Pagine di quotidiani e riviste dedicate a Giacomo Matteotti - 1924

104 valo le condizioni dell'isola con la coscn1,1one obbligazione, l'imposizione delle'\ fondiari.a e la denuncia del trattato cli commercio con la Francia. l danni della coscrizione obblgaiori.a sono facilmente riconoscibili se appena si ricoidi la costituzione demografica della Sardegna poverissima di uomini e la psicologia ribelle degli abilanti. L'irnposizioue della fondiaria fu compiuta 11el Mezzogiorno e nelle isole con singola1-c scverilà e già per il Salaris il catasto do\'eva definirsi il libro delle menzogne. In un eomu.nello del Gampidano si pagavano per ogni franco di rendita centesimi 31 di imposta! Per il sistema di contingente e per gli errori burocratici si giungeva alla rovina dei proprietari e all'espropriazione forzata di molti terreni per mancato pagamento delle imposte. , Quando il popolo sardo avrà il suo storico - scrisse il Tuvcri - una delle macchie più vergognose del governo piemontese sarà il catasto provvisori.o dell'isola! " Nel 1870 la Sardegna era agg1-avata da un debito ipotecario di 76 milioni, ossia più di 3000 lire per ettaro, quasi il quadruplo del valore della ten-a. Un indice <li questo malessere economico lo abbiamo dalle veudite forzose per mancato pagamento di imposte miuime, su cui è competente la pretura. Per 100.000 abitanti si hanno in Sardegna r39 ,·endite davanti al pretore, men. tre il Piemonte ne ha 0,5 e la Basilicata 45. Slt 100 di queste vendite in Sardegna 17,r sono per debiti superiori a 50 lire, 64,7 tra le 5 e le 50 lire, 18,2 per imposte infe1;ori a 5 lire. Se a queste condizioni aggiuugiomo la rovinosa politica doganale seguita dall 'ltalia nei ri. guardi della Francia che importarn bestiame dal. la Sardegna prima dell'87, non ci stupiremo che l'economia agraria nell'isola abbia avuto un indirizzo completamente irrazionale. I proprietari delle te1Te per la loro povertà non possono pensare a radicali trasformazioni agricole: per sopportare il peso tributario essi han.no trasformato i boschi i ncampi, compiendo così una devastazione delittuosa quan-to inevitabile. Dopo il '70 si sono disboscati in provincia di Cagliari 91.000 ettari circa e in provincia di Sassari 125.000; cifre certamente inferiori al vero e che indicano come un decimo almeno dell'isola· agricola sia stata sconvolta, un decimo della terra sia stata votata a pochi anni di cultura granifera di rapina per poi essere ridotta a deserto esausto e incoltivabile Perciò l'aumento della cultura del grano è tutt'altro che consolante: segna anzi la rinuncia ad una agricolturn specializzata e aufonoma: nel 1879-83 si coltiYavano a gra110 156.000 ettari, nel 1909.13, 210.000 ettari, in gran parte usati per jJ consumo interno e prodotti soltanto per l'incitamento derivante dalla protezione sul grano. La siccità poi non pennette di coTIJÌ/aìIs'uella continuità dei buoni raccolti col trascorrere degli anni perchè nelle annate asciutte nè le tette possono essere preparate per tempo nè le messi, nè gli altri raccolti possono essere accuratamente difesi . .Kel 1913-14 i cereali e i fieni, per esem.. pio, in Sardegna si inaridirono tra l'aprile e '1 maggio e il raccolto fu disastroso sino a determinare no_n solo la mancanza di esportazione, ma anche la carestia all'interno e un forte aumento di emigrazione. Gli ostacoli cli indole sociologica che si oppongono !3-l'lagricoltura si possono riassumere nella comunità delle terre e nella suddivisione dei fondi per causa successoria, derivanti dall'attaccamento dell'isolano