Lo Stato - anno II - n. 14 - 20 maggio 1961

POLITICA ESTERA Mentre la conferenza ginevrina per il L·aos, entra nella fase più wmiliante per l'Occidente: quella delle « forche c:audin,e », il Ministro degli Interni della Thailandia an– nuncia che nella regi,011,e nord-orien– tale del paese, qu,ella confinante con il territorio laotiano occupato dai ribelli comunisti, è stato sventato un complotto, « organizzato da po– tenze straniere » per rovesciar,e il potere centrale. Avevamo scritto nelle note delle settimane scorse, che la capitolazio– n,e nel Laos avrebbe significato la caduta dJell'intero sud-est asiatico: Thailandia appunto, Cambogia, Bir– mania e, più in là, il controllo co– munista della penisola malese a ca– vallo del Mar Cinese meridionale e il Golfo del Bengala. Scrivevamo, inol– tre, che sarebbe stato un assurdo strategico per Mosca e per Pekino ·lasciare « in sospeso ~ la situazione politico militare in quello scacchiere dopo la prima i.pallata data da Ho Cht Minh, nel 1954, all'Indocina f,rancese. ·- Il criterio domi111a1ite è quello del– la contiguità: cioé, procedere per al– largamernti ,e per annessioni senza ·soluzioni; Infcdti, ad Occidente ab– biamo l'incameramento progressivo dei paesi baltici, della Polonia, della Cekoslovacchia, d;ell'Ungheria, d;ella Bulgaria, dell'Albania, della Germa– nia orentale, della Jugoslavia (an– che se nel 1948 vi fu il contrattem– po titino) e della Grecia (fortunata– mente salvata con un intervento de– ciso, quando la spada americana era ancor fiammeggiante). Ad Oriente: Cina di Mao, Corea (altro fortunose semi-selvaggio, Indocina, Vtet-nam Laos ed ora Thailandia. Nel frattem– po abbiamo avuto l'episodio tibetano e quello irakeno, anche se il genera– le Kassem è riu,scito a stento a con– trollare la situazione grazie, anche, ai buoni uffici della Gran Bretagna, la quale in cambio di altre presta– zioni (pressioni per l'ammissione della Cina all'ONU, appoggio alla di– stensione, atteggiamento antt-tede– s,co,eccetera) è riuscita a salvare al– cuni suoi cospicui interessi petroli! e- Lo STATO bibliotecaginobianco STRATEGIA DELLA CONTIG UIT A' ri. Nel quadro non va dimenticata neanche la Persta, altro territorio contiguo all'Unione Sovietica. Queste semplici constatazioni sto– rico-geografiche riportano alla me– moria tl monito e l'intuizione poe– tica di Paul Valery: « L'Europa è un promontorio dell'Asia>, che adattati alle circostanze lasciano concludere che, effettivamente, il Kremlino mi– ra all'unificazione del plesso euro– asiatico, eliminando ogni intrusione terminale e marginale ncl suoi pro– montori. L'incomprensibile in questa situa– zione, non può essere ·spwgato solo dalla potenza militare sovietica: Mo– sca si lanciò all'attacco qu,ando il suo potenziale bellico era a terra. Cominciò con il blocco di Berlino nel '48. Gli Occidentali, presero zd cosa a ridere: inventarono il « pon– te aereo ». In quattro anni, dal 1945 al 1949, Mosca si seppe dare (o le diedero) la bomba atomica una impostazione missilistica e, s~rat– tutto, una strategia mondiale basata s,u un'azione diplomatica di scuola tutt'altro che russa. Com'è stato possibile? Quali for– ze sotterranee hanno aiutato la Unione Sovietica e trattenuto gli Stat'i Uniti? Qui il discorso si avventurerebbe in un terreno dove le prove sono tutte indirette e dove è necessaria la massima spregiudicatezza nel con– siderare che cosa rappresenti nella partita universale il comunismo e che cosa, invece, rappresenti la tra– dizione occidentale, materia dt li– bertà, quindi di un diritto le cui ori– gini storiche sono di una tradizione costantemente avversata in tutti t secoli dopo la caduta dJell'impero Ro– mano. Ancora una volta sembra agi– scano le stesse forze che furono a ridosso dell'assalto islamico all'Occt– dente, le stesse che furono a ridosso della Rivoluzione americana del '76, della francese dell'89, di quella so– vietica del '17: le grandi strettoie, attraverso le quali è stato « profila– to » il diveni're storico di quella ci– ·viltà che ha il suo centro a Roma assottigliandolo, sempre più. - ' Abbandonare una posizio.ne non è sempre una sconfitta. Purché ci si organizzi, pwr,ché • w. con~ trazione sia un raccoglimento d-i forze perché più vioZenta e decisiva sia la reazione. Purtroppo, invece, constatiamo che l'abbandono delle nostre posizioni non ha nulla dì ra– zionale, di preordinato; che non fa parte di un piano di ripiegamento. Si tratta solo di fughe disordinate con progressive perdite di pr,estigio e di vigoria morale. E ciò ch'è peggio, ogni rinuncia, ogni abdicazione co– stituisce un motivo nuovo di divi– sione, di dissenso, di isolamento e, peggio, un motivo di più per avvia– re trattative sotto banco con l'av– versario. Per questo dilaga il neu– ~ralismo, il terzafondismo, il « non impegno». 7

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