Lo Stato - anno II - n. 18 - 30 giugno 1961
b1 sono destina t.e le azioni che compiono, è ciò che toglie loro ogni ,entusiamo, ogni passione, ogni <interesse per la vita. I pro– tagonisti della « Nausea », del «Muro», de « L'età della ra.gio– ne » e delle altre opere sartria– n,e vivono affogati n€1lla.quoti– dianità, in un mondo ossHìcato di cose, di oggetti inanimati, senza potersi incontrare, inrea– pad di comunicare, ognuno chiuso all'altro da una barrie– ra invisibile che non è possihi1e far cadere. La nausea abbiamo detto; un sentimento di vera opP'res– sione, una sorta di malessere fi– sico, di mal:attia che si annida neH'animo di questi individui spenti e stanchi e che ha dato il titolo ad un.o dei più celebri romanzi di S 1 artre. Cosa prova Roquetin, un essere condanna– to a111ch'essoa vivere lUil'·esi– stenza « vischi<lis.a » e « amorfa » che si consuma nella ripetizione di atti e pensieri monotoni e ugu:alli? Cerca di rispondea:-e alla do– manda J eanson: « La nausea - scrive - è il senso dell'esiste– re e correlativamente, è il senso che tutto esiste; insomma è la esperienza di una coscienza che non riesce più a trascendere gli oggetti del mondo e la sua pro– pria fattità riducendoli a servi– re da punti d'appoggio o da stru– menti per le sue imprese. Così gli oggetti perdono la loro fun– zione, la parte che spetta loro, la loro etichetta e si mettono ad esistere in se stessi, cessano di essere trampolini, utensili o ostacoli, sono lì, senza ragione al mondo, con la testarda osti– nazione della cosa che è solo se stessa e che è piena di sé; spo– gliati di qualsiasi senso prati– co, hanno solo uno strano pic– colo $enso, l'aria di "voler dire qualcosa" e di "essere continua– mente impediti"». Questo senso di nausea (un qua~oosa di patologico) è queno che porta a vedere della realtà gli aspetti più squallidi e ripu– gnanti dell'esistenza. La vita per– Sartr.e - annota l'autore del saggio - è qualcosa di « assur– do» « da incubo», uno sforzo « vano » e «molle ». Eoco c.he Lp STATO '-''-' ~inobianco egli indugia sui particolari più sordidi, coglie gli aspetti più ne– ghittosi dell'esistenza; ogni im– magine nella sua prosa diventa maleodorante, impregnata di sporco e di marcio. Francis Jeanson interpreta questo atteggiamento scrivendo giustamente che esso der-iva dal– l'incapacità di guardare il mon-. Cl.'o in termini dinamici). « E' il mondo - di.ce - quale minac– cia di apparirci quando lo guar~ diamo passivamente, quando rinunciamo a proiettarvi un e,vvenire ed esso diventa una coscienza pietrificata >>. Sottolineiamo che esso deri– va dall'incapacità di afferrare lo esatto senso delle cooe, di ordi– narle secondo la nostra volon– tà; è il mondo del fatto bruto, della reaJtà materiale che si presenta alla coscienza in modo ostile e nemico. Sì, deriva da una condizione spirituale di passività, di Chi ha smarrito la oonsapevolezza di se stesso ed è • affogato in un mal"asma d'idee confuse ,e oontradddtorie, di chi ha smarrito la coscienza come metro di giudizio. Ci si p,uò obiettare che i per– sonaggi sartriani anelano alla libertà, ovv,ero ad uscire d:al torpore in cui sono irmmersi. Dalla bocca di Rroquetin, tl pro– tagonista de ~ La naus,e,a >>, escono infatti queste p,airole: « Nel fondo di tutti questi ten– tativi che mi sembrano slegati fra loro ritrovo lo stesso desi– derio: cacciare fuori da me la esis~za, vuotare gli istanti dal loro grasso, torcerli, disseccarli, purificarmi, indurirmi ... ». Ma come si è già notato in prece– den~a, quello che potTebbe es,s,e– re un riscatto rima.ne sc1ltanto una vaga aspirazione. Roquetin, come gli altri per– sonaggi sartriani, è uno scon– fitto: un fallito della libertà. A lui rimarrà soltanto il tedio, la noia sempre più pesante, più opprimente in cui sprofonderà come in un baratro senza fon– do. E tanto più vi affogherà quanto più cercherà di staocar– si dalle cose, dalla realtà, insom– ma d,afila contingenza. Il saggio di Francis Jeanson sottolinea (e questo è un dato interessante) il dramma del per- sonaggio sartriano, in cui si può riconoscere quello dello stesso autor-e. E' il dramma, in una parola, del « bastaTdo », che ten– ta di risolvere 1'a pmpria dispe– rata condizirmie opponendosi al mondo, tentando, ad ogni costo, dii sfuggire alla sua presa ed ai suoi tentacoO.i,di rimanere libe– ro, ma si sentirà, all'opposto, vinto, dominato interamente da quello stesso mondo contro cui si era eretto. Il «bastaTdo » vive contraddit– toriamente, lacerato fin nel pro– fondo dell'anima: lucidamente conosc,ela sua condizione e quel– la degli altri, si sente esiclusoda qua11:siasi forma d'amore e per– ciò in E;ilenzio soffre, ma cono– soe anche che l'amore non esiste. « Così come l'umanista ama in blocco tutti gli uomini, il Ba– stardo condanna in blocco tutti gli uomini. Ecco la sua grande tentazione : consacrare la . sua solitudine trasformandosi in sta– tua del solitario; apporsi a tutti e tutto denunciare, cioè non rag– giungere mai nulla o nessuno, essere il Dannato: per gli altri il Diavolo e la sua affascinante· sconfitta, ma nel medesimo tem– po, per se stesso essere Dio; aver torto agli occhi di tutti per es– ser certo di aver ragione assolu– tamente ... altrove». E' questa una spie,gazione de11l'a,tteg,giamentodi Sartr,e nei confronti del suo 01perare politi– co nel ruolo di fiancheggiatore del parti,to comunista? L'autore del saggio ipropende per il sì, as– serendo, sulle orme del ragiona– mento s.artrianò, che «bastardi» sono anche i proletari, i negri,. gli eba:-ei, tutti coloro «che ,com– battono per la libertà »-. Marx sosteneva, dnfatti, che il vero filosofo è il proletariato, il quale, lottando per la soppres– sione del'le classi e la distruzio– ne della ,società borghese avreb– be posto le basi dello Stato del pmletariato edificando oosì, in concreto, la vera filosofia. Ecco giiustificato allora l'incontro de– gH inte'llettuali con i proletari nella lotta per 1,a realizzazione di un nuovo corso storico. Giustificata, (ma non chiari– ta sufficientemente) la nuova po– sizione sartriana, quella che si è andata affermando dopo il 25
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