alla terra e causa continua dell'eccessivo frazionarsi dei poderi. La storia della comunità delle terre in Sardegna. è singolare. Il Marquardt, il Pais e il Besta hanno dimostrato che essa risale al tempo antico: il feudalismo effetto della conquista non ebbe dunque alcuna funzione di causa per questo regime primitivo e misero. Del resto come si è notato, il feudo in Sardegna viene ad assumere fisionomia tutta particolare per l'ambiente stesso in cui si forma. Consiste .orclinariamente nella assegnazione clai principali partecipi delle im-' prese del conquistatore di varie estensioni di ter. ra spopolata, coi pochi abitanti ceduti. come armenti con i loro averi verso cui il concedente delega ai suoi rappresentanti diritti di sovranità, d-i giurisdizione e di diritto eminente. Data l'ampiena di queste terre i rappresentanti veni. vano a trovarsi in condizione di estranei e anche durante il regime feudale penna.ne caraitteristico il dominio utile che le popolazioni cedute esercitavano ab orig'lne di fronte al dominio em-inente del sovrano. In queste condizioni è chiaro come non si potesse a ,·ere sfruttamento delle terre se non a mezzo della comunione, attenuata poi ma non mai venuta meno attraverso i diritti· cli ademprivio. Non ci stupiremo che ancora nel secolo scorso le terre incolte occupassero tre quarti de li 'isola. .Kon si sa come fosse regolato dagli antichi il godimento delle terre comuni. Pare che il metodo fosse analogo a quello degli antichi germani ~r cui nei terreni dedicati al pascolo le prestazioni si pagavano in proporzione dei greggi introdotti; mentre alla coltivazione era assegnata annualmente una vasta wna di terreno, destinato alla coltivazione dei cereali necessari per il consumo e distribuita in eguale misura per sorte. . I territori risultavano cosi divisi in due parti delle quali l'una detta vidazzone si circondava con una siepe e si seminava per un solo anno. Dopo il raccolto anche questa terra doveva riaprirsi al pascolo cioè ritornar paberile. Qu:esto sistema di avvicendamento e-ra il migliore che si polese<' escogitare per far riposare sempre. per un au110 la te1:-ra quando era ignota la concimano LA :UVOLUZIONE LIJIERALH zione. 1\la in Sai degna L 1ima ,Lo çome un ana. cron1smo sino ai nostri giorni : cosl l'agricoltura compie in due soli anni il s.uo misc.-n1bile viaggio, senza prati, seuza rotazione, se117,a stalle·. • 11 co11Laclino errante quasi come il pastm·c scrive il Cattaneo - vende le braccia a giorno o appigiona11clo un campo pe1 l'ai,nata, c-om1nc1a coll'inclebilarsi della semente al monte granai io o al signore ciel fondo, e al tempo clc:lla nH.'•S<:, pagaio l'affitto e la clccima e le impo;tc, app<·na salva un to1.zo per la fame. Cosl, mutando terra ad ogni lrallo, perde molLc ore [>er trascinarsi a piedi o a cavallo dal casale alla deserta vut,azz~ic •. < Tale sistema -- scrive il Lei-Spano_ se era il naturale, era il meno proficuo agli interessi clell 'agricultu1 a isolana, anche perchè era. generaliu.ato. Esso portava tutti gli inconvenienti e i disordini che si producono nell'uso e godimento delle cose comuni aggravate dagli istinli predatori cli popolazioni non incivilite, dalla mancanza di afTezione da paiic del possessore a terre non proprie che dopo un anno di lavoro si dovevano abbandonare; dai furti che vi si commette\'ano sulle biade ancor pendenti; clai da1mi che vi cagiona vano i comunisti e non comunisti col passaggio abusirn e i bestiami con le continue invasioni n011 impedite dalla debole siepe che nessuno aveva interesse a