Lo Stato - anno II - n. 15 - 30 maggio 1961

no della Sicilia. Se è tardi per imporre a tutta Italia, con la li– berazione dallo straniero attra– verso le anni garibaldiine, an– che i principii democratici che avrebbero dovuto ispirare fin dal suo primo nascere il Regno di Italia cacciando dal potere Ca– vour, tacciato di incompren:siio– ne del momento storico, non è forse ancora tardi per realizza– re un patteggiamento tra Rivo– lumone e Monarchia. Felice caso è quello che fa incontrar e gli autonomisti che vogliono i:l pat– teggiamento tra Sicilia e Italia, e Crispi che vuole quello tra la rivoluzione e 'la conservazione, tra la Destra e la Sinistra, tra il passato e l'avvenire, cercan– do di sfiruttare al massimo U corso vertiginoso, e l'imprevedi– biliissimo ancora, della ruota della Storia. E Crispi ne approfitta. Può anche farlo ·senza particolari rimorni, senza ripensamenti, senza contraddizioni interiori, col suo passato, se teniamo presenti le sue fondamentali ispirazioni, Crispi non ha mai guardato alla Sicilia, ha sem– pre guardato all'Italia. Pertanto Crispi cercava di trarre il maggiore vantaggio possi'bile dalla decisione di Mor– dini, ed ottiene che anche a Napoli il Ministero decida la convocazione dell'Assembìea. Il Mezzogiorno sembra così di– chiarare la propria volontà di non arrendersi. La parola « an– nessiione » irrita, essa ha il sa– pore di capitolazione. E tuttavia ventiquattro ore sono sufficienti a riproporre in altri termini il problema e mu– tare le decisioni. Le notizie che giungono da Torino non lascia– no adito a distensione o ripen– samento da quella parte, ma indicano un proposito irrevoca– bile. L'annessione subito. Il prodittatore Pallavicino, Tlirr, De Sanctis, per non citare che soltanto coloro che caratteriz– zarono più decisamente il loro atteggiamento, strd.ngono i tem– pi insieme ai Ministri che arri– vano a dimettersi pur conser– vando lo stesso la direzione dei dicasteri; chiudono in un anel- Lo STATO bibliotecaginobianco lo di ferro Garibaldi. E viene deciso H Plebiscito per n 21 ot– tobre. Anche Crispi aderisce: indice di maggior garbo politico rispetto a Bertani, ma forse an– che di tatticismo perché la con– vocazione del Plebiscito poteva non escludere la contempora– nea celebrazione dei comizi per l'Assemblea. Come, poi, i fatti siano roto– lati verso il compimento segna– to, come non si sia piiù parla-to di Assemblea, e si sia giunti soltanto al Plebiscito, non in– teressa H nostro tema. Ci può interessare solo l'affermazione che il Mack Smith ha fatto nel suo libro su Gadbaldli e Cavour relativamente a Crispi ( « Il Go– verno del Mezzogiorno perì di sua mano »). "ll Governo del Mezzogiorno,, Il Governo del Mez~ogiorno doveva perire. Non era forse na– to per scomparire nel Governo d'Italia? Non era quistione in– torno alla sua sopravvivenza. Era quistione inrvece intorno aHa natura del governo d'Italia entro il quale si sarebbe dovuto annullare, come era nene ina– lienabili premesse della Impresa Garibaldina, e come era, del resto, nel :::·o':;ramma del Cris,pi. Al Cris:::. 3i può fare un'altra accusa. Queìla di non avere a sufficienza operato affinché il trapasso della rivoluzione sici– l. 2..::: a - e lo stesso potrebbe dir– si della rivoluzione del Mezzo– g~o.:::-~c, al~ia distinta dimensio– ne storica nella rivoluzione ita– liana - non si verificasse senza una ,adeguata difesa degli inte– ressi locali che non erano da considerare certamente lievi, 'Specieper le conseguenze che la affrettata annessione arrecò. Ma al Crispi il problema ap– pariva marginale. Alla ,sensibi– lità politica del Cri.spi non sfuggiva inoltre che, fallita la possibilità di una affermazione totale della rivoluzione demo– cratica, non sarebbe rientrato negLi interessi della Sicilia l'esa– sperazione delle posizioni auto– nomistiche. Come siciliano, ed egli aveva anche le sue fibre si– ciliane, doveva augurarsi che la Isola, entrando nel nuov o nesso statale, potesse spera.re in una disposizdone le ale da pa rte del Governo di Torino. Le dichiara– zioni di Cavour all'ambasceria guidata dial Padre Ottavio Lan– za di Trabia non potevano e non dovevano confinarsi in l:>locco nell'area della più o meno lecita menzogna dei ministri. Sia a Torino che a Palermo conve– niva un ingresso ordinato e fi– ducioso dell'Isola nella pa·tria comune. Crispi fu battuto tatticamen– te da Pallavtcino, strategica– mente da Cavour, ma è anche da considerare che Crispi solo per pochi giornd., dopo il ritiro di Bertani, poté avere l'autenti– co controllo del Governo del Mezzogiorno che, peraltro, ri– maneva pur sempre alla mercé delle decisioni di Garibaldi, i cui silenzi si dovevano palesare, co– me furono, più ,termbili e gravidi di conseguenz·e, delle sue effet– tive azioni. In quelle condizioni Crispi po– teva battersi per una afferma– zione di principio. Aver c•eduto alla italianità del s~:::, sentimen– to, av,er confessato che aveva una fede e una idea non sono piccoli elementi della [ua gloria. Se il governo del Mezzogiorno perì anche di sua mano, certa– men te va aggiunto che, ,per me– rito suo le r,ivoluzioni sia di Si– cilia che del Mezzogiorno si sol– levarono, e si purificarono di queg'1i a,spetti muntcipali e par– ticolari che ne condizionavano !',esistenza. Crispi le sospinse - con le aperture del suo spirito italiano che giammai in seguito 1si ,scom– pagneranno da lui, con le sue sfortune, coi suoi scontati sacri– fici, ed anche coi suoi errori - nel grande mare della rivoluzio– ne italiana. Cadendo può dirni che si sentisse di vincere l'av– venire. GAETANO FALZONE 25

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