Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1924

LA DIFESA DELLE LAVORATRICI 3 REALTA CHI PAGA E VISIONI DI. VITA co Ignami c-0n accento di affetto e di de- l . . fi . I voz10ne m mta. Ed il medico si toise il cappello e salutò FIOR DI MONTAGNA . La contessa Trabalzi gittò le redini al servo e balzò dal calessino sotto il portico <lei fienile riboccante. La fronte quasi nascosta sotto i riccioli brevi ed aridi che contrastavano con i capelli tesi e annodati sulla nuca : gli occhi profondi e perversi, la bocca diritta e sottile, tutto il volto cupamente pallido e disseccato era come contratto da una espressione di durezza inesorabile : il corpo stesso, alto, ossuto, si era come steso, irri- .gidito in una forte li,nea maschile, tutta diritta dai piedi alle spalle. Girò intorno lo sguardo come a fulminare : l'aia immensa, cinta tutto all'intorno dalle casupoI,e luride dei contadini, dai porticati, dai fienili, era per un gran tratto, lì, dinanzi alla signora contessa, com~ un grande letamaio, lago di fieno e .monti di stabbio su cui sparnazzavano le ali i polli crocidanti, nel tanfo di stalla : più lungi sopra il lastricato, tra, le reti met~lliche si stendevano larghe striscie di pallido oro e di -oro acceso, il bianco gran turco e il gran· turco rossigno che essicava splendendo gli ultimi raggi del sole. -. I carri drizzavano in alto, sotto i portici, i loro timoni inermi come albe•ri di nave, trjl il luccichìo deg.Ii aratri e delle macchine agricole : fuor dalle tettoie strari,pavano alte le grandi masse della. paglia e del fieno; nell'angolo più lontano, la macchina a vapore della trebbiatrice, ,nera, cupa, aveva ripiegato sul dorso il lungo camino, e .riposava immobile a sinistra, nell 'ombra : dalle stalle salivano i calmi muggiti dei bovi. . ·Accorse Cecco lgnami il fattore, tozzo sulle gam'ooa-rcuate, tuHo tremante nel largo abito di fustagno azzurro, il cappello in mano, il cranio lucido e cinto da una corona di capelli grigi : e la contessa Trabalzi raccolse sopra il povero uom-0 lo strano sguardo esaltato insieme e freddo : - Ma è grande, proprio così. grande il .danno? ... Oh fattore, è tutto r-0vinato?... E il poveretto balbettò : - No... no! Vento e grandine! II dan- .no è dell'ortaglia, delle vigne, dei granai... una grondana ed un camino caduti! La signora Trabalzi alzò le mani ai ca~lli: - Oh Signore, oh Signore! Poi, con un gesto improvviso raccolse e sollevò le sottane con le mani ferme sulle coscie, e disse : - Andiamo! Attraversò di corsa l'aia e visitò minutamente la cascina, per -le stalle, pe'r i fienili, per le casupole, poi i por,ticati, per i oanali, per i granai, sempre più concitata nelle parole e più fredda nell 'espressione degli occhi e del viso. Il danno delle fabbri-che era mini,mo, affatto insignificante, pure la contessa Trabalzi investiva delle sue parole il fattore, violentement-e : - Ancora un poco e mi scoperchiava le case. Che cosa è mancato perchè il tetto crollasse sul grano? Ritornò nell'aia così di corsa : gettò uno sguardo truce alla macchina a vapore che non aveva sofferto, non aveva sofferto nè dal vento nè della grandine ... perchè nor: apparten-eva a casa Trabalzi : spinse con il pi-ede e con la mano insieme un cancelluzzo verde ed irruppe nell'ortaglia immensa, tutta aiole .di erbaggi, segnata e ombr•eggiata da peri, da meli, da peschi, da noci, <la tante . fi,le di ailberi