mantenere in buone co11dizioni ed a riparare. Fatto si è che ne11e terre comuni nou sorse mai nè poteva sorgere un albero, perchè nessHno era cosi balordo di pian. tarlo per gli altri •· Dei clanni cli questo regime si era usi incolpare nel secolo scorso i feHdatari assenti e negligenti. L'abolizione ciel feudalismo ha dimostrato l'errore di questa tesi. La nuova media borghesia SHCceculta nel sec:olo scorso ai feudatari è rimasta come quelli assente e negligente : non ha fatto sorgere in nessun luogo una vera e proixia azienda agricola, si è cleclicata agli impieghi e alla politica; gli sforzi per sostituire la mezza. clri,a al famulato riuscirono poco fortunati. Il fatto è che la Sardegna non ha ricchissimi proprietari terrieri come la Sicilia, ma non conosce una vera e p.ropria separazione tra padroni e salariati poichè i rapporti economici conservano un carattere affatto patriarcale. La Sardegna si può considerare un latifondo soltanto se si bacla al metodo çli cultHra estensi va a pascolo brado 01 a cereali. Ma in quanto a. regime cli proprietà il vero latifonclista in Sardegna è tuttora il popolo sardo, il qn,'lle usa di este:sissi.me terre secouda la consuetudine dei diritti cli adempri- \'io. Gli atlemprivi dovrebbero essere stati aboliti eia una legge del 1865, ma in realtà si estendevano prima. della gu~ra su una 1.01ta di circa 150.000 ettari e nou si era riusciti a sopprimere 11ècoi tentati vi di cessione a Società capitalistiche privilegiate, nè con la quotazione tra i comunisti. In realtà i beni adempr\ vii soggetti a pascolo collettivo non sono suscettibili alla cultura per prova secolare. _·essuna riforma può fare che essi siano venduti quando non sono coltivabili fruttuosamente. Si muterà il diritto d'uso collet. ti vo nella forma, ma non nella sostanza : anche il Valenti si li1nitò a proporre di cedere i beni ex.aclemprivili in libera proprietà collettiva agli agricoltori po1·e1; cli un paese riuniti in Cons0rzio. l meccanismi burocratici delle casse acle11v privili 11011 faranno di p<itì. ·Il solo rimedio sarebbe il rimboschi111ento dove è possibile senonchè anche per questo ci vogliono i capita.li che nel! 'isola mancano. Uisognerà accontentarci per ora cli p1·eparare una proprietà terriera meno primitiva in questi luoghi coll'attibuirla ad Enti collettivi interessati, senza intervento di Enti pubblici. \inne sono dunque le prediche dei progettisti che rimpiro,·erano ai sardi cli lasciare le terre incolte, mentre la scienza agraria insegnerebbe tanti specifici per far fruttare la terra. J. 'agricoltore sardo conosce beDissimo il proprio interesse e clove può adotta un ciclo agrario che s<:: non è moderno è però razi011ale: grano, fave, leguminose. Ma fuo1·i delle pianure deve limitarsi alle culture cli rapina: orzo, grano, ecc. Le culture arboree haDJlo un'importanza purtroppo assai limitata. L'epidemia fìllosserica sopraggiunta per caso proprio iusieme all'ondatn, protezionista ha riclotto a pascoli aridi le vigne che i11corninciav:.no a prendere grande importan. za. L'olivo e il frutteto sono curati soltanto intorno a pochi centri abitati per imprescindibili ragioni demografiche. L'arancio prospera nelle riviere. Soltanto a Dorgali sulla riviera orientale le <lonne raccolgono qttalche seta che fìla110 col fuso tessendo poi al telaio dei rustici pannilini. Lino e canapa non hanno attecchito; e <li cotone a stento v'ha nna manifattura a Cagliari. Il riso non fece buona prova. Nel periodo di intenso fiorimento che va dal '60 ali' '80 in cui ritroviamo G. A. ·Sauna, geniale