Lo Stato - anno II - n. 17 - 20 giugno 1961
POLITICA ECONOMICA CATTIVO Tra tutte • le agitazi..o ni in atto nel settore degli statali, una in specie me– rita particolare attenzione, quella dei dipendenti del -Monopoli.o di Stato. Si tratta di una agitazione che ha remote origini - circa tre anni per l'esattezza - e che, pur muovendo da una base comune a tutte le altre cate– gorie di dipendenti pubblici, vale a dire la insoddisfazi..one creata da quel– la specie di turlupinatura che rispon– de alla legge delegata, assume un aspetto quanto mai significativo, poi– ché meglio di ogni altra illustra la grettezza ed il paternalismo con il quale il Governo considera i problemi' dei suoi dipendenti, inteso com'è a tappare le falle aperte dalla sua av– ventata politica economica. Risparmiamo ai lettori l'elencazi..o– ne dei numerosi motivi più o meno secondari ( secondari ovviamente per chi non ne è direttamente interessato e nella borsa e nell'avvenire) che sono alla base dell'agitazione, per metterne a fuoco alcuni aspetti che, a nostro_ avviso, costituiscono la più lampante riprova di quanto falsa ed insussistente sia la pretesa « socialità » di cui i no– stri attuali responsabili amano amman– tarsi in ogni occasione. Il Monopoli.o -di Stato, le PP.TT . e le FF.SS ., costituiscono le sole am– ministrazioni di Stato che assommano in sè, oltre il carattere burocratico, anche quello industriale e commer– ciale. Sono, i:n altre parole, ammini– strazi..oni realmente «produttive». E' chiaro che i dipendenti di queste am– ministrazioni debbano avere caratte– ristiche e svolgere funzioni del tutto o in gran parte diverse da quelle delle al,tre amministrazioni. Di conseguenza è altrettanto chiaro che debbano avea re uno status normativo ed economico diverso. Ciò infatti avviene per i di– pendenti delle PP.TT. e delle FF.SS ., sia impiegati che salariati, ma non per quelli dei, Monopoli, di cui soltan– to alcune categorie impiegatizie han– no uno status diverso, e comunque 8 bib1otecaginobianco ESEMPIO ben lontano da quello goduto dagli altri due. Logico ed umano quindi pretendere di essere, quanto meno, equiparati a costoro. Tanto ·più che, vedi caso, i Monopoli sono gli unici a fornire annualmente allo Stato fior di miliardi e _non,viceversa, situazioni deficitarie. A suo tempo il Governo Tambroni, comprese e valutò le istanze di quei dipendenti ed assunse formale impe– gno di risolvere in toto il problema, preventivando una sistemazi..one eco– nomica e normativa che considerasse ampiamente gli aspetti anche futuri dello sviluppo delle attività dei Mono– poli ed il lavo_roe le esigenze del per– sonale. Ma gli impegni assunti da quel governo, evidentemente, non debbono essere stati ritenuti validi da questo, se è vero, come è vero che ci si è ab– bandonati al solito sistema del tira e molla, delle commissioni di studio, del– le disçussi..oni ai vari livelli, per giun– gere infine alle usuali proposte pater– nalistiche, inaccettabili nella forma e nella sostanza. Basti accennare che, nel progetto governativo, proprio le categorie inferiori, le più disagiate anche sott~ il profilo del lavoro che svolgono, sono quelle più trascurate, e che 1'80% 'circa dei salariati sono addirittura dimenticati. • C'è da chiedersi se di fronte al fatto che i Monopoli abbiano fornito allo Stato un gettito di circa 500 miliardi netti in un solo anno, questo non sia un esempio bello e buono di autole– si..onismo. ·Ma il fondo della questione, a nostro parere, è. un altro, ed è ben più grave. Sino a circa un anno fa gli introiti dei Monopoli andavano ,così suddivisi: · 1'84,~,{, allo Stato ed il 16% al.l'Ammi– nistrazione. Con questo 16% l'Ammi– nistrazi..one doveva far fronte a tutte fo spese inerenti non soltanto al man– tenimento e rammodernamento degli impianti, dei macchinari, delle attrez– zature, ecc., ma anche a quelle del personale dipendente. Ora questo 16% è sceso al 14.%, poiché quei 500 mi– liardi circa forniti in quest'ultimo eser– dzio allo Stato rappresentano infatti • 1'86% dell'introito globale. Lo Stato, in altre parole ha incassato di più, ma a spese di chi? Non certo degli impianti e dei mac– chinari, poiché non risulta che sia stata adottata in tal senso alcuna po– litica restrittiva che, d'altronde, ai fi– ni produttivi sarebbe suicida. Le re– strizioni sono da ricercarsi in ben altra direzione: nel negare a tutti i dipendenti in genere, ed ai salariati in particolare, quell'equo trattamento cui il lavoro svolto, a carattere altamente specializzato, dà pienamente diritto; nell'interpretare in senso costantemen– te restrittivo tutte le norme e disposi– zioni, non soltanto interne, ma anche quelle stabilite per legge, e che com– portano una sia pur minima spesa per il personale. Insomma, per farla breve, ci trovia– mo di fronte al più eclatante esempio di amministrazione privatistica intesa nel senso deteriore della parola. ILmas– simo guadagno con la minor spesa possibile, e la parola d'ordine, non scritta ma chiaramente fatta intendere anche al più lontano commissario di amministrazi..one, è quella di rispar– miare, ma risparmiare non sulle opere e sugli strumenti, che sono inattacca– bili per la produzione, ma sugli uomi– ni. Perché lo Stato, questo tipo di Sta– to, ha sempre più bisogno di soldi. Soprattutto per far fronte a quelle spese improduttive ed in/ lazionistiche ma che danno lustro di alta socialità al Governo e per provvedere alle di– ,persi..oni derivanti dalla mancanza di coordinamento nei programmi e nelle realizzazioni. • Ma questo suo bisogno può diveni– re pericoloso quando spinge ad appe– :;antire una situazione già insopporta– bile per molte categorie di lavoratori dipendenti, siano essi privati o pub– blici, sottoposti da un· lato ad una pressione fiscale che non accenna a diminuire e dall'altro iugulati da, con– dizi..oni di lavoro e di guadagno ai li– miti dell'umana decenza. Ora lo Stato dà anche l' esempi.o ai privati di come si possa speculare sulla pelle dei lavoratori. Non ci si lamenti poi se i comunisti adottano nei suoi con/ ronti la stessa terminologia, la stessa forza d'urto, le stesse tecniche sabotatrici, adottate per l' « odiato ca– pitalista ».
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