fruttiferi allacci.a.ti e rivestiti dai viluppi della vite. - Che rovina, che rovina! I colli, i sentieri erano invasi di foglie, di st,erpi, di rafl}i tronchi : gli alberi parevano disfrondati da una mano perversa, e se ne stavano lì immiseriti, gialJ.ognoli, quasi tremanti di un 'altra bufera : !,efrutta rotola-te sul terre.no, su<lice, ammaccate, erano sta-te raccolte a mucchietti intorno ai tronchi e finivano di marcire : le viti quasi nude, nascondevano pochi grappoli sgranati sotto le foglie a strappi, e dai nodi e dai tralci abbandonavano in pianto lunghi filamenti rossigni che oscillavano nel! 'aria. La contessa Trabalzi correva in su ed in giù per i sentieri, con larghi gesti delle m.ani, e piang,eva di dolore, di furore, per la sua impotenza, per la rabbia di non poter accusare nessuno, neppure il fattore di quella rovina del vento e del.la grandine! Si rivolse i.mprovvisamente, fissò sulla fronte al fattore quei suoi grigi occhi che E cercò, ruminò tra i denti l'ingiuria che colpisse di più... poi scoppiò nell'insulto che ella lanciava al defunto conte Trabalzi: - Bufalo! Chi mi paga ora questa rovina? I granai ,scoperchiati, gli alberi a pezzi, le viti distrutte ... oh Dio! .Ma I'in:,precazione fu schiacciata sotto lo sgretolìo dei denti. .. Si alzò ritta sulla persona maschi,Je, e domandò fredda e pacata: I contadini hanno pagato tutti? Sissignora! . La mezzadria? i polli? il solfato? le ghiande? ... Sissignora! La casa? Sissignora! Tutti, proprio tutti? II fattore esitò un attimo: allora la contessa g,Ji fu sopra, rapace : -.- Chi manca, dì, chi manca ...? - Eh, signora contessa! Non manca proprio nessuno ... se lei no.n vuol contare il vecchìo... Giovanni Rena... sa ... quel disgraziato... che deve ancora venticinque lire! - Fannullone ... ! Sono dieci anni che non lavora! Non l'hai cacciato, se non paga? Il pover'uomo tremava di paura e di angoscia : e l'angoscia era più forte del terrore perchè l'anima gli si torceva, pensando che poteva venire dell'altro male a_I vecchio, al padre sventurato di tutta la cascina. -·- Signora contessa... lavorare non può : ha quasi novant'anni, ed è infermo ... pellagr-0s0, signora contessa,, da tempo infinito. E' poi disgraziato, signora contessa, disgraziato più di Maria Vergine e di San Rocco.. ~ L'anno scorso gli è morta la moglie ... e la figlia ne è diventata pazza, ma non fa male a nessuno, povera ragazza! Non hanno niente, meno di niente, povera gente ; se non ci fosse il dottore nuovo che rnanda ogni giorno il brodo e la carne, sarebbero morti cento volte di fame!. .. - Parli troppo, tu... Conducimi da quella gente. II fattore si lasciò cadere le braccia e chinb il capo. Ri-entrando nella cascina, e presero per un portico oscuro e sudicio, invaso da polli, da bimbi piccini che si trascinavano carponi sul pavimento sterrato o dentro i cercini pesanti di legno. In fondo, in un breve spazio scoperto, dinanzi al lago ed ai monti del letame, sedeva sopra uno sgabello, il volto sprofondato tra le ginocchia, un vecchio : e ai suoi piedi, sul nudo terreno, era accoccolata u.na. fanciulla che levava il volto pallidissimo e i grandi occhi sognanti verso un signore alto e composto sotto i,Jlargo cappello bianco, il volto austero cinto dì barba grigiastra. - Il signor Dottore! - sussurrò Cec- · Plinio ha lasciato la scuola, in verità, in silenzio, quando la contessa Trabalzi s1 con