figura cli intraprenditore, l'isola assistette a11a distruzione del suo patrimonio boschivo per l'insaziabile ingordjgia dei legnaiuoli forestieri. Dove non ha agito la scure agisce l'incendio, o la devastazione pro. dotta dal pascolo. Dal fuoco sono minacciati anche i sughereti che porgono lavoro a Nuoro e a Tempio, perchè la Sa1'degua diventa ogni estate nn braciere. Così accade che intere regioni prive cli alberi non abbiano altro combustibile fuorchè sterco animale disseccato. Se i soli prodotti di esportazione agricola sono il vino, le conserve di pomidoro e le mandprle, oltre all'olio d'oliva dato dalla provincia di Sassari, non ci dovremo stupire se anche nel mondo moderno si continuò a pensare alla. Sardegna come al granaio d'Italia. Il programma di Ca1anco , our, 1iutnto i11 'JUe.stc, campo <11molte illusioni, era analo;;c>. Jl giu<foio rii Cavour non si vuò spiegare se non s1 tiene presente l'avversione del gninde stallsta per la Sarde~na: purtroppo tutta la politica posteriore congiurò a dargli nigione e la cultura granifera di rapina fu resa in<:vitabile dal disbo!;<hilllknto e cl;,il p<:SO tributario. La vit:i i"olana potè rifiorire wr-,o il '70 per l'allcvamc·nlo raz.iornde del be~tiamc che prese largo sviluppo nell'(Jziercse e nell'Osc:hierese. Si ebbero in quel tem.P<>anc:he le prime opere pubbliche e i primi tronchi ferroviari: l'esportazione del bestiame bo,.,ino verso la Francia ammont òa parc.~·chie decine di milioni all'anno. G. A. Sauna, deputato, banchiere, giornalista, fonda,·a nel r87r in Oristano la Banca Agricola Sa1·da per dare incremento alla produzione e al commercio del bestiame e all'agricoltura. !,Juesto periodo di intense i1tiziative economiche dà perfettamente ragione alle nostre premesse e dimostra incontestabilmente come agricoltura, commercio e industria debbano aiutarsi reciprocamente nell'isola, coordinarsi e procedere in modo adeguato e liberamente organico. L'incremento del besliame doveva naturalmente determinare un incremento agricolo in quanto risolveva la pregiucli7.iale tecnica per un 'agricoltura intensiva : il problema dei concimi. Il commercio del beskiame alla sua volta poteva poco a poco c-reare i capitali mobili necessari. E' significativo che contro il pensiero di tutti i declamatori e progettisti di terre incolte e di sistemi agrari scientifici, la nuova agricoltura e la nuova vita economica sarda accennasse appunto a sorgere intorno al nucleo iniziale e fondamentale di risorse offerte dalla pastorizia. Contemporaneo a questo esperimento di vitalità economica assistiamo all'affermarsi d'iniziative per la coscienza politica dell'isola: 1a· ispirazione comune di questi sforzi è il repubblicanismo mazziniano, anzi più specialmente il programma sociale e operaio del pensatore genovese. Purtroppo la rottura del trattato di commercio con la Francia interrompeva l'esportazione del bestiame e dei vini a Marsiglia. e poco dopo la fillossera distruggeva quasi completamente le vigne sarcle. A queste sventure si aggiunsero gravissimi disastro bancari connessi con la crisi del creclito nella penisola. _-el 1886 si dovette chiudere ia Cassa di Risparmio di Cagliari, nel 1887 fallì il Credito agricolo-industriale :=-ardoe la stessa Banca Agricola Sarda. 