Lo Stato - anno II - n. 19 - 10 luglio 1961

I due erano il PRI ed il PSDI: il meZ'zo era la DC, da cui era partita la revisione del centrismo e la tesi del governo di iniziativa a maggioranza non precostituita. Ne aveva dato il primo esempio De Ga– speri, con il governo del 1953, "poi Pella, poi Fanfani, nel 1954: la tesi del governo di ini– ziativa fu propria di Fanfani tra il 1954 ed il 1957 quale segretario del partito nonostan– te la vigenza di governi quadripartiti (caso abituale della dialettica tra la « coerenza » e la « collaborazione »). Sfociò nel governo Zoli, nel secondo governo Segni, •nel governo Tambroni. Insomma il centrismo era stato, sia pur non contemporaneamente, negato da tutte le correnti democristiane. Risuscitare il cen– trismi., a partire da questo disaccordo, creare l'accordo sulla base del disaccordo, era un espediente; solo sulla base della « mitologia » del pericolo fascista, cioè sulla base di un falso polemico, si poteva sostenere un tale accordo. Questo accordo era un puro compro– messo di potere, senza vigore politico. Ogni accenno a dare un senso centrista alla f or– mula la faceva scricchiolare. Ora questa formula viene a scadenza: e poco importa se sarà a luglio o a oitobre o più in là. Certo, la tesi della crisi a termine, tanto più motivata con la sfiducia n.el Capo dello Stato, e quindi con la volontà esplicita di por– tare a Montecitorio quel clima di anarchia, di assenza di puni fermi nella crisi, che è esat– tamente il male di Palazzo dei Normanni, isperando che dalla grande confusione nasca il centro-sinistra, trascende la crisi dell'espe– diente e diventa un purissimo attacco alla Costituzione. La crisi politica si converte in crisi costituzionale. Si pone il Presidente della Repubblica in stato di accusa, o almeno se ne impegna in modo diretto la responsabi– lità sul piano del corretto adempimento delle funzioni costituzionali. Se un atto del Parla– mento comportasse oggettivamente una tale sfiducia, esso porrebbe tutto il nostro J,istema costituzionale in una fase molto delicata. Più che la data della crisi o il concetto stesso della crisi a termine, è la motivazione del rinvio, dato dall'organo ufficiale del PRI, che è cosa politicamente delicata e determi– nante. La politica del governo di espediente, co– me già si è detto, tende a convertirsi, imme– diatamente in crisi costituzionale. Nelle presenti circostanze, inoltre, agitare 4 b 1utecaginobianco lo spauracchio delle nuove elezioni, dopo il successo elettorale sardo della DC, non si– gnifica nulla. E' dubbio che il Capo dello Sta– to conceda uno scioglimento, che verrebbe in– terpretato come una sorta di colpo di Stato da una parte del Parlamento, e questo a be– neficio delle stesse persone che interpreta– rono come un atto arbitrario la nomina di un governo quando il partito di maggioranza re– lativa non era in grado di designarne alcuno. E poi questo è un modo per creare contro il partito di maggioranza relativa la coali– zione delle forze parlamentari:. a parte (e que– sto è l'argomento più forte) i tumulti e le ini– ziative che la via dello scioglimento suscite- 1·ebhe, come in Sicilia, nei gruppi parlamen– tari dei partiti che sostengono il governo. In realtà, lo scioglimento non è una po– litica, ne una possibilità: è solo un'arma po, lemica, che si ritorce abitualmente a danno di chi lo usa e sopratutto di chi lo minaccia sen- za poterlo nemmeno usare. • L'on. Fanfani ne sa qualcosa: tra il 1954 e il 1955, le ricorrenti voci sulle sue inten– zioni di far sciogliere le Camere non appena avesse insediato il sen. Merzagora o il sena– tore Zoli al Quirinale, gli misero contro una notevole parte del partito e quasi tutti gli al– tri gruppi parlamentari. E tutti sanno quel che ne seguì. Bisogna dunque trovare vie di– verse dagli espedienti a dalle pressioni. Occorré cioè una soluzione politica, un minimum di tesi oolitiche, un minimum di volontà politica p;r sostenerle. A nostro avviso, bisogna per questo rom– pere il quadrato magico in cui la DC si è la– sciata rinchiudere e che si fonda sulle due for– mulette di destra e di sinistra. Occorre che la DC affronti il problema di quel che vuole di per sé come forza politica, ispirandosi ai principi della tradizione catto– lica, che si è impegnata a sostenere con il proprio programma elettorale, con la propria qualificazione politica innanzi al popolo. E' ben curioso che, ponendo il problemD del governo come governo di partito, come governo ideologico, in nome del mandato elet– torale al partito, si prescinda poi da qualun– que indirizzo di principio nel governare e si cerchi di affogare tutto nel tecnicismo. Alla partitocrazia formale corrisponde un tecnicismo tattico: e l'una e l'altra cosa defor– mano la natura propria dell'atto di governo, che è atto di prudenza, e perciò un giudizio sull'agibile in ragione di principi generali.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=