Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1924

418 LA CRITICA POLITICA domani, itnperiosi e inderogabili, sia ai fascisti trionfanti sia ai fascistt addomesticati e normalizzati, sia ai loro eventuali successori. Non dovrò spendere molte parole per dimostrare ai lettori della Critica che uno dei fondamentali, se non proprio il principale problema della nostra vita nazionale è l'orga~izzazione dell'autonomia locale, il decentramento politico-amministr~tivo regionale. E mi propongo di considerare l'atteggiamento del fascismo di fronte a questa vitalissima questione ; giacchè per operare praticamente nel campo della politica non bisogna mai ·dimenticare la realtà, e l'unica realtà politica attuale, _sia pure in gran parte artificiosa, è dal 1922 in poi il fascismo. ' Il problema dell'autogoverno regionale e locale non fu ignorato dal fascismo, anzi, inteso e risolto come ribellione della provincia alla capi~ tale, ne costituì uno dei fermenti più vivaci e più vigorosi : nella primitiva impostazione del programma fascista la rivolta delle provincie contro l'accentramento statale apparve fusa e confusa nell'atteggiamento generale di ribellione contro tutto e contro tutti, apparve come un'inconscia interpretazione di esigenze e necessità realmente· e profondamente sentite dalle popolazioni provinciali e rurali, specialmente dai medi ceti ; e - forse è questa la ragione del largo successo che in essi incontrò il fascismo. La lunga dittatura democratico-burocratica giolittiana, rassodata dalla sospensione della vita politica inevitabile per le necessità della guerra, aveva più che chiaramente dimostrato agli Italiani di pro'f'incia che i loro. interessi ed i loro destini erano manipolati esclusivamente nei gabinetti di Roma, da poche centinaia di potenti, i numi della burocrazia degli affari e della politica: la corsa a Roma, al competente Ministero, con relativo biglietto di presentazione del compiacente onorevole, era doventata la manìa, l'ossessione dei ceti borghesi di [provincia subito dopo la guerra, era il segno del saper fare, della bravura, era il crisma della modernità. I nostri provinciali si erano ormai abituati ad aspettare da Roma la soluzione di ogni minimo problema, anche individuale, e naturalmente si vendicavano delle difficoltà e delusioni, anche minime, con tutti quelli che stavano a Roma : ministri, senatori, deputati, direttori generali, ispettori.... etc. etc., tutti fannulloni, tutti camorristi : a costoro facevano risalire direttamente la colpa di tutti i guai, individuali e collettivi. Le folle, sotto l'immediato contraccolpo delle miserie di guerra, urlavano contro la Patria, e i reduci accusarono gli uo- ~ini politici di Roma di fomentare i disordini in vista delle loro personali ambizioni ; i bottegai e i trafficanti imprecavano di continuo contro Roma per le troppe tasse ed i troppi inciampi ; i ricchi erano feroci contro i demagoghi romani che parlayano- di decurtazione dei patrimoni e indulgevano alla plebe; i proprietari rurali arrabbiati per le pretese un po' più ardite dei loro contadini, ne trovavan la ragione nelle troppe chiacchiere e nei troppi chiacchieroni di Roma; gli industriali trovavano troppo ingombrante per. i loro affari l'attrezzatura del governo centrale Biblioteca Gino Bianco I

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