profondo dolore. fu avvicinata: il .vecchio infermo sollevò Abbandonare tante persone care: il il volto scheletrico, verdastro, in cui sem- maestro, i compagni, tante cose amate: brava che gli. occhi si fosserp spenti, e la il suo posticino nel banco, quelle ·pareti oola cinta da una barbetta bianca, lanosa, vive di tanti ricordi: dove il suo spirito scossa dal tremito stesso che moveva dalle vibrò mille e mille volte nella luce /o/gomandtbole e agitava tutta la persona. La rante d_ell'« imparare >> -·. pa~pi_to ?he ~vfanciulla si levò cheta, composta, ma con v_olg~, in _un~ scuola, gli_ animi p~cc?l1 e · fi ·t t d I e doloroso si 1 11 r1scald1 d un dolce tiepore: s1m1le a asp~t!o m fil a_mene O e e ' quello d'ala materna che protegge nel niavv1c1.nòalla signora =. . .• do le creature implumi; dire addio al •mi- - Ah! padrona, m1 mandi m carcere... nuscolo mondo di .risi, di canti, di giochi, sono io che l'ho fatta morire? Era lì, sull~ a diec'anni, per avviarsi su l'-erta e di/- sedia e non poteva discendere, e c'era ti {icile salita che conduce, tra i roveti, alla sole: ed' io le diedi lo -Specchio col sole con.quista dell'umile pane che si spezza dentro ... tanto sole che mamma chiuse ~li ogni giorno, a dieci_ anni è cosa triste, se pur degna dei forti! . ,, Maggiore di sei fratelli in povertà e in La contessa Trabalzi la scostò_con ~n miseria, Plinio ha dovuto andarsene con occhi e mori. .. g-estode_llamano, e fece un passo mnanzt: I l'animo gonfio d'amarezza. Ne' le solitu- - · Signor dottore, perchè non manda dini e il verde dei boschi, sotto l'immenso questa ragazza al manicomio? azzurro del b.el cielo, che guariscono, e•le- -·- Perchè non le gioverebbe; e perchè vandalo, nutrendolo di puri sentimenti, suo padre ne morrebbe disperato! l'animo .Più ac~asciato, P?~ranno facil- . - Intanto costoro rappresentano un mente r1don0:_rglz_la s~r~m~a e .la pace_. ingombro nella cascina, ed .una spesa inu- Tra le ombre dei• fa~g1, 1 g1~epr1 e le g1- . nestre in fiore, tra I profumi delll! mente tile. . . . e dei timi, ove tutto è raccoglimento e . Il medico _sornse heve~ente e,. senza tranquillità, Plinio solo sarà triste: un nspondere, s1 cur~ò vers~ 11vecchio: povero fiore solitario che non avrà la ca- - Avete mangiato oggi,· nonno? rezza della brezza, il bacio d'una stilla di E Giovanni si vol_seun poco, per ba- rugiada .. ciargli la mano. Quanto dolore! - Oh capisco, dottore! So tutta la sua . Nelle ore ~el meriggio, quan~o tacio~~ ge·nerosi-tà: ma io desidero che altri non I campanacci delle muc_che e I bronz1m f d e la carità in casa mia!... delle capre, la nostalgia _della n_wmma, venga a -~roon er . della scuola, dei compagni « beati e forll medico trattenne un moto violento, e lunati » (possono ancora « imparare ») gli domandò pacato : ; salirà dal cuore ad imperlargli le ciglia E' una donna ,lei? di pianto; i muschi ed i licheni berranno - Ah! non lo sa? le sue lacrime amare ... - Lo so : ma non vorrei dimenticarmene. Toccò con un dito il cappello e se ne andò dopo aver sussurra,to a.Ila povera ,pazza: - Stai buona... non far dispiacere al babbo! - Mascalzone! - borbottò la signora Trabalzi. E rialzando ancora J.e gonne colle mani ferme sulle coscie, si avvicinò ad una porta, e protese il capo dentro il tugurio tenebroso : poi si volse al fattore : - Sai, non voglio che quel mascalzone si creda più generoso di me. Per ora non li