Lo Stato - anno II - n. 20 - 20 luglio 1961
raggiungere l'obiettività. Fino a quale punto l'uomo può rag– giungere (se pro:vienedalla stra– da dell'economia) una vera o– biettività? Qui non è tanto que– stione di cultura e neppure di educazione. Gli economi$ti, da– to che ignorano i canoni mo- . rali, dicono: c'è la scienza, c'è il metodo statistico, bii;ogna e– stendere la gamma degli effetti riconducibili a misurazioni mo– netarie. Dovremmo quindi a~ plicare i cartellini dei prezzi ad ogni nostra esigenza spirituale e materiale, e avremmo il i;iste– ma perfetto, e avremmo la for– mula per arrivare a realizzare il benessere economico (anche se non sapremo ancora in cosa consista questo bene~ere). In– somma l'economia politica, o meglio la politica economica statale, dovrebbe trasformare lo Stato in un grande magazzino, a prezzo unico se ispiratrice è l'ideologia marxista, a prezzi ((saggiamente» e ipocritamente differenziati se ispiratrice è l'i– deologia capitalista. E tutto questo dovrebbe fare lo Stato, ar"itro (come un vaso di coccio tra vasi di ferro) delle idre del nostro tempo, il marxismo e il nco-Qapitalismo, la mai;sa e l'in– àustria. Lo Stato do:vrebbeesse– re cap,ce di intendere e volere il meglio, al fine di raggiunge– re le umane aspirazioni che - diciamo noi - possiamo benissimo ravvisare in un con– cetto di benei;sere generale o sociale (se non ci trovassimo in territorio di economia, parle– remmo di bene comune). In ve-• rità - questo lo atnmette pu~ re Zeuthen - l'azione pubblica per favorire il benessere econo– mico risulta carente perfino nel– l'attuazione concreta di enun– ciazioni che dovrebbero ritener– si elementari, oramai acqui$ite: eU.-ninazione dei fumi dannosi delle fabbriche, un minimo di 28 bib110ecaginobianco reddito per ciascuno, più accor– ta perequazione tributaria, dife– sa dai rumori, controllo degli a– limenti. Ora bisogna i;ubito os– servare, per evitare il rischio di essere travolti in queste dii;qui– sizioni economico-accademiche, che - vista appunto la carenza dello Stato - ciascuna delle enunciazioni addotte sopra può essere trattata _in maniera o~ posta, secondo il utipo » di benessere che si voglia raggiun– gere. Se il bene~ere, pur ca– muffato con l'aggettivo 11 socia– le >,,è quello voluto dallo stato maggiore dell'industria, il mini– mo di reddito da ai;segnare al– l'individuo è visto in funzione dei prodotti che l'individuo po– trà e do:vrà comperare secondo le previsioni dei fabbricanti. E non importa se si tratterà di prodotti utili all'individuo; a farli accettare e reclamare prov– vede un'altra scienza da fili– busta: la pubblicità. s~ invece è il marxismo a enunciare il concetto di benessere, questo ri– sulterà in funzione del carbu– rante necessario all'individuo– cittadino perché possa produrre nuova merce: questo concetto di benessere-carburante, un tem– po pontifi.cato dai signori capi– talisti, ora è stato ereditato dai pianificatori marxisti. I corsi e ricorsi. Evidentemente negli Stati nei quali il marxismo agi– sce da opposizione, c'è un dif– ferente concetto ufficiale di be– nessere, questo camuffato con vesti demagogiche, come il be– nessere dell'industria. Per concludere, manchiamò di uno strumento perfetto (:vi– sto che ·1ededuzioni logiche so– no insufficienti e quelle mate– matiche addirittura arbitrarie e addomesticabili per statuire come raggiungere il benessere generale. Addirittura, se prove– niamo dalla strada maestra del– la economia, non siamo in gra- do di statuire cosa sia benesse– re. E' problematico stabilire fi– no a quale approssimazione sia possibile isolare le componenti psicologiche della nostra ,.co– scienza e delle nostre formula– zioni e delimitarle chiaramente come presupposti di esame teo– rico. Pertanto niente razionali– tà, nè coerenza, nè obiettività. La scienza poi serve poco. E al– lora? E' qui il punto: non è cer– to la politica economica statale la più adatta a definire il con– cetto di benessere generale o so– ciale, chè essa - abbiamo vi– sto - non possiede gli strumen– ti adatti e quindi può cadere sotto l'influenza del gruppo di pressione più forte, sia esso massa oppure industria. Occor– re che questo concetto sia dato prima di arrivare al livello del– lo Stato. n concetto di benesse– re, sebbene in esso sia implicita quella parte di benessere che ri– guarda il corpo, non è cosa di economia: dato che (e a questo non ha pensato nè l'ideologo marxista e neppure quello libe– rale) il benessere è un mezzo, 1Wn è fine a se stesso. Non si tratta di appagare i corpi con vitamine e calorie (non solo di questo) e gli spiriti con motivi d'Arcadia. C'è, più in là, non di– mentichiamolo, un altro tra– guardo. E pertanto il ben~se– re morale e materiale non è fi– ne a se stesso, ma condizione per facilitare quella evoluzione cristiana dall'uomo vecchio al– l'uomo nuovo. Esso è il presu~ posto perché l'uomo possa libe– rarsi dai residui di barbarie e possa disporre della oecasione per aver coscienza dei propri le– gami col trascendente. Il benes– sere è quindi determinato, nel– la sua essenza e nei modi o~ portuni per raggiungerlo, dai canoni morali. GLAUCOLICATA
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