Lo Stato - anno II - n. 16 - 10 giugno 1961
bi POLITICA ESTER-A L'INCONTRO Nessuno è riuscito a capire perché Kennedy si è voluto incontrare con Krusciov. Non ve n'era alcun bisogno, non v'è stato alcun vantaggio. S'è detto che Kennedy è andato a Vienna per prevenire una crisi a Berlino : cioè avrebbe diffidato Krusciov, a quattr' occhi, evitandogli così di dover « recitare la reazione» per non per– dere la faccia dinanzi aU'opinione pubblica mondiale. Magari fosse così, magari gli Stati Uniti potessero an– cora « intimare » qualcosa a qual– cuno! E' vero, invece, il contrario. Kru– sciov ha fatto sapere seccamente per via diplomatica che Berlino « è un cancro da estirpare al più presto se non si vuol contaminare il mondo» e che pertanto entro settembre. elezioni tedesche, la cosa andava decisa. E' evi– dente che un colpo di mano a Berlino. prima della consultaziome 'popolare. avrebbe un ef/etto negativo sullo schieramento di Adenauer. reso re– sponsabile di aver con la sua politica compromesso le sorti dell'ex-capitale. Che queste siano le intenzioni sovie– tiche non v'é dubbio: da mesi stanno saggiando la reattività americana e occidentale in genere. Le due ultime prove sono state il Laos e Cuba, prove da r:ui gli S. U. sono usciti con le ossa rotte: in Oriente si sono totalmente compromessi agli occhi degli asiatici usi a stimare solo la forza; in Sud– America si sono addirittura resi ridi– coli. Può darsi che si sia trattato di una strategia: non lasciarsi provocare, non lasciarsi agganciare a diversivi di dettaglio, per restare disponibili per le « grandi cose » a Berlino. E potrebbe esserci un'altra ragione : non creare il precedente dell' « iniziativa delle gran– di potenze a prevenzione di pericoli Lo STATO inobianco potenziali». Cuba per gli USA non equivale a Formosa per la Cina comu– nista, e, appunto, a Berlino, per la Unione Sovietica? Se gli Stati Uniti si riconoscessero il diritto di « elimi– nare » una base « sovietica » a 90 mi– glia dalle loro coste, perché non do– vrebbero i sovietici riconoscersi lo stesso diritto per l'ex-capitale tedesca? Dicevamo, può darsi che sia così. Speriamo che veramente i ceffoni presi negli ultimi mesi siano stati « incassati » per non fare il gioco dei sovietici. Ma la cosa ci sembra troppo contorta. Una sberla è una sberla e chi mena per primo ha già vinto per metà. E poi, quanto è costato in pre– stigio, che tradotto in soldoni vuol di– re amicizia altrui non per amore ma per attrattiva di forza? Quanti (Stati e individui) hanno cominciato a pen– sare a posizioni di terza forza o addi- . rittura filo-sovietiche? Basta citare l'Italia, nonostante le smaccate prof es– sioni di fede atlantica rese a New York dal terzaforzista Fenoaltea allo atto di insediarsi nella carica di am.– basciatore d'Italia. Tutti sappiamo chi sia il nostro nuovo rappresentante a Washington, chi lo muova, perché è andato laggiù a preferenza di altri, rimasti a terra, molto più dotati di lui e, soprattutto, di sicura fede occiden– tale. Gli Stati Uniti, quindi, debbono immediatamente restaurare il loro prestigio militare: viviamo in tempi di ferro, in cui come nei secoli andati si fanno distinzioni sommariamente carolingie: « Noi abbiam ragione per• eh/, siam cristiani, loro han torto per– ché son pagani». Può darsi che Berlino sia veramen– te l'occasione drammatica per tale re– stauro. Ma non ne siamo sicuri. Per– ché un braccio di ferro a Berlino che VIENNA porterebbe la situazione internaziona– le alla rottura, quando L'Unione Sovie– tica menando il gioco attuale, altrove, sta rosicchiando con allegro rumor di croste senza colpo ferire? Perché, in– vece, non continuare ad insidiare i Caraibi e « Lavorare » al forzamento della cerniera panamense; allo scom– piglio del sistema petroli/ ero messico– venezolano, attizzando la rivalità estrattiva dei due paesi; alt'avversione latino americana per tutto ciò eh'é « yankee » ? Si può obiettare che la URSS è preoccupata della risorta po– tenza tedesca: due volte maggiore del volume di fuoco della Wehrmacht al culmine delle sue vittorie. Ebbene? Forse che attacando Berlino, quella potenza si attenua? Ormai è tardi per l'Unione Sovietica strangolare la Ger– mania; poteva impedirne lo sviluppo negli anni 50, smobilitando le 230 di– visioni mantenute intatte Lungo la cor– tina di ferro, rinunciando al colpo di mano in Cekoslovacchia, al « satelli– tismo ». Gli Occidentali si spaventaro– no e ricorsero alt'antidoto tedesco, unico valuio da secoli per i russi. Ormai, dicevamo, è tardi. La Ger– mania è di nuovo una potenza mon– diale, segretamente forse, anche, una superpotenza (noi non crediamo che i missili e le atomiche siano l'ultimo ritrovato bellico). Molestare Berlino, « potrebbe » essere fatale, per Kru,– sciov e per la pace mondiale. Non è, in/ atti, detto che a Washington si sia disposti a « morire per Berlino », co– sì come non si è stati disposti a mo– rire per altro, forse, ben più impor– tante strategicamente. Ma se non è certo che sia fatale molestare Berlino, è certo che non sarebbe congruo : Mosca può spassarsela altrove. 7
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