11011riusciva a salvarsi dall'ondata generale e doveva pochi anni clopo ridursi alla liqùidazione. Nel periodo di depressione economica che seguì gli allevatori perfezionarono le lorb tecniche e cercarono di sostituire a, Marsiglia i nuo,·i mercati di Genova e cli Palermo; i viticultori si clieclero a ricostituire le vigne con ceppi americani. Si ebbero anche alcuni tentativi' cli industria. Una ri voluzioue economica fu effetto dell 'emigrazio11e cli romani e napoletani in Sardegna allo scopo cli sfruttare il basso prezzo del l9tte per accrescere la prodt11,ione casearia industrializzata clella penisola. Si vennero così rinnovando i melocli di fabbricazione del formaggio, si migliorò l'allevamento delle pecore e si ebbe una rivalutazione dei prezzi del pascolo, del latte e clei prodotti derirnnti. E' un'industria che si è sostituùta alla manifattura domestica provocando gra ,·i ripercussioni nel l'economia generale, coll 'esteudere la pastorir,ia a spese dell 'agricoltu m e col rincarire i latticini che formasa110 col p.111c il principale alimento dei contadini. Così l'industria modern,'l cominciava in Sardegna con le tragiche sommosse del 1906 etti tenne dietro un incremento dell'emigrazione transoceanica e un sensibile peggioramento delle condizioni dem.ogr,ifiche del paese. Ma passata la crisi l'ambiente commerciale sardo riprende num·o ,·igore. I CTiseifici danno la lisionomia generale all'economia dell'isola e riesco110 a conquistare i mercaiti americani determinando così un afflusso. di denaro in Sardegna. Vedremo la nuova psicologia sarda sorge1:e intorno a questa moderna trasformazione dell'antica pastorir,ia. E' per ragioni sopratutto psicologiche che noi guardiamo con nwggior fiducia a queste ini1.iative orientate in un senso tradizionale invece che alle risorse minerarie che apparte11gono forse all'avvenire, ma in cui per ora non si 1·iesce a \'edere limiti precisi. Il costume politico promosso nell'Jglesiente per l'am. biente minerario corrisponde a un generico pro-- paganclismo socialista messianico. Le condizioni politiche pregiudiziali per il progreclire dell'agricoltura va11ame11te sperato attraverso i secoli sembrano oggi consolidarsi. Oggi si può parlare di far sorgere la civiltà nei monti perchè non possa più incombere sulla pianura un perpetuo nemico della cultura e del risparmio. Da un lato la p-iccola proprietà, l'esistenza di famiglie che coltivano i loro ulivi e le loro viti si oppone allo spirito cli vagabondag. gio e di rapina. 11 besit:iame raccolto nelle stalle feconderà la terra oltre a costitui1•e cli per sè una ricchezza di prim'ordine. L'intensità della lotta contro la malaria e il miglioramento del credito agrario saranno per l'avvenire la misura dei progressi che l'economia sarda saprà per i suoi liberi sforzi realizzare. La laboriosa lotta politica degli anni scorsi e il movimento tli studi promosso intorno al Partruto Sardo d'Azione, pur attraverso tutte le intemperanze, ci sono garanzia che nell'isola questi termini del problema stanno per essere compresi. CONDOGLIANZE Cr1ru/riglirmzea Gubello J1 emnVJli, qentilurJf11/J e r()tleya stirMbilissi 1rrw, nuovo diret. t11re del r,orriere Italiano, al posto del comm,endfJl()re Pilippelli, complice nell'assassmio di .'vf /lte()tti. Sappiarno perfettamente r-1,eG1.1.bello ,'vJ emmoli, reduce da un lungo , 1aggt0 all'estero, assume la carica per spi,- r1 to di d()1 ere: rrw a7Yp1.1.nptoer questo, crediamo che sia una cosa triste, oggi, ascendere al seggio rliretforiale di un gi01'nale f()ndotfi dal cor,vm. Pilippelli ... Cond()glianze. Conrfoglianze ad Antonio Baldini, della cui amicizia ci ono--ria'fn,/)E.gli è stato il più ,qaio e sugoso cQllaboratore della terza pagino dPl gi()'f'nale di Filippelli. Sop7Àamo IJr>russ-ir110 chP, probabilrrt,P,nte, il p,;rifiro e pi.r;ro !Jaldini non conosce'Tà