare domani come ministro degli interni o delle finarize: ormai è già nella leggenda. Ho letto una lettera di un lavoratore ferrarese, scritta il 16 giugno: « Come puoi figurarti qui non si parla di altro e i giornali non fanno in tempo ad arrivare in piazza perché sono strappati ai rivenditori e· letti avidamente. La deplorazione è unanime e il risveglio no·n più nascosto. Pare che l'incantesimo • della paura sia infranto e la gente parla senza titubanze. La perdita può porterà i suoi frutti di libertà e di civiltà che renderanno allo spirito elet- . to del ·nostro Grande la pace e la gioia per il sacrificio compiuto. Mal-'. teotti era un uomo da affrontare la morte volontariamente se questo gli fosse 'sembrato il mezzo adatto per· ridare al proletariato la libertà perduta». Non si può immaginare una commemorazione più spontanea e più generosa. Come se i lavoratori abbiano sentito in lui la parola d'ordine. Perché la generazione che noi dobbiamo creare è proprio questa, dei volontari della morte per ridare al proletariato b. libertà perduta. PIERO GOBETTI Luglio 1924

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