Lo Stato - anno II - n. 13 - 10 maggio 1961

deux déterminations majeurs de l'histoi– re sumaturelle, l'une spécifiant l'Ancien Testement, l'autre le Nouveau>. In con– clusione: « antisémitisme nazi et anti– christianisme communiste ne révèlent clone pas seulement !es deux aspects entre lesquels se sépare l'inimitié de l'homme contre l'homme. Il découvrent en outre que cette inimitié s'enracine dans celle qui oppose l'homme à l'abso– :u, à Dieu » (*). Così la lotta fra nazismo e comunismo è la furiosa avversione del serpente co– smico contro sé stesso: il cieco animale che nella raffigurazione pagana addenta h propria coda e si autodivora, per la– sciare di sé stesso il nulla. Riportata all'interno della dottrina, della speculazione cristiana questa as– surda lotta non può che dar frutti di devastazione. Questo è il tema della parte più di– rettamente polemica e accusatoria del– !' opera di p. Pessard: quella in cui si dimostra come ogni concessione al marxismo cleriva da una falsa posizione della dialettica di San Paolo. Le posizioni del cristianesimo pro– gressista che il Fessard prende in esa– me dettagliato sono molteplici, e dob– biamo quindi limitarci a riferire intor• no a due (quella di E. Mounier e quella cli Montuclard) che ci sembra– no le più significative. Padre Montuclard pone i comunisti come « pagani » la conversione dei qua– li deve essere sperata dal momento che il cristianesimo del mondo borghese rappresenta il giudaismo, impietrito dalla perversione del proprio regime re– ligioso. (vol. II, pag. 54 op. cit.). Le conseguenze di una tale posizio– ne (apparentemente innocua) sono poi visibili nei proclami dello stesso Mon– tuclard: se il ruolo del comunismo è invertito insieme col ruolo della Chiesa, è naturale sostenere che « l'Eglise et l'histoire sont deux réalités bien distinc– tes, en chacune desquelles se melent spi– rituel et temporel, nature et gr~ce » e poiché l'uomo moderno è persuaso che « l'histoire joue dans l'humanité un r6- 1e liberateur » è sufficente entrare atti– vamente nella storia per essere salvati. (voi. II, pag. 34 op. cit.). E dopo un tentativo di far rientrare queste affer– mazioni nell'ortodossia la conclusione: I::! storia puè. aver << une suppléance de l'Eglise » ed essere « une mediation sal– vatrice et efficace ». La Storia ci spinge verso la Chiesa e la Chiesa ci rinvia alla Storia come al luogo in cui si compirà l'oggetto della rivelazione. Lo STATO bibliotecaginobianco Un'opposta mistificazione della dia– lettica paolina conduce E. Mounier a dire le stesse cose di Montuclard. Per il Mounier infatti pagani idolatri sono i cattolici: i comunisti sono assimilabili agli ebrei dopo la redenzione: essi han– no ripreso « le vieux sens hébreu de la \O!ère et de la justice » (questo è l'odio di classe!) e sono « porteurs aveugles d'une Rédemption ». La funzione dei comunisti è fustigare il popolo cattolico per riMvellarlo. I cristiani (ancora ido– latri) devon essere convertiti: ed ecco che distruttori degli idoli debbon essere uomini anìrnati da quel senso ebraico che fu patrimonio del popolo el<mo. Ancora una volta è la Storia, l'agire degli uomini nella storia, la fonte della redenzione. Sul piano delle idee la falsa posizione della dialettica paolina conduce fatal– mente a porre entro la storia ciò che per definizione la trascende: accende fal– se speranze, alimenta tensioni impossi– bili, in una parola trascina inavvertita– mente all'immanentismo, a tradire Dio per il mondo. Propriamente questo hanno fatto i preti operai che si sono rivoltati all'ordi– ne della Chiesa: dando l'esatta misura del pericolo seminato dai comunisti al– l'interno non della prassi ma della teo– \ogia cattolica. La