Lo Stato - anno II - n. 13 - 10 maggio 1961
CINEMA Aperto il con "Exodus" Festival di Cannes Come ogni anno, da vario tempo, il Festival Internazionale del Film di Can– nes si è aperto con un film fuori con– corso, per non offendere nessuno, per dar modo a tutti di non sentirsi sacrifi– cati per il vernissage. La scelta, questa volta, è caduta su un chilometrico technicolor in Super-Panavision 70 (con sonoro stereofonico T odd-A O a sei ca– nali), Exodus, diretto in Israele, con gran dovizia di mezzi, da Otto Premin– ger sulla scorta del noto romanzo di Leon Uris dedicato, com'è noto, a que– gli avvenimenti storici che dal maggio al dicembre del 1947 dettero vita allo Stato d'Israele. Un « filmone », di quelli fatti appo– sta per inaugurare un festival con il consenso di tutti e per far lacrimare, do– po, le platee cittadine con l'appello alla pace, alla concordia, ai buoni sentimen– ti e il ricordo, ancora vivo (e con Eichmann attuale) delle persecuzioni razziali. Un film adattissimo a Cannes, a.i criteri con cui dà vita al suo festival, ai motivi commerciali e industriali che guidano i suoi organizzatori. I quali, diciamolo subito, sono gente accorta e capace e da tempo hanno capito che un festival del film, per imporsi al grosso pub~lico e al mondo dell'industria cine– matografica, non deve tanto mirare al- 1' arte quanto allo spettacolo, compren– dendo in questa magica parola tutto quello che più interessa ai banchieri, gli incassi, cioè, il giro degli affari, la pub– blicità, le vendite dei film, ecc., ecc. Diciamolo subito (e noi personalmen– te lo diciamo da anni): i criteri con cui prima Cannes e, dopo, tutti gli altri festival, si sono inseriti sulla scia della nostra Mostra veneziana non li abbia- 32 bibli'btecaginobianco mo mai condivisi. E' vero, anche la Mo– stra di Venezia, a suo tempo, nacque per far cosa grata agli albergatori ve– neziani che, tra la seconda metà di ago– sto e la prima di settembre, vedevano il turismo decrescere per colpa di una stagione, che in Laguna non è mai molto propizia attorno a quelle date, ma dopo, quando la Mostra si affermò e, soprattutto, si avvide del successo che aveva ovunque incontrato, in partico– lare presso gli artisti del cinema e, di anno in anno poté annotare con fierezza il suo valido contributo al migliora– mento dell'arte del film, le esigenze de– gli albergatori lagunari passarono in se– conda linea e sempre più si impo~cro quelle degli intellettuali del cinema, de– gli autori, dei teorici con risultati che, sia pure con alti e bassi, vennero via via consolidando nel mondo la fama di una Venezia severa custode dei valori più seri della Settima Arte. Quando nacque Cannes (per diver– genze politiche, per sciovinismo e altro ancora) la formula di quei festival non si differenziò molto, agli inizi, da quel– la veneziana che polemicamente si vo– leva imitare e la gente di cinema, pur dispiaciuta per un verso, dello sgarbo usato a Venezia, prese atto della nuova manifestazione che, comunque, non foss'altro con lo stimolo dell'emulazio– ne, avrebbe sempre meglio giovato al perfezionamento dell'arte cinematografi– ca, alla sua diffusione, alla sua cono– scenza. Ma Cannes è in Costa Azzurra; la natura, con quella città, è stata forse anche più prodiga di doni di quanto non lo sia stata con Venezia (pur fatta segno a doni secolari); i turisti, specie americani, arrivano più comodamente nella sua baia che non in Laguna, e lo stesso i turisti europei; così in pochi anni il festival di Cannes, divenuto il centro di una affluenza mondana e tu– ristica particolarmente notevole, si vide frequentato da una folla di aficionudos di gran lunga superiore a quella che frequentava Venezia e rapidamente vi si adeguò. Mise l'accento, cioè, sulla cornice mondana, sulla presenza colo– rata di dive e di divi e, come conseguen– za logica e fatale, dette sempre più peso allo spettacolo che non all'arte, sapen– do benissimo che dietro alle dive e a)lo spettacolo, dietro alla grande affluenza di pubblico e all'aumentato numero di turisti «importanti», avanzano agguer– rite le schiere degli industriali del cine– ma che, in tanto chiasso « prezioso », vedevano solo pubblicità e, perciò, oc– casioni sempre più propizie di cospicue contrattazioni e di grossissimi affari. L'arte, così, se non fu messa al bando del tutto - incomoda, vecchia signora con la quale non si può patteggiare - fu adoperata soltanto come pretesto, co– me specchietto per le allodole, come ri– chiamo togato per quelli che, con la loro presenza « facevano scena » e con– correvano perciò anch'essi a render sempre più proficuo il clima affaristico rapidamente instaurato. Con il risultato di veder spesso in programma dei film che in città nessuno andrebbe a vedere e di veder più d'una volta una giuria (composta magari di accademici di Francia) premiare opere che solo il pubblico di periferia avrebbe salutato più in là, con un consenso senza riserve. Un errore? Per l'arte sì, per l'indu- stria e per le casse statali francesi Jr– ricchite ad ogni maggio di molta, so– lida valuta straniera, certo no. A noi resta comunque una consolazione mode– sta: dato che anche un festival siffatto dell'arte ha bisogno, sia pure solo come pretesto, qualche buon film, grazie a qi1esto pretesto, riusciam) a vederlo egualmente. Ed è di questi che vi dare– mo conto più in là. GIAN Lu1G1 RoNDI
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