caccio di casa : ma devono pagare il debito; Lì dentro c'è una caldaia grande ed un cassone inutile, li farai vendere ... La fandulla, la povera pazza toccò con un dito la gonna della signora e ancora sussurrò: - C'era il sole : ed io le detti Io specchio col so.Je dentro... tanto so.le che la mamma chiuse gli occhi... oh mamma! Ma la contessa la -respinse disperatamente: - Hai capito, lg.na.mi? Allora il fattore si tolse la mano dal petto e disse : . - Signora padrona, qui c'è il bastone ed il cappello : morirò di fame... ma io non posso... qui c'è il bastone ed il capii 1 • VIRGILIO BROCCHI. pe o.... -~=t?]~1l ,li! ::~t: * • * [eri mi ha mandato .un gran mazzo di ginestre fiorite, odoranti d'un denso profumo silvestre. Ricorda la scuola; l'ama e la vuole, anche lontano, adorna d'umili e bei fiori di bosco: che ci riflettono nei cuori la. vivacità dei loro colori, la delicatezza della loro fragranza, finchè non appassiranno: tristemente: come un uccellino che cliini, piano piano, morendo, l'esile capo sull'ala, prima di rinchiudere, piano pi?no, gli occhi assetati d'azzurro e d'infinito ... Quanto profumo in quelle ginestre! Com 'è sempre fragrante un fiore colto da un fanciullo, caldo nello stelo del tiepore delle sue graziose, delicate manine! • •• Bisognava dunque andarlo a trovare, questo tesoro di bimbo; e non solo per ricambiare un atto di gentilezza, ma per portargli, anche, nell'ampia solitudine che lo isola, tra valli, boschi e monti, dal suo gioioso mondo infantile, l'eco della sua scaletta al!lata. Tre ore di viaggio tra folli noccioli, su per coste ombreggiate dai faggi, qiù per sentieri fiancheggiati da fitti roveti, entro vallette oscure afose silenziose; senza scorgere mdi nè una casa, nè una capanna, ?è una baita da carbonaio; poi, lontana, indistinta, una musica monotona di suoni grevi, bassi, che sembrano il respiro affannoso, tedioso della terra. . Cammino, cammino e quel respiro della terra e della boscaglia che si fa ora sempre più rada, quella musica diviene meno greve, più leggera, come se il sole la pur·ificasse; si uniscono, si fondono cento,. duecento note diverse che tremolano, v,~ brano, tintinnnano un attimo sole, distinte., per rifondersi poi tutte, tutte nel canto del pascolo: or mite e dolce come. lo sguardo d'UJJa giovenca, or acuto e birichino come l'irrequietezza d'un agnello. Sull'ampio piallo verde, inondato di luce, sparso di pietre bianche e rossicce, scagliate, sgretolate dal tempo e dal sole, pasturano le mucche; là in fondo, sollo l'ombra di giganteschi noci e ciliegi secolnri, sorgono basse rustiche massiccie tozze le stalle, la ghiacciaia, le baite dei pastori. Trovo un uomo intento ad aggiustare una gerla. E' tutto nero; la faccia, le mani nere; neri i panni di fustagno, la camicia aperta su l'ampio petto peloso come quelwlo d'un orso. Su quella massa scura luccica la Zara del falcetto; spiccano i trucioli di nocciolo. Mi guarda di sotto le sopracciglia foltissime, congiunte a cro_- ce sul la frontet, e tace; mi balena fulminea nella mente l'impressione che quassù, col continuo forzato silenzio, gli uomini debban perdere l'abitudine della parola o che il parlare sia per loro una noia; e devo essere il primo a salutare, a far conoscere, senza aspettarne la domanda, lo scopo della mia visita. · .. - Sapete, io sono il maestro di Plinio, e son venuto a trovarlo. davano il freddo., e sibilò: ,.s·;,,•s:,•,·*''···•·❖•❖,,,,,,, ••• ,. .