significativa e per molti versi do– lorosa vicenda dei preti operai è me– ticolosamente seguita e comparata alla teologia progressista in un saggio del padre· Fessard ( « Le progressisme et l'Expérience des pretres ouvriers » voi. li pagg. 72-109 op. cit.). Non possiamo che accennare per som– mi capi al più clamoroso caso di enga– gemerit che sia mai riuscito al comu– nismo internazionale, e ce ne dispiace perché il saggio del Fessard è al tem– po stesso una analisi lucidissima della metodologia comunista e della dabenag– gine dei cattolici eccitati dall'errore. Come è noto il dramma dei preti ope– rai incominciò nel momento in cui i missionari mandati nei quartieri popo– lari si accorsero che solo accettando si– ~temi simili a quelli dei lavoratori (e a cominciare dalla condizione di salariati) era possibile pretendere contatto con le masse, vivere in esse senza essere consi– derati alla stregua di spie o di intri– ganti. Il problema era dunque « etre natura– lisé, reconnu còmme membre de ce mon– de» (Card. Féltin) e cioè un proble– ma di natura psicologica. Sopra di cui 11 partito comunista esercitò immedia– t::imente una sottile e continua pressio– ne, per ottenere che i preti operai an- ziché sposare la condizione operaia ab– bracciassero 12 causa del proletariato ri– voluzionario. Se vi fu un cedimento questo ebbe causa nell'alibi ideologico che la teologia progressista offriva, con messaggi for– mule ed elaborati, ad ogni cedevolezza dei preti operai. Le fasi dei vari cedimenti sono le fa– si stesse dell'assimilazione dei concetti della teologia progressista. In un primo tempo la situazione dei preti operai in ruolo non congeniale li porta a sprezzare la formazione sacer– dotale, incapace a preparare gli uomini ai compiti del lavoro: ma questo di– sprezzo assurdo fu possibile poiché già da anni operavano correnti di pensiero nel senso anticattolico: basta pensare che nel lontano 1931 un Mgr. Seigel giunse ad affermare « modo capitalisti– co vivit Ecclesia catholica ». Per non citare gli altri. Conseguentemente i preti operai esa– gerano il fosso che separa la Chiesa dal– la classe proletaria, vedono nella Chiesa un anti-proletariato e nel proletariato un antichiesa dotato di vero spirito evan– gelico. (Ed è curioso come l'ideologia ghibellina vedesse analogicamente l'anti– Roma nella cavalleria imperiale: una forza storica puramente materiale, che non è arduo comparare alla forza del proletariato rivoluzionario, come «quid» di una alienazione anticattolica). Anche in questo caso il « passo » fu reso possibile dall'antecedente dei teo– lcgi progressisti, per i quali (lo abbia– mo visto) il proletariato appare come una forza selvaggia ma redentrice. Un'altra conquista, maturata nel « cli– ma>, è l'impegno dei preti operai a col– laborare nella lotta sindacale: come at– tivisti volontari e in certi casi addirit– tura come dirigenti. E' ancora l'alibi escatologico l'argomento per giustificare simili disinvolture. E questo è colto nel– la teologia progressista. La conclusione dell'impegno è che « se in passato i Vescovi e i Cardinali hanno retto le Nazioni perché oggi i preti operai non potrebbero reggere il popolo proletario?». Insomma: il sacer– dozio rinuncia alla sua polarità trascen– dente per disperdersi nella storia, e nel– k storia più genuinamente anticristiana. Non diversamente Mounier aveva so– stenuto che « Communisme er Christia– nisme sont noués l'un à l'autre, comme Jacob avec l'auge». Un'innocente di– vagazione storica ha condotto ad imme– desimare il Cristianesimo e il suo ne– mico mortale. E peggio: nel momento in cui la Chiesa di Pio XII bolla gli erranti quc- 27

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