Lo Stato - anno II - n. 15 - 30 maggio 1961
provocaxne il corso sia stato do– vuto alla infiltrazione delle idee di rivoluzione italiana e quanto invece alla stanchezza dei sici– liani e alla loro realistica con– sideraziione di essere, in defini– tiva, impotenti a contrastare, sul piano dei rapporti di forza, con Napoli, può non essere og– getto di approfondimento in questa sede, poiché ci basta sot– tolineare che, dal 1849 in poi, la debelZatio delle armi e deglii spiriti siciliani attuata dal Prin– cipe di Satriano apriva nuove prospettive alla riflessione dei siciliani. Su questo terreno fertile per i ripensamenti comincia ad ope– rare l'azione dei democriatici, e in particolare del Crispi, il quale, fin dai suoi giovani anni, non aveva mai accusato nostalgie e debolezze nei confronti della Na– zione SiciHana. Il separatismo sicHano, battuto dalla logica dei rapporti di forza tra i due di– retti contendenti, ma anche da considerazioni di equilìbrio me– diterraneo fra le varie Potenze Europee interes 1 sate, era andato evolvendo verso un meditato autonomismo che aveva potuto giovarsi del contributo di eccel– lenti esponenti della <borghesia siciliana destinata in ,questo nuovo terreno dialettico ad as– sumere posiz,ioni più nette e co– munque di maggior rilievo nei confronti del1e classi che tradi– zionalmente avevano esercitato il potere politico ed economico nella isola. I nuovi idea1i autonomistici avrebbero potuto r-ealizzaTsi o nel quadro di una rinnovata monarchia borbonica, aperta a isfan2ie liberali, o in quello dell'unità italiana che sem:bra– va potersi attuare attraverso formurle federal:istiche più che puramente e semplicemente an– nessionis-Uche. Su quest'ultima posizione nel 1860, prima dell'arrivo di Gari– baldi, probabilmente sarebbero rimasti nella loro maggioranza gli autonomisti siciliani se il grido aruito di « Italia e Vitto– rio Emanuel,e», che trovava con– senzienti anche buona parte dei democratici, non avesse propo- bibliotecaginobianco sto la efficacia di una formula che appariva realirsticamente possibile e di immediata realiz– zazione, anzi. Il disordine am– ministrativo della Dittatura Garibaldina, le apprensioni per le manifestazioni contadine del– l'estate del 1860, il disgusto per le polemiche di parte, sconfina– te anche in personalismi e riva– lità, avevano indotto i « ben pensanti» ad accelerare i tempi dell'annessione col Piemonte pur conservando il programma di assicurare le possibili garan– zie alla Sicilia all'atto del suo ingresso nel nuovo nesso sta– tale. Come è noto, Cavouir, diffi– dente probabilmente a dismisu– ra intorno al lealismo di Gari– baldi e dei suoi amici, fra i qua– li certamente non mancavano gli esponenti repubblicani, sca– tenò una decisa azione di pro– paganda a favore della anne:s– sione immediata, ponendo m imbarazzo i prodittatori Depre– tts e Mordini, amareggiando Garibaldi, facendo irrigidire una parte degli autonomisti, la più cospicua e -la più pensosa del futuro dell'Isola. L'urto nel settem'bre-ottobre fra annessionisti ed amtono– misti giunge a 'Uil acme perko– loso. Questi ultimi riescono a str8Jppare a Mordini l'ordine di convocazione dei comizi per le elezioni all'Assemblea riuscendo così ad eliminare il pericolo di una annessione non negoziata e precipitosa. Crispi e gli autonomisti Che gli autonomiisti fossero previdenti non è dubbio alcun~, e che la Sicilia meritasse ordi– namenti amministrativi parti– ,colari non s,embra doversi di– scuter-e. Proprio alla precipitazione dei fatti verificatisi nell'ottobre 1860 si deve il malessere che per lunghi anni ha travagliato la Isola, ritardato il suo sviluppo, e provocato amare manifesta– zioni, specie tra il '60 e il '70, su cui non è il caso adesso di insistere. Crispi non appoggiò ,gli auto– nomi'Sti. Non ha rilevanza eff,ettiva il telegramma del 7 ottobre di Crispi a Mordini: « Il dittator_e approva il decreto per la nomi– na dei Deputati. Convocate la Assemblea per il giorno che me– glio vi converrà. A proposito della riunione della Assemblea sarà revocata la le,gge del 16 settembre ed avrete le mani slegate come richiedete. Bravo Mordini. Fà costituire i comita– ti elettorali e componi liste di buoni deputati all'assemblea.» Non che Crispi fasse in'since– ro telegrafando a Mordini, ma era diverso lo spirito che muo– veva gli aru.tonomisti da quello che muovevia Crispi ad appro– vare. Crispi era imp,egna to ·in una altra battaglia, una battaglia di un respi~o politico e di una prospettiva storica che gli au– tonomiisti non erano· in grado di intendere compiutamente. Crispi aveva nel rma,ggiocer– cato in Sicilia la rivoluzione ita– liana; affermatala, era passato a trasferirla nel continente; adesso voleva imporla a Tor.ino, sull'onda del successo militare e morale della Irmpresa Gari– baldina. Quando Crispi telegra– fa a Mordini congratulandosi per la dedsione di convocazione dei comiz,i per l'a,ssemblea, il suo programma, in cui trovava con– senziente Garibaldi, era forte– men te compromesso e forse per– duto a causa degli avvenimenti cui aveva dato nuova spinta la iniziativa cavouriana nell'Halia Centrale. I comizi e l'Assemblea in Sicilia venivano improvvisa– (tnente a costituire un nuovo, fortunato elemento di gioco nella partita contro il Cavour che per quattro mesi aveva do– vuto sopportare l'iniziati-via ga– ribaldina. Crispi sentiva, rmolto più di Gar1baldi, che l'unieo segno concreto di cui la rivoluzione democratica potesse ancora di– sporre, e servirsene nella trat– tativa con Torino, era il gover-
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