neppure il suo dinamiro dirett01'e: ciò non toglie che, og{ji, sia vna cosa triste ricordarsi di es.sne stato collaboratore - letterario, s'intende ! - di Filippelli. Cwrloglianze, dunque. Condoglianze ad Ardenr;o Soffici, tanto inattaccabile galantuomo, quanto attaccabile filosofo. Siamo sicuri che il cornm. Pilippelli non leggeva mai le tetre articolesse filosofiche del buon Soffici: altro ave?)IJ. da fare, il cvrfl.m. Pilippelli ! J1a Ardengo Soffici ebbe il torto di non darci retta, quando sommessamente lo consigliavarM di lasciar stare la controriforma, e di ridarci la 1Jacca: e perciò oggi egli conosce la triste-:;za di ricordarsi di aver 'Ticevuto uno stipendw dalla cassa del giornale del comm. Pilippelli. Condoglianze, dunque. Condoglianze a Cur::.io Suckert. ingenuo omo d'arme, il quale credeva di essere il più terribile della comitiva, sol perchè Al- /redo Panzini, un giorno, lo chiamò « lanzichenecco sassone"· Oh, caro Curzio, tu non sapevi che il direttore del Corriere Italiano, era un lanzichenecco /uor di rneta- /ora senza seduzioni bellettristiche, ma munito di automobili pronte ad accogliere fior d'assassini. Certo, tu non sapevi: ma, oggi, dev'essere triste ricordarsi di essere stato l'articolista di fondo del Corriere Italiano quando lo dirigeva il comm. Pilippelli. Condoglianze, dunque. Condoglian-:;e a Guido da Verona, viveur leale e squisito, che altro sangue mai non sparse all'infuori di quello di innumerevoli vergini, offerta grata a Venere Libitina. e ai mani implacati di .1lata Bari. Certo: quando il commendatore Filippelli, cun:o sul manubrio dell'auto rombante, chiPdera ,z Guido suo compagno - di viaggio. oh, di viaggio ! - di scrivergli un 70manzo d'appendice degno del Corriere Italiano, Guido da Verona per/ ellamente ignorava quale terribile ideatore di romanzi gli sedesse accanto. Però, oggi, dCl''essere un po' triste ricordarsi di esser saliti sia pur per breve gita sulle « autombili personall ,, del commendatore Filippelli ... Condoglianze, dunque. E condoglian.ze a Guelfo Civinini, audace JJioniere dell'Impero italico fra le « ambi' ,, abissine: il quale, ignaro di tutto, viaggia con lettere e commendatizie del cornm. Pilippelli. Giornalista corretto e uomo onesto, egli forse sta scrivendo ora una brillante corrisponden::.a su qualche ra:,zia sanguinosa di cavalieri barbari: e non sa che il suo geniale ex-direttore, comm. Filippelli, in quanto a razzie è capace d'insegnarne a tutti i ras che vivono tra il Nilo .-lz::;urro e VCebi ~cebeli. So: per quanto la i·ita abissina lf'mpri il cuore e lo renda pelosissimo, non deve essere cosa lieta ricordarsi, un giorno, di essere stato inviato speciale del Corriere Italiano, ai tempi aurei - e san guinosi - del comm. Filippelli. Condoglianze, dunque. E condoglianze, infine, a Giovanni Gentile, che per moralizzare il {jiornalismo ave_ va escogitato gli esami di Stato .. _ per i direttori di giornale. O ministro colpi,to da un colpo di sole, e quale esaminatO'Te mai avreste preposto a sondare la preparazione del comm. Pilippelli? Uno solo ne conoscevo, specializ::.ato nel genere: e fu Bonnot: ma cadde morto sotto la lama della ghigliottina. Lui solo poteva dirvi se il comm. Filippelli poteva o no dirigere un gio'Tnale ministeriale: G. A. u b'EC!OD. EbbA STAffiPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste fondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAMENTE io Milano /12) Corso Porta Nuova, 24. O.G.E.13. - L,)TSO Principe Oddone, 34 - l'orino

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