Lo Stato - anno II - n. 13 - 10 maggio 1961

Un fallimento ideologico Gli scritti politici di Gobetti sono m Italia la testi– monianza più viva del legame che unisce l'ideologia liberale al marxismo « Non ho mai chiesto a nessun si– stema di salvarmi dal dubbio tragico del pensiero, e di darmi la pace della pigrizia ». « Ho sempre accettato la ri– soluzione della filosofia nella storia e la sua limitazione al momento metodo– logico :1>. Di questa sua posizione non sfugge a Gobetti la risoluzione logica nello scetticismo o « in una nuova me– tafisica dell'identità. Ed evitare di ca– dervi è il problema della sua specu– lazione. Entro questi termini si dibatte il suo ideologismo politico. Che consiste inte– ramente in una affermazione di libertà. Libertà della volontà individuale che, attuandosi, realizza la storia e crea la società. Lo Stato è per Gobetti una co– struzione dal basso; con una funzione di agnostico registratore dei « risultati del– la libera lotta :1>. Il rivoluzionarismo li– bertario, l'anarchia stessa delle forze contrastanti è non soltanto la molla del divenire di una società organizzata; ma è, dello Stato, la legge stessa costitutiva, il nomos su cui si fonda, al posto delle « sterili ideologie di disciplina, ordine, gerarchia». E' l'imperativo nell'obbe– dienza al quale risiede l'eticità stessa dello Stato. Liberalismo e democrazia Gobetti è in fondo un liberale puro che desidera « rifarsi più indietro » del suo tempo e delle sue stesse giovanili simpatie «vociane»; che deplora l'atte– nuazione del liberalismo nella democra– zia, dove al mito libertario si sostituisce quello egalitario; che riconosce « la su– periorità dell'anarchia sulle dottrine de– mocratiche »; e che, solo rinunciando alla sua ideologia per affidarsi alla real– tà, s'induce ad accettare, dd liberalismo, 8 bibliotecaginobianco la inevitabile degenerazione nel par– titismo. E' al contatto con gli eventi di cui è testimone che il suo ideologismo si caratterizza e si definisce. E da questo rapporto di verifica realista esce scon– fitto e sfiduciato. E' il fallimento tipico del liberalismo puro, lacerato dall'im– possibilità di essere coerente a se stesso senza arrivare a rinnegarsi. Deluso dal– la realtà politica, e fallito nei tentativi di inserirvisi direttamente, si rifugia nell'astrattezza della sua ideologia cre– dendo di potergli attribuire validità di azione come fermento nascosto per la formazione di una classe politica del do– mani. Dalla rinuncia scettica si salva soltanto immaginando per il suo ideo– logismo una validità postuma che non potrà mai avere. Illuminista già in ri– tardo sogna di apprestarsi a rappresen– tare, con il suo gruppo, « i nuovi illu– ministi del nuovo '89 ». La rivoluzione russa e l'avvento del fascismo sono i due fatti principali at– torno ai quali si polarizza il suo pen– siero. Alla sua coscienza di storico e di « idealista militante » non sfugge lo a~petto positivo della rivoluzione russa, come principio di creazione di un nuo– vo Stato. Ma egli s'illude di salvare la validità futura del liberalismo capovol– gendone direttamente la prospettiva di sviluppo logico e storico. Non più dal libertarismo anarchico alla lotta parti– tica, alla dittatura di parte; ma da que– sta allo Stato libertario. La sua « rivoluzione liberale ha esat– tamente questa prospettiva invertita, in cui ciò che è effetto e derivazione vie– ne presentato come mezzo e come pre– messa. Per cui Lenin diventa un gran– de maestro e un grande costruttore di liberalismo»; e la rivoluzione bolsce– vica indica la strada per cui si realizze– rebbe la rivoluzione liberale, e rappre- senta, di questa, non già una deriva– zione successiva e superatrice, ma una premessa o un momento iniziale; e il comunismo un aspetto precorritore del liberalismo anziché il suo definitivo seppellimento. Ma, malgrado questo capovolgimen– to di visuale, Gobetti è portato fatal– mente dal suo senso storico a ricono– scere la validità del marxismo come esi– to realista dell'idealismo liberale; un riconoscimento d'intuito, al di fuori dell'ideologia, e che si accompagna, nel– la pratica, ad una accettazione piena degli schemi economicisti del materia– li~mo nell'interpretazione della storia. Di fronte al fascismo, che pure rico– nosce come fenomeno latino anzi pret– tamente italiano, egli vuole ormai in– terpretarlo « alla luce di un metodo marxista ». E la sua comprensione del fenomeno rimane tutta in superficie, legata soltanto all'aspetto di « giolitti– smo » deteriore che assume la tattica parlamentare di Mussolini. L'esigenza dell'ordine non rientra nei suoi schemi; e ne fa tutt'uno col pacifismo. Il suo giudizio ideologico si riduce in sostanza ad un lamento sconsolato per il dissol– versi delle forze libertarie. Anche qui il fatto trascende le sue teorie; e la sua reazione è quella dello storico deluso nelle sue aspettative. E b sua intransigenza antifascista è or– mai chiaramente un sentimento assai più che una posizione di pensiero. Tanto che, dalla primitiva opposizio– ne solitaria orgogliosa di distinguersi dalle altre opposizioni, arriva, d'istinto e contro l'ideologia, alle « iniziative po– sitive » per il fronte unico, ·al propo– sito di combattere il fascismo « comun– que e con chiunque ». Ideologia e presenza po litica Ormai la sua ideologia è rimasta staccata dalla sua presenza politica. E' divenuta la sua fede personale che trova giustificazione solo in se stessa, senza riferimenti nella realtà; e senza

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