Lo Stato - anno II - n. 23 - 20 settembre 1961

bi in una ricompos1z1one organica della conviven– za, che il nostro predecessore Pio XI nell'enci– clica « Quadragesimo anno » proponeva e pro– pugna va quale presupposto indispensabile per– ché siano soddisfatte le esigenze dèlla giustizia sociale». Sono dunque in primo luogo, le istituzioni economiche le «società minori », quelle la cui assenza o disordine costitutivo rendono nel pen– siero sociale cristiano instabile la società moder– na, costringendola o nella soggezione del pub– blico al privato o all'alternativa della tirannia assoluta. Sono queste del resto le aporie origina– rie della politica, che già il pensiero classico a– veva notato e da cui l'esperienza moderna dà ora dimensioni nuove ed incomparabilmente più v~ste, radicali e drammatiche. Certo, questo non significa nè misconoscere la persona nè lo Stato. L'una è l'origine di ogni iniziativa sociale ed al suo vero bene tende, nel– la concezione cristiana, tutto l'ordine civile. Al– lo Stato appartiene il compito di garantire e tu– telare l'ordine sociale, del cui libero esistere è custode e responsabile. Ma quello che proprio manca oggi è una,_re– te ordinata di collettività intermedie, di società civili minori, che nell'antichità aveva sede at– torno alla famiglia e che perciò avevano indotto Aristotile a chiamare lo spazio che sta tra la persona e la città, «oikonomia » ovvero governo domestico, governo della casa. Oggi l'economia ha certo mutato proporzioni: ma non ha mu– tato natura. Essa costituisce il mondo degli en– ti intermedi, delle società minori, il cui retto ordine e funzionamento è prima condizione del retto esistere della società maggiore. Le " società intermedie ,, L'assenza di queste società intermedie, che sotto il nome di stati (Stande) furono al centro della formazione della società civile europea e che la passione per il guadagno, l'economicismo sfrenato, l'edonismo delle classi dirigenti travol– se nel fenomeno storico che prende il nome di capitalismo, è certo oggi lo squilibrio originario della nostra società. E' dunque a questo problema che si rivolge in modo preminente l'attenzione dei Pontefici. E la Mater et Magistra concentra una larga par– te delle sue osservazioni e delle sue indicazioni attorno alla cellula prima dell'economia cioè at– torno all'azienda. Lo STM'O ...,..., dinobianco Dinanzi al pubblicismo moderno, frutto del– l'influenza marxista in proporzione certo mag– giore che non l'abbiano imposto la crescita com– plessiva della società civile in ogni sua parte (che certa comportava di per se un'estensione dei compiti dello Stato), l'Enciclica inizia le sue affermazioni proprio con la dichiarazione della funzione suppletiva in senso stretto e rigoroso e non sostitutiva dello Stato nell'economia. Questo non significa certo, è ben chiaro, mi– nimizzare l'alta responsabilità dello Stato. Ma il pensiero politico classico, come la dottrina so– ciale cristiana, ha da tempo indicato la funzio– ne propria dello Stato: fare le leggi. Lo Stato or– dina e al massimo integra l'attività dei cittadi– ni: non può nè deve controllarla o sostituirla. La forma propria dell'azione dello Stato è la legge. Attraverso la legge, l'azione dei cittadini viene qualificata come negativa o positiva,. vie– ne aiutata, punita o considerata indifferente. La personalità conferita dal diritto è legata ad un determinato contenuto, a determinate finalità, a determinati poteri, a determinati controlli. La autonomia del singolo, in quanto organo di una determinata istituzione, si può esercitare solo nell'ambito della qualificazione giuridica della istituzione stessa: nell'ambito delle finalità, dei diritti. degli obblighi che la legge ha garantito. La legge per principio non sostituisce, ordi– na: non è fondata sul monismo sociale dell'uni– co operatore, ma presuppone la dualità: presup– pone che i soggetti inseriscano la loro libertà nello schema istituzionale che la legge ha pre– disposto. Ora la ,, Mater et magistra » rivolge la sua attenzione alla prima cellula dell'ordine econo– mico, cioè all'azienda. Nel sistema capitalistico l'azienda è nata come oggetto, come cosa, come dominio del de– tentore del capitale. Il prestatore di opera porta all'ammasso dei beni aziendali il suo lavoro. O– gni pretesa verso l'azienda si esaurisce con il pagan1ento della retribuzione. Tutto ciò che si da di incremento all'azienda frutta al capitale. Lo schema collettivistico si risolve in un semplice mutamento di titolare dei poteri azien– dali: questi rimangono configurati come poteri su una res, ma il titolare del potere è lo Stato. All'interno della filosofia comunista il lavoratore è liberato dall'alienazione solo mediante lo Stato (dittatura del proletariato). E' sempre nella sfe– ra della società politica che il proletario riceve 11

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