-$} ~,é:-~r1w;~ii~tiH§.t\:l%~111~;%.tt. - Ah! diavolo, bravo, venga qui con me, sarà sudato; venga che vado ad accendere il fuoco. Plinio glielo chiamo subito; dov' essere laggiù in fondo, verso la rupe ... Un buon ragazzo, ubbidiente (la mià impressione svanisce. Costui ha tante cose da dirmi, che non mi lascia aprir bocca e mi conduce verso le baite), sv·ello, sveglio. Quando gli comando un servizio, salta, corre come un leprotto. Lei è il suo maestro? Sembra giovane; me ne ha parlato, ne parla sempre. Alla sera racconta continu1Jmentè dP-lle storielle, una più bel- - Non Io ".".peva,te v-01c·he sarebbe ca- ,,,.".." .. ·»,-<•''x''"-t"·v·é,,.,,,,, i·❖~<;.""•>*'""™"-""~''*''','''•"' ..:)<4 '- ~ •;,:, •'-:-!'•••::::•~ ~.,;, •~•'-.;, ~ ❖, "§./{.:_.._'-({,-: & ::x•• ••»:'-,-'o:; •».»~~:;:i"'-.-;,;,; :<!' V~ •_' ,,-'~S~\::it~~t\tif~it.~~~ti\~ft;tf \'&\i¾t:-:&-Jf :-~çJit?-:f!~~~*il~;/:~ti~~l~\.; duta la gra nd ine ...? <\,Mi,f?,f¾.f-t}~i~i{;i~i~~il~t:i?it~l1ì~f~tr~1\tlìit}t1{t1Sf1t11itti~l.ii}Jt 1 Il ·poveretto allargp J.e braccia e curvò ~"'<· é,s '"·•"'-'•-,❖ ·.·,.,.wX• •·=·»•;,,; '❖ S.-,,•.❖ ·'ls·,.. ~'?,.,.., ,....,,,.,.,,_••• ,,,,,,.•x•».1t s.,·'·".·.. ·X•.m' · f1f:\@ìtt®Ji\~f~Sfff!JJt1t*)?\('.f?1Jfll·i~:itt1h~fl ft:::t~{~t@1i\.f"@1~~\/\Y-\~· il capo nudo nell'umile àttitudine di -chi f~~.f. t}fift~.J. 1:st•f}t(l\,=:-f;?~,f~i~~r\j\1/~ ... ~ .;q-J};JJtt.t-1.~~l;f:{f)f}~ .. -lf~~ii*-A'~tlconfessa di non sape re. fì1ir-1ifr~;t~~f{tf¾ittl!fù:f:4\ttl!i}t11&tl1>ìt~,t41%}\#t1tlif, C ? k~/,"•}-'•'•:(>' yy>- :•, '- ?{!❖ •j:'• '❖ ,.,.;. '? :::-~;•.v '!»:' «'X•~ f ,•,.-.~:❖: '- ❖ '°'f,•◊',.'-.❖'"'•-. •.V:-.,❖•~,;.-..-❖•;::.~-•••~•~,•~~~ - Pereh è vi pago i o ,d unque?. .. he . $.f.~ (·})f!~--:fY.·~/~>;i1 .:.: . .s=:::::f;;=:::~~~==-:: .. ¾ff) ~·: (i~t-~ft¾~ =t.;:~f~:~ ~..;'\l~ (>~&~· .. ·:--~i~:... .,:-:~~:-: :=::-::::,;-~~:::·•. ~i;:fJ•?'i~.}\i=t~», ... '% ~J1$-K·f~~·-f;;:{~.:::;:❖.(; 0:t:~.-?:::'t.~:?~J: .:..:.: ~:: :1ijf-:@'W~~i¼.\W$W:~ ~:©.,~~w :::.:❖• ¼"'<'--~*-:;.,~ ..;:-~.:.:. :.:=•;.-..:: ·-=❖--:❖::=.>:::~.:.-:::;:,'%=~»>>~ Non ci sarebbe stato rimedio ugualmente? ;.~":9-i.-.,,.,.,,;;.,.,,,,.,;.;.,,.•,·..,.,.,,,,•,.• ~w.Av>-•"'"'"""•·"'·""''"'·="' · ' • ,. • •· • ~ · · · Che~·-· P~rchè non mi avete consigl~ato I . I f" li di Giacomo Matteotti r .sroa~lOtGecinao Bianc· la dell'altra, di quelle che ha imparato a scuola. E come sa fare i conti! - Tanto burro, prenderete tanto; tanto formaggio, prenderete tanto. Non sbaglia una volta._ Garzoni come questo non me ne sono mm capitati; è un ometto. Vincenzo spinge ora un uscio tozzo e nero e mi fa entrare nella baita affumicata, bassa, quasi oscura. Alle pareti, senza intonaco, sono appesi sui cavicchi paioli e secchi, filtri, mescoli, palette di legno; nel centro del pavimento acciottolato v'è una gran cavità tonda dove si accende, a giudicare dalle dimensioni e .dalla cenere, . il gran fuoco per far intiepidire il latte da cagliare ... • * * Eccolo: con quei suoi occhi luminosi, sorridenti -· io conosco la luce che vi b-rilla -, mi viene incontro. E' a piedi nudi, ha i . calzoni logori alle ginocchia, la camicia aperta sul petto, e in mano un alto bastone ricurvo di ginepro· scortecciato: come un pastore buono dei ·tempi antichi. - E' venuto fin quassù, signor maestro? - Son venuto a trovarti. Via!, non balbuziare; qui te la spassi benone t-u, lontano