Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961
a conoscenza delle possibilità economi– che, degli indirizzi, della politica del- 1' azienda di cui resta unico manovra– tore e despota il proprietario. Dall'altro lato i marxisti intendono il Consiglio di Gestione come organo de– liber-ativo avente gli stessi poteri e le stesse prerogative del rappresentante del capitale sia nell'organizzazione dell'a– zienda come nell'orientamento produt– tivo e nolla destinazione del bilancio, con l'evidente scopo di creare una situazio– ne di contrasto e di diarchia aziendale che porti presto o tardi ad eliminare l'unità di comando operando una vera e propria sostituzione di poteri. La concezione cristiana della società porta invece ad interpretare il Consiglio di Gestione come uno strumento nel quale si operi una leale e ,reciproca collaborazione tra tutti i soggetti del– l'impresa, dal proprietario, al dirigente, all'impiegato, all'operaio, ai fini di un interesse comune. Ed in questo senso sia il sistema dei cosiddetti « Consigli di efficienza » che, pur mantenendo inte• . gra la unità di comando e la responsa– bilità del capo dell'impresa, dov,rebbe– ro essere obbligatoriamente consultati su tutti i problemi riguardanti la vita del– !' azienda ed il suo indirizzo produttivo, sia il sistema di un consiglio paritetico che, sotto la presidenza dell'imprendi– tore deliberi sui provvedimenti da adot– tarsi in merito alle attività tecniche ed economiche dell'impresa, appaiono en– .trrunbi idonei a far si che la parteci– paziom: dei lavoratori alla conduzione dell'azienda non resti nel li.mbo della teorizzazione utopica, ma divenga con– creta ed efficace, pur mantenendo in– tatto il principio insostituibile della pro. prietà, anzi favorendone la sempre mag– giore diffusione. Visione comunitaria Comunque sia, è doveroso far sì che questo primo gradino verso la democra– zia economica sia al più realizzato. E' chiaro che in una moderna società ed in una società che vuole realmente es– sere democratica nella sotanza, l'azien– da e sopratutto la grande impresa, co– stituisce una vera e propria comunità in cui i vari interessi e le varie esigen– ze vanno contemperate; e ciò non sol– tanto nei riflessi interni. Basti pensare . ad esempio che cosa significhi la FIA T per Torino e per 1a stessa economia na– zionale, per constatare l'assurdità e la antisocialità della concezione strettamen- Lo STATO bibliotecaginobianco te privatistica che vorrebbe salvaguarda– to con carattere di assoluta priorità l'interesse del proprietario (e ciò sia detto anche quando il proprietario sia lo Stato). Il bene comune, oltreché la t_utela degli interessi dei lavoratori, è ben al di sopra dell'interesse indivi, duale· perché possa ignorarsi il problema di una conciliazione e di una parteci– pazione diretta delle forze lavoratrici nella conduzione delle aziende, e ciò anche per evitare dannosi indirizzi, abusi e costrizioni particolaristiche che troppo spesso si verificano. Da oggetto a soggetto I lavoratori possono portare alla ge– stione dell'azienda contributi preziosi ed insostituibili di èsperienza, sopratutto nei riflessi di taluni problemi che trop– po spesso vengono malamente risolti, come ad esempio l'orario e la distribu– zione del lavoro, il migliore sfrutta– mento delle attrezzature e dei macchi– nar.i, la fissazione dei cottimi, i piccoli e grandi accorgimenti tecnici e pratici che favoriscono il migliore andamento dell'azienda e la sua produttività, la stessa organizzazione interna; e, affat– to da escludersi, gli stessi indirizzi pro– duttivi, poiché non è lecito pensare ad una massa operaia bruta che non abbia le sue. particolari convinzioni o non scorga pericoli più o meno imma– nenti per il proprio lavoro. Anzi è nel– l'interesse dell'azienda far si che i pro– pri dipendenti siano sempre più consa– pevoli e capaci di interpretare i vru-i fenomeni interessanti la produzione e la vita aziendale proprio per raggiun– gere quella collaborazione che sola può condurre al migliore sfruttamento delle risorse e delle capacità per il bene co– mune. Abbiamo detto infatti e non ci stan– cheremo di ripeterlo, che quando il la– voratore non si sentirà più soltanto og– getto ma soggetto dell'azienda, non un semplice prezzolato ma un comparte– cipe ed un collaboratore, allora soltanto con il superamento delle forzature clas– siste e delle concezioni antitetiche che cristallizzano in una dannosa posizione di contr-asto i rapporti tra capitale e la– voro, sarà possibile raggiungere la mi– gliore eflì_cienzadelle aziende per il bene della collettività, e con essa una sostan– ziale democrazia economica, base fon– damentale e difficilmente eversibile di una democrazia politica. La partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda deve essere consi– derata sotto l'aspetto, unico per noi cristiani, della collaborazione e per– tanto come sistema per migliorare l'effi– cienza dell'azienda stessa nell'interesse comune. Tale presupposto impone l'ob– bligo di opporsi decisamente alla con– cezione di quanti scorgono in essa lo · strumento di lotta, sopratutto politica, tendente ad una sostituzione di poteri. Ovviamente si tratta di assumere una posizione coraggiosa e non sembra che il neutralismo progressivamente affer– matosi nella CISL, che pur avrebbe do. vuto preoccuparsi sopratutto di raffor– zare, rappresentandolo, il pensiero e la ·metodologia sindacale cnstJana, sia idoneo a questo scopo. Né le ACLI, che dovrebbero preparare ed indirizzare le forze del lavoro cristiane, combattute tra l'imperante conformismo politico ed il funzionarismo sindacale, hanno ope– rato _ concretamente in questo senso o quanto meno per dissipare dubbi ed eliminare disorientamenti in materia. Ecco perché in questo campo sino ad oggi poco o nulla è stato fatto e quel poco è stato soggetto a speculazioni po– litiche che hanno danneggiato anziché favorito questo primo naturale processo di realizzazione pratica del principio della collaborazione aziendale e del contrarto di società. I Consigli di Gestione o di fabbrica sono divenuti così strumenti di disturbo e come tali abbandonati, per non aver trovato la forza necessaria, per far nau– fragare le manovre socialcomuniste tendenti a trasformarli in strumenti di lotta di classe e di rivoluzione sociale. Per aver avuto anche paura di esser trascinati a ,imorchio o di esser posti in minoranza, sempre per la incapacità di poter chiarire le idee agli stessi la– voratori e far comprendere l'enorme differenziazione esistente su questo pro– blema, tra la ideologia cristiana e quella marxista. E' tutta un'opera di educazione e di preparazione dei lavoratori cui i diri– genti sindacali cristiani dovrebbero de– dicarsi per accelerare i tempi di una necessaria evoluzione, una azione cioè che operi in profondità e sollevi il la– voratore dallo stato di inferiorità tecni– ca, culturale e sociale in cui sino ad oggi è stato costretto, in modo da poter gradualmente raggiungere l'obbiettivo di una completa ed effettiva collabora– z10ne. 15
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=