CRITICA SOCIALE 41 lità o l'intervento, secondo gli indirizzi, i motivi, gli scopi, le forze della mia parte. Una neutralità imposta dal Governo, non mi lusingherebbe troppo più dell'intervento sollecitato dai fasci rivoluzionari. Quindi, sempre dal nostro punto di vista, il concetto di Patria ha un va.lare nel senso di li- - bertà, o per meglio dire, di autonomia. L'unità etnica, la lingua, le tradizioni, ecc., non avrebbero per sè significato, se non si traducessero poi necessariamente in questa autonomia; la quale invece può essere senza di quelle, come dimostra il Belgio vallone e fiammingo, il Canton Ticino che "preferisce la patria svizzera; e come necessa• riamante dovrebbe avvenire in tutti i paesi di popolazione mista sovrapposta (regione renana, balcanica, adriatica orientale). L'Italia, quindi, può dare, con l,a sua vittoria, soltanto al Trentino la sospirata µi.aggiore libertà, nella riunione alla nazione sua propria. Di fronte a questo unico vantaggio, ben più e ben altro noi vorremmo ottenere dalla forza organizzata socialista. · Una neutralità che fosse imposta al Governo dal Partito socialista (e per singolare fortuna nostra, in questo momento, senza pericolo di sottomettere il popolo italiano alla maggiore schiavitù cli una borghesia straniera) avrebbe in questo momento un effetto immenso sull'Internazionale di tutto il mondo. Ne segnerebbe la rinascenza più florida. Ogni proletariato degli altri Stati saprebbe finalmente (mai invece socialisti francesi e tedeschi confidarono gli uni negli altri) di avere nel proletariato italiano, il fratello pronto a impedire la strage. Il gesto di Liebknecht diventerebbe l'azione potente di una massa; e una nuova coscienza utile di forza pervaderebbe gli animi dei lavoratori di tutto il mondo. Io non credo di illudermi soverchiamente pensando che un Partito socialista saldamente organizzato, unito e disciplinato, raggiungerebbe per questo mezzo una posizione magnifica all'interno, e salderebbe il primo maggiore anello della grande catena internazionale. Ma è questo possibile? Ma arrivereste anche a un'agitazione rivoluzionaria,? O non è pura retorica la vostra? - 1 soggiunge Filippo Turati. Da buon riformista, io non ho mai negato le possibilità e necessità rivoluzionarie. Non già quelle che dovrebbero di punto in bianco sostituire il mondo socialista al mondo capitalista, o il mondo dei buoni a quello dei cattivi; ma quelle certamente che ci fanno evitare un maggior male, e che mirano a sbarazzàre il terreno del progresso socialista da alcuni particolari ostacoli, da alcune· particolari croste, che resistono sebbene al di qua o al di sotto si sia formata una gran forza opposta · e occorre lo scoppio di violenza. Cosi ieri per ottenere libertà statutarie. Così domani contro il militarismo. Nè per queste azioni singolari occorre avere per sè la maggioranza, o aver pienamente formata una coscienza, una educazione socialista. Un milione di proletari organizzati nell'Italia settentrionale sono sufficienti a far riflettere qualsiasi Governo sulla opportunità di aprire una guerra; poichè non soltanto noi dovremmo preoccuparci d'" aggiungere anche la guerra civile ni ibliotecaGino Bianco e non sappiamo fino a dove si possa temere uno spargimento di sangue, se. altrimenti la grande guerra moderna falcerebbe, nel nostro stesso campo, centinaia di migliaia di vite. •*• Unica preoccupazione reale: la possibilit~ di un simile moto, specialmente dopo i traviamenti cli alcuni, le titubanze di altri. E certamente le città, che sono di solito i primi focolai, questa volta sono più facili a dare ascolto agli inni degli studenti in vena di far chiasso. Ma io conosco anche regioni di campagna, dove il proletariato è pronto a, qualsiasi appello. E' del resto questione di puro fatto da esami- . nare presso la Direzione del Partito. In caso, anche la non possibilità. dovrebbe essere francamente proclamata e deplorata; un partito d'avvenire può anche limitarsi a gettare la sementa, con mano che non trema. •*• Un'ultima parola per coloro che non limitano il confronto tra l'integrazione nazionale italiana e l'internazionalismo, ma anche pensano alla" difesa altrui .... per far cessare le stragi e restituire indipendenza ai popoli oppressi ,,, o dare vittoria ai più democratici. Non voglio certamente addentrarmi nei cònfronti tra i due aggruppamenti; non vedere se l'intervento possa essere decisivo. Ammetto la decisività e ammetto tutti i torti a danno di un sol gruppo. Ma cbe cosa avvenne dopo la giusta guerra balcanica contro la Turchia? Nessuno seppe accontentarsi: ognuno volle imporre altrui il giogo fin allora sofferto: la Bulgaria pensa alla rivincita; e oggi an,cora si tentano nuovi soverchiamenti, nuovi ricatti. Il militarismo, che è essenzialmente violenza, non può limitarsi a funzione di giustizia; il Bene, che se n'è servito, diventa Male, per continuare a servisene. La vittoria della Triplice Intesa preparerebbe inevitabilmente nuove guerre; il popolo tedesco non potrebbe non preparare la rivincita. Un augurio solo, una speranza abbiamo: che tutti e due gli avversari si estenuino, si riducano all'impotenza, alla incapacità di proseguire, di vincere.· L'augurio è sanguinoso e triste; ma quale popolo più oserebbe poi attaccare un altro con le armi? Così non il Partito nostro, ma il militai-ismo ' . . stesso spezzerebbe i propn cannom. Ma questo ancora avverrebbe conforme i fini e le idee del Partito socialista. G. MATTEOTTI. EQUIVOCIDEIREL.ATIVISTI L'on. _Turati - 1.Jlustrondo sulla Critica quel tale ordine- dcl giorno de-i relativi-sli milanesi - mentre d•a una p,arte"s'è P'reoccupialo di ripetere aruc~ra u,nn volta che non si p-uò non essere indecisi sulle cose di cui, mancano elementi essenziiali per giudicare i,n modo ~lo (nel caso co·ncr-eto, se l'Italia possa, nell'interesse n,a,zi-onalee, implicit.ament.e, proleta1,io, essere costTelta a far uso delle ,armi), d,all'allra ha voluto a.nc;he oss,erv,are ohe- neutrali.là, proclamata certa e i·rrevoca,bi!,e, è neiulralilà svalutata. Sv.alubala ci.oè
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