Lo Stato - anno II - n. 17 - 20 giugno 1961

L Occorre, diciamo come Comes, una « humanitas », un comune e universale fondo umano della cultura. Ma è lecito chiedersi: occorre perché oggi la cultura si è «democratizzata»? (il che noi neghiamo); oppure 1 perché oggi - con la ptogressiva sparizione dei limiti di ,classe - una mag– gior .parte di individui associ·ati nell'ordine civile possa parteci– pare, in comune, ai 1beni deHa cultura? Ovviamente la seconda esigenza è quella logicamente accettabile, che se gli individui possono usufruire dei beni della cultura, e averne giovamento, e avviarsi ad una emancipazione verso la libertà, non sarà invece mai possibile adattare la cultu– ra - pur sorgente a misura di uomo, e proprio per questo - alle pretese di cassetta delle ideloogie e delle mode. Pertanto gli intellettuali potranno studia– re nuove forme di espressione, ma non speci~i adattamenti del contenuto. Stalin ha raigio– ne quando dice che la cultura debba ,essere nazionale nella for– ma; ha torto quando afferma che essa debba essere sodalista nel contenuto. E' ipoi totalmen– te da rigettare l'enunciato di Krusciov, per il quale la cultu– ra dovrebbe essere diretta rego– larmente da un partito (ci viene in mente un verso di Shaekspea– re : « Io sono, signore, l'oracolo, e quando apro bocca io, anche ai cani è vietato di abbaiare»). Cos'è allora cultura? Certo non somma di nozioni, non en- 26 ; tecaginobianco ciclopedismo e neppure erudizio– ne fine a se -stessa. Cultura è - come dice Comes - .proposito di attendere ad una missione, partecipazione consapevole alla vita sociale, al fine di ·formare e plasmare, secondo canoni che trovano logica corrispondenza nella classicità. La cultura è quindi equilibrio: essa vuole una relazione costante tra i valori della materia e quelli, sopravan– zanti, dello spirito, al fine di- te– stimoniare signoria su un idea– le ben preciso di vita. Ne deriva che la cultura non può essere dogmaticamente materialista. Essa deve dominare '1.anatura, posto che noi non siamo soltan– to proprietari del mondo, ma comproprietari con Dio. Le pre– messe della cultura hanno ca– rattere di classicità - i Patriar– chi, la Grecia, Roma - epperò sono valide pure in questo tem– po, dato che esse furono raccol– te e convogliate, in moderna e sempre attuale sintassi, dal Cri– stianesimo, il quale assicurò al– la cultura quanto a questa man– ·cava per essere veramente a mi– sura duomo: la partecipazione alla trascendenza. Progresso, pertanto, non sempre è sinoni– mo di cultura; mentre cultura è sempre emancipazione e par– tecipazione alla idealità e a'1 tra– scendente. Cristo è nel mondo: la cultu– ra deve tenerne conto. E allora concludiamo: cultura è collabo– razione, cooperazione all'opera <P ....._ ,,, e:.>.& I di Dio per realizzare lo schema dell'universo. Sottomettersi alla cultura, alla cultura che ricerca solo la verità, significa darsi una civile educazione da trasmettere alle future generazioni. Comes ammoni-se-e: «Guai a quel popolo il quale lascia par– lare ai dotti un linguaggio di– verso dal suo. Quel popolo ha già perso l'anima». E se la oul– tura ha - come ha - respon– sabilità, i porta tori di essa, gli intellettuaU, ne hanno di gravis– sime, in questo ·momento stori– co, di fronte alla società ordina– ta in Stato e di -fronte al singo– lo individuo, erede legittimo e non sempre riconosciuto, dei be– ni della cultura e dell'occasione . di emancipazione che essa dà. L'intellettuale che cede allo sconforto e si rifugia sull'Aven– tino, l'intellettuale che ritiene più comodo adagiarsi sull'onda del conformismo, l'intellettuale che diserta il campo per giocose diversioni, tutti costoro, coscien- ti e no, tradiscono. • E se rapporti ci sono tra so– ciologia e uomo, questi ra;pporti non passano solo col tramite delle ·scienze e dei metodi, ma, in prima istanza, devono ,essete determinati e ispirati dalla cul– tura, e da una cultura che sia come l'abbiamo enunciata: ri– cerca della verità, -partecipazio– ne cosciente aU~ idealità, al tra– scendente. GLAUCO LICATA

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