Lo Stato - anno II - n. 16 - 10 giugno 1961

bi LETTERATURA CRITICAMANICHEA Al:fuiamogià parlato di Eiemi– re Zolla, lo scrittore decadente che ammazza la noia scrivendo saggi e romanzi il cui sottofon– do ideologico è costituito da un «raffinato» apparentamento di Freud con Adorno. Abbiamo an– che parlato di Alberto Arbasino e l'occasione ci è stata offerta dal volume « Parigi, o cara» che è una raccolta di sue corrispon– denze inviate dai vari paesi vi– sitati. In queste corrispondenze, come abbiamo detto, ci si pren– de gioco o, meglio, si tenta di prender,si gioco di tutto e di tutti in una prosa che vorrebbe essere un misto di .languore e di scetticismo (cerebrale cocktail gradito all'intelligentia di oggi), ma è soltanto parto della sovra eccitata fantasia di un indivi– duo spiritualmente tarato. Per comporre la « triade pro– fetica », tanto cara aHo snobi– smo culturaloide, mancava un cenno - se non proprio un di– scorso - a Giovanni Testori, al– tro esponente della «giovane guardia » letteraria sinistra– men te « engagée ». Testori è il più conosciuto dei tre. Non per il valore della sua opera, che non è maggiore di quello degli altri due, ma per hl clamore che ha sus,ci ta to la sua recente produzione teatrale. Suo è quel dramma - popolato di personaggi anormali e dilet– tevole per gli spettatori anor– mali - che ha provocato l'in– tervento delle autorità giudi– ziarie ed una violenta polemi– ca di stampa. Solidali con Te– stori si mostrarono, oltre al regista Visconti, specializzato in spettacoli del genere, la soli– ta fauna che ·si agita quando qualcuno osa attentare al suo malcostume. I comunisti ed i borighesi incartapecoriti, che sperano di sopravvivere alla « pa 1 lingenesi marxista », accla– marono Testori proclamandolo il trageda dell'Italia contempo– ranea. Incoraggiato dal rumore Lo STATO nobianco fatto intorno al suo nome e si– curo di potersene giovare ai fini pubblicitari, egli, invece di spez– zare la penna o di rompere i ta– sti della macchina per scrivere, ha seguitato a «comporre». Oggi, così, complice Feltrinelli, da alle stampe un romanzo: « Il fabbricone » che si colloca nella falsariga dei suoi prece– denti lavori narrativi e teatrali. Il mondo de « Il fabbricane » è quello solito di Testori: il sotto– proletariato milanese visto nei suoi rappresentanti più ottu– si e depravati. L'ambizione di Testori è queUa di darci una moderna «Romeo e Giulietta » in chiave neoverista. Due fami– glie c'he si odiano perché l'una è democristiana e l'a,Itra è co– munista. Il Romeo di Testori è un giovanotto che non va tanto per il sottile, ,è uno che passa dall'odio all'amore verso Giu– lietta - Rina - non prima, però, di averla violentata: uno stupro non può mancare in un romanzo neoverista. E questo amore fra i due ragazzi, questa lotta fra i moderni Montecchi e Capuleti, si svolgono in un am– biente che q;>one in primo piano, more solito in Testori, sordidi in– dividui dediti a pratiche omoses– suali, alla prostituzione e ad aJl– tre illecite e sporche attività da bassifondi. Questi sono i « segreti di Mi– lano» descritti da Giovanni Te– stori. E tutto questo :sarebbe degno della nostra pietà, della nostra commiserazione: come della pietà, della commiserazio– ne di tutti gli uomini che hanno retti intendimenti. Tutto questo sarebbe ,motivo di amare consi– derazioni perché ogni uomo sen– sibiJe non può non ribellarsi di fronte a certi aspetti di una realtà ostile, se non chiusa, al bene, alla carità. Ma, ecco in– tervenire la « morale » di Testo– ri; ecco la ,presunzione, l'ipocri– sia, la sostanziale volgarità di Testori a riportarci ai termini della questione, al pericolo rap– presentato non dal sottoprole– tariato milanese o italiano, ma da coloro che estraggono da esso i personaggi del loro « ciclo eroico ». I pericoli per il nostro costume, per la nostra cultura, per la nostra lettera tura non è costituito dal sottoproletariato, daUa plebaglia che non sa o non vuole o non può spiritual– mente sollevarsi, il pericolo non sta nelle prostitute, negli omos– sessuali, negH avanzi di :galera e negli altri tipi di relitti umani; il pericolo non sta nelle Arialde, nei Carli e nelle Rine, negli ex pU!gilidaHa mente annebbiata, nei « ras » di periferia e in tutti gU altri ex uomini, ma in coloro che vogliono mitizzare ed eroi– cizzare queste tristi creature. Il pericolo sta in T·estori e nel « te– storismo »; sta nel rovescia– mento dei principii e dei valori, operato dai sostenitori di certe pseudo.,poetiche. H pericolo sta nei teorizzatori del « testori– smo », in quei critici che, inve– ce di assolvere i propri compiti raddrizzando e orientando, am– monendo e condannando, si ab– bandonano a fare gli apologeti del neoverismo, a celebrare gli stili e i contenuti dei romanzi e dei drammi di Testori e dei suoi tanti colleghi e imitatori, a ri– cercare ,gli ascendenti di co– tanti aTtisti e poeti. Certi articoli e saggi su Te– storie sui suoi ignobili ed antie– stetici « segreti di Milano » me– ritano di essere segnalati come testimonianze di spontanea quanto colpevole abdicazione dell'intelligenza e del coraggio. Certi incensamenti che offendo– no gusto e cultura sono rivela" zioni di una volontaria e puerile rinuncia a compier.e onestamen– te il proprio mestiere. Certi sconsiderati elog.i di autori e di pagine che dovrebbero essere ignorate sono il grave, doloroso indice del clima di omertà esi– stente - e non da oggi - ne– gli ambienti culturali e giorna– listici italiani. Il manicheismo si è .rifatto vivo nel mondo ed ha in Italia il suo centro d'irra– diazione. La c-ritica letteraria ed artistica nel nostro paese è in 31

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