Lo Stato - anno II - n. 18 - 30 giugno 1961

bib1 libertà di pensiero e di opinione in generale ed al diritto di critica in particolare, limiti oltre i quali si travalica nell'illecito penale. E' stato a/fermato che vilipendere significa « tenere a vile » la istitnzione tutelata dalla norma penale, sì che oggetto della incriminazione è l'offesa che assuma il ca– rattere del disprezzo, della derisione, del dileggio, com– promettendosi in tal modo il necessario prestigio di cui devono essere circondate, per l'alta funzione che espli– cano, le supreme istituzioni costituzionali dello Stato (sent. 1092 - Sez. I - 6 maggio 1959, P. M.: Chinello; sent. 1608 - Sez. I - 16 luglio 1958, P. M.: Meoni; sent. 1381 - Sez. I - 26 giugno 1953, Cervelli). E' stato anche a/fermato che il delitto di vilipendio sussiste non solamente quando l'offesa è rivolta alla isti– tuzione quale entità giuridica o politica astrattamente considerata, bensì anche quando l'offesa abbia ad oggetto l'organo, in cui l'istituzione stessa ha concreta espressio– ne. cioè il vilipendio sia in rapporto all'attività svolta cl<dlepersone che compongono l'organo costituzionale nel– !' esercizio delle loro funzioni, giacché « anche in questo ultimo caso si imende colpire il - prestigio e il decoro dell'intero ordine, pur essendo diretta la mani/ estazione di dispregio ai suoi componenti ». Orbene, quale è l'evidente effettivo significato dello scritto del « Paese Sera?». In esso (con l'ipocrita e grossolano «schermo» del « tecnicismo », pretesamente di/ ettoso, regolante la ma– ni/ estazione della volontà giudicante delle Corti di As– si5e : schermo, peraltro, neppure esistente in talune frasi) ha espresso il seguente so.stanziale ed inequivocabile ap– prezzamento: che la Corte di Assise, e per essa i suoi componenti nella loro consapevolezza e volontà, ha emesso una sentenzà di condanna (all'ergastolo!) con la delibe– r:'lta coscienza -ed intenzione di violare la legge, che im– poneva di assolvere ( «... in un caso come questo nel quale 1,on si è potuto raggiungere un convincimento ,assoluto di colpevolezza - 18 ore e mezzo di camera di consiglio stanno lì a con-fermado drammaticamente - non si con– danna »; « ... ed è... che non se ne sono tuttavia avute prove sufficienti... »). Nello stesso scritto inoltre, con una l,reve frase ( « Essi - cioè le giurie popolari : nota dello scrivente - vengono costretti... a seguire il giudizio to– gato »), inserita subdolamente con apparenza equivoca di significato, ma con sostanza resa palese dal collega– mento doveroso con altro scritto di cronaca, si a/ferma che i giudici togati, nel determinare il giudizio di con– danna anziché quello di assoluzione, coartarono /,a volontà dei giudici popolari. Or non è chi non veda il carattere vilipendioso, gra– vemente vilipendioso, dello scritto in questione e nei si– gnificati, come sopra posti in evidenza, del suo contenuto. Siamo avanti alla szissistenza di un gravissimo illecito penale, largamente rientrante nella obiettività tipica del delitto di vilipendio, tanto più indegno perché comm.esso ron il mezzo divulgativo della stampa, nel fatto di chi accusi alla pubblica opinione un organo del potere giu– risdizionale, di aver coscientemente e deliberatamente f!,iudicato in senso contrario a quello che, nel caso, gli era imposto dalla legge, nonché di avere espresso quel giu– dizio come risultanza di una coartazione di volomà della maggioranza dei singoli giudici da parte della minoranza degli altri giudici. • Non c'è, sia consentito dire, vilipendio della magi– s1-raturapiù grave di cotesto. Esso si traduce esattamente Lo STATO obianco nella più vituperevole inversione di prospettiva della giu– stizia funzionante : inversione sul piano della pubblica morale prima ed al di là di qualsiasi altro valore, giac– ché si prospetta l'organo chiamato a « rendere giustizia~ come organo che « rende ingiustizia». La magistratura t'iene vilipesa, cioè proprio ( come non mai e letteral– mente) « tenuta a vile», nell'attributo morale connaturale alle fzinzioni dell'istituzione, nella «onestà» del « giu– dicare », nella sua stessa ragion d'essere e di operare. Chi difende la magistratura dal i·ilipendio? Chi di– fende la socieà dei cui diritti, pubblici e privati, essa è presidi.o? Chi difende lo Stato dalle offese arrecate ad l/.no dei suoi fondamentali poteri, con palesi intenti di disgregazione? A norma degli articoli l e 74 del codice di procedura penale l'azione penale è pubblica e costituisce potere– dovere dell'ufficio del Pubblico Ministero promuoverla rd esercitarla, comunque esso abbia notizia di un reato. I Procuratori della Repzibblica dello Stato italiano vorranno tener conto del!'allarme contenuto in queste note? Pensosi del pericolo chi! nell'offesa r,alunniosa è arrecato alle istituzioni pubbliche, vorranno perseguire sijf att~ libelli, come è imposto dalla legge, perché l'ille– cito sia represso e perché l'inerzia punitiva non costi– tuisca stimolo a perseverare nell'illecito? SERGIO PERANI 23

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