dal tedio dei libri ... - Oh, i primi giorni no! Avevo sempre sul cuore la mamma, i frat,ellini, la scuola dove s'imparano tante belle cose; ora son contento; Vincenzo mi vuol bene; non rrif lascia mancare il cibo e mi darà trenta lire al mese, trenta lire! Negli occhi ora vi leggo l'orgoglio dell'uomo, proprio dell'uomo fatto che basta a sè e aiuta anche la famiglia. Trenta lire per Plinio rappresen;fano una fortuna, domani, nella sua casa dove la povera mamma deve tener conto a.nche del valore dell'umile soldino, di. quel s.oldino che, se manca, può portare l'umiliazione del debituccio dal fornaio. - Bravo, bravo! Lavora e guadagna; capirai più tardi la bellezza e il valore del tuo lavoro. E non dimenticarti dello studio. Tu puoi studiare ànche qui. Ti ho portato un libro; leggilo; sarà per te un maestro, un amico; non ti potrai più staccare da lui; studialo, nei momenti di riposo: è vasto .come il cielo; e. come non ci si stanca di guardare il cielo, cosi non ci si stanca mai di leggere questo libro. E' il « Cuore », un tesoro di bontà... . - Grazie!, e Plinio tace; ma il suo silenzio non mi cela la commozione del suo animo. * • • Vincenzo s'affaccia, col volto madido di sudore, sull'uscio della baita; ci chiama, per man'giare una fetta di polenta. Ho con me lei colazione, ma non mi si lascia ne-rrrmeno aprire il sacco da montagna. M'ha versato .in una ciotola di carpino due mestoli di latte appena munto e dentro vi devo inzuppare la polenta calda calda. - Il latte r. d'una mucca fresca. Le farò poi provare un po' di cacio di cap~a, che ci vien molto buono nella· nostra piccola cantina. Mangi senza complimenti, cosi alla buona; qui non c'è lusso e co- , . modità, ma il cibo è semplice, naturale ... Oh, com'è buona, Plinio e Vincenzo, la· vostra polenta profumata, mangiata in · semplicità, dentro una scodella di legno, col cucchiaio di legno, nella baita bassa, affumicata, seduto sul focolaio rotondo dove scoppiettano i tizzoni di ginepro; com 'è saporito .questo latte, com'è squisito questo cacio. che esce dalle vostre mani, senza contraffazioni; e come sono buone le vostre parole dette in· semplicità di cuo~ re; com'è mansueto e sincero il vostro sguardo, uso a posarsi, tranquillo, su le mucche al pascolo, ad adagiarsi sul verde dei boschi,- a vagare nell'azzurro .del cielo· com'è bella codesta vostra vita buona! ' . I o ricordo - con sollievo - un racconto di pastorizia: « Les étoiles >> del Daudet. J o penso - con angoscia, ora - ai tormenti che incatenano, avvinghiano, martiriano, insanguinano, opprimono, laggiù nel mondo, gli uomini che si assidono intorflo alle tovaglie candide. Vincenzo fuma una pipa corta, nera. Sul fuoco tondo scoppietta il ginepro. Plinio è sgattaiolato via. Torna con un fascio di rododendri e un mazzo di peonie. - Le ho colte per Lei. Gliele legherò io sul sacco da montagna, chè non si sciupino. Questi boccioli di « rose rosse » si conservano a lungo, messi nell'acqua sbocciano e s'aprono ... EFFECI. ~~~~~~. Giustizia dormi ? Giustizia, dormi o sei morta? Quest'uomo merita che dal suo collo penda una catena d'oro e in cambio ecco egli stesso pende, pende ... al capestro del · [boia; al collo di quest'altro è sospesa una catec · [na d'oro, dove egli stesso al capestro del boia dovrebbe [pendere. Giustizia, dormi o sei morta? ALESSANDRO PETèiFT.

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