Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961
entrarono :rapidamente in crisi, le ordi– nazioni si fecero sempre meno frequen– ti mentre i maggiori clienti stranieri preferirono indirizzare le proprie com-· messe verso altri paesi che riuscivano a tenere bassi i costi di produzione. Vi– sto l'aggravarsi della crisi, il governo cercò di con-ere· ai ripari approntando una leggina che doveva poi risultare priva di qualsiasi effetto pratico. Nd luglio del 1959, il Parlamento approvò infine il provvedimento legislativo che, a detta degli incensatori ufficiali, avreb– be dovuto risolvere la crisi: la legge, in sintesi, con lo stanziamento annuo di IO miliardi, imponeva la sostituzione– delle navi demolite con altre, di nuova costruzione. La legge non ebbe però alcun effetto pratico. La sua sostanza era chiara– mente demagogica. In teoria si voleva infatti sostituire ciascuna nave demolita con una nave di nuova costruzione, il che è impossibile con uno stanziamen– to annuo di soli IO miliardi. Inoltre, la sostituzione del tonnellaggio demoli– to non avviene in maniera così sempli– cistica: in determinati periodi convie– ne demolire senza costruire, e viceversa. Non si può, quindi, come la legge pre– tendeva, imporre all'attività marinara schemi rigidamente fissi da seguire an– no per anno. Si ripiegò così sulla legge Tambroni, arricchita di un emenda– mento che ripristinava i contributi pre– visti dalla legge stessa istituendo un re– gime transitorio fino al biennio 1964- 1965, con 14 miliardi all'anno per una media, anche questa annuale, di 400.000 tonnellate di costruzione. L'emendamen. to alla legge e, sopratutto, il ritorno allo spirito originario del provvedimento le– gislativo, non hanno però, almeno fi. nora, portato sensibili schiarite alla si– tuazione. Le maggiori difficoltà dell'in– dustria cantiçristica italiana derivano at– tualmente da un insufficiente regime di credito a favore dei committenti, siano essi italiani o stranieri: Per avere un quadro esatto della si– tuazione cantieristica, basta ricorrere al– le cifre: nonostante la crisi e .\e chiusu– re a getto continuo, i nostri cantieri hanno attualmente una potenzialità di circa 600.000 tonnellate, mentre le ordi– nazioni da eseguire non superano le 100.000 tonnellate. Superfluo aggiun– gere che la crisi dei cantieri e il livello quanto mai basso delle ordinazioni han-• no creato un forte numero di disoccu– pati e di sbandati proprio in un settore, Lo STATO bibliotecaginobianco dove ia mano· d'opera specializzata, in Italia così scarsa, aveva raggiunto una alta quotazione internazionale. La si– tuazione dei traffici marittimi non pre– senta certo aspetti migliori, per la gra– ve eccedenza del cosidetto spazio di sti– va. Detta in altri termini la situazione è questa: dal 1957 ad oggi il traffico marittimo italiano è diminuito in ma– niera sensibile e le navi viaggiano coa carichi. assai ridotti. _Sopratutto il navi- t~ggio di esser di gran lunga più capaci, e di essere quindi più economiche. Infine, non è certo da trascurare il problema dei porti, un problema, cioé, intimamente legato allo sviluppo ed al– b esistenza di una qualsiasi marina. I porti italiani, in gran parte distrutti durante la guerra, e spesso ricostruiti in maniera sommaria, non si sono ade– guati allo straordinario sviluppo tecni– co della marina mercantile mondiale. Finirà così in Sicilia? glio addetto ai carboni ed ai minerali di ferro ha subito una contrazione for– tissima, provocando una sensibile ridu– zione del volume dei carichi secchi. Meno gravi e meno preoccupanti gli aspetti negativi nel settore dei carichi liquidi, dove la contrazione dei traffici è stata contenuta in cifre meno sensibili. Depresso è invece l'andamento dei noli cisternieri. La concorrenza stranie– ra in questo settore pesa ogni giorno di più. All'estero, le flotte cisterna sono state in gran parte rinnovate con criteri di grande modernità, Le cisterne di più recente costruzione (cioé la quasi tota– lità deile flotte concorrenti) hanno un costo di esercizio piuttosto basso, co– munque di gran lunga inferiO'Ie a quello praticato dagli armatori italiani. E' quindi logico che gli industriali stra– nieri si rivolgono direttamente ai no- . stri concorrenti, ottenendo prezzi più bassi, battelli più veloci, forniti di at– trezzature più moderne. Le navi ci– sterna straniere, inoltre, offrono il van- Le attrezzature dei nostri porti .sono per lo più sorpassate, comunque non adeguate alle necessità dei bastimenti di più recente costruzione. I sistemi di ca• rico e di scarico sono superati e, di con– seguenza, le operazioni per il riforni– mento procedono sempre con estrema lentezza. Perfino a Genova, tanto per fare un esempio, la maggior parte delle gru funziona ancora con il sistema delle rotaie (cioè gli apparecchi, come i tram– vai, possono compiere soltanto deter– minati percorsi) mentre nei maggiori porti del mondo si usano ormaì soltanto gru semoventi, montate su appositi· car– relli forniti di ruote. Non manca nem– meno il pericolo nei nostri porti: i fon-. dali sono bassi; insufficienti, di modo che, per talune unità di grande tonnel– laggio, l'attracco costituisce sovente un rischio. La cosa è già stata resa nota da alcuni grandi giornali stranieri e le conseguel).ze che ne derivano a tutte le nostre attività marinare sono facilmente immaginabili. 19
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