Lo Stato - anno II - n. 20 - 20 luglio 1961

b di espa.nsioni erotiche... .Ci sono lamenti e turbamenti; di tanto in tanto, escono fuori degli in– terrogativi che dovrebbero evo– care un'atmosfera di angoscia e che, in vece, creano un ridicolo clima fumettistico. Interrogati– vi come questo per esempio: « perché per troppo amore può accadere che muori a tutto per sempre? » - Interrogativo de– gno dell'altro che nel suo ulti– mo polpettone filmistico Viscon– ti mette in bocca alla sua pro– stituta in calore: « Che ne fac– ciamo di tanto amore? >> - La prosa di « Grand Hotel » è sta– ta fatta proprio dagli intellet– tuali di sinistra che per le loro banalità ricevono premi di mi– lioni di lire che servono a farli trastullare. E, accanto agli amorazzi, La Capria si diletta nelle ultime mode sportive: noiosissime pa– gine sono dedicate alla descr'i– zione della pesca subacquea e dello sci acquatico nel golfo partenopeo. Ma le concessioni alle incli– nazioni ed ai gusti dello snobi– smo proletarizzato non sono lo elemento di fondo dello stri– minzito romanzo premiato. E' presente la solita « polemica so– ciale », smaccata, insolente i> truffaldina;· non mancano le so– lite geremiadi « meridionalisti– che » che ormai nessuna perso– na seria è disposta a sopporta– re. Quella di La Capria, è la Napoli fritta e rifritta, presen– tata in tutte le salse, non e– scluse quelle più disgustose; la Napoli con la retorica nella quale l'ha calata la nouvelle va– gue letteraloide del secondo do– poguerra. Anche qui non man– ca - rituale richiesta per l'ini– ziazione al club radical-meridio- 30 cagin_obianco nalista - la maledizione d'ob– bligo scagliata contro la ma– schera illuminata e impreziosi– ta dal sole mediterraneo che na– sconderebbe il vero volto di Na– poli, ischeletrito dalla miseria. Vale la pena citare anche qui una frase che rende perfetta– mente la stucchevolezza dell'in– sieme: « Napoli - esclama a un certo punto uno dei protagoni– sti - è una città che ferisce a morte o addormenta». Quant!:l. poetica originalità in così poche parole! Nel leggerle abbiamo pensato agli occhi pieni di la– crime di Maria Bellonci, prc– fondamente commossa di fron– te a tanta arte, affranta e, aì tenipo stesso, esaltata dinanzi a una simile manifestazione del genio letterario. Per questo dunque il roman– zo non è dispiaciuto ai comuni– sti che hanno subito considera– to Raffaele La Capria come m: utile compagno di strada. Si tratta certo, come abbiamo già detto, di pesante e furba– stra retorica dell'antiretorica; ma i comunisti sono di bocca buona e ai loro facili palati so• no gradite ormai anche le pie– tanze mal condite offerte dai circoli radicalpopulistici napole– tani. I comunisti, perciò, si compiacciono che i borghesi di La Capria siano tutti affarisLi imbroglioni e vili, tutti legati e sottomessi a Lauro; tutti patit! per il re e indifferenti ai pro– blemi dello sviluppo delle regio ni meridionali. I comunisti gioiscono che i figli della bor– ghesia partenopea che popolano il romanzo in questione, siano tutti perditempo o, futili pette– goli, fissati nel sesso e nel gio– co d'azzardo. Padri ottusi· e fi– gli vanesi e discoli: ecco la bor- ghesia di L::i.Capria. Quale mi– gliore propaganda per il parti– to comunista? E Raffaelino, così vezzeggia– no gli amici l'ultimo premi,) Strega, ce l'ha inoltre con gli intellettuali di destra che non appoggiano la cricca radicale, che non amano la compagnia di Francesco Campagna, e dei crociani barbogi di « Nord e Sud »; ce l'ha con i giornalisti che non intendono schiavizzar– si e farsi malevadori delle im– ziative comuniste. Quale mi– gliore presentazione per Alicata e mci? Non è, forse una vecchia tattica propagandistica del PCI quella di ridurre, come fa La Capria, tutta la destra meridio– nale ai lazzaroni di Lauro? Ma non è tutto qui: La Capria co– me tutti quelli del suo ambien– te « progressista » è un presun– tuoso e per questo si sente an– che storico e filosofo. Sputa sentenze in ogni capitolo e com– pie anche un breve excursus nel tempo che gli offre il destro per parlar male del cardinal Rufio, dei re Borboni, della plebe che non prese sul serio Carlo Pisa– cane, di Crispi e dell'impresa a– fricana, e dulcis in fundo, (non poteva mancare dato che tutti i salmi radicalcomunisti finisco– no nella pseudo-gloria antifasd– sta) di Benito Mussolini. Il tut– to condito di sconciezze e di o– scenità. C'è ancora da meravi– gliarsi che Raffaele La Capria e il suo << Ferito a morte » sia– no piaciuti ai comunisti? C'è in– vece da meravigliarsi - mu non troppo -- che al gioco si siano prestati critici che si ri– tengono indipendenti o, che ad– dirittura, sbandierano il loro antimarxi~mo. CESARE M. DELLA RIVERA

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