Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961
pito essenziale il futuro legislatore do– vrà, pertanto, riportare l'attuale pro– porzione nella sua naturale fisionomia, dando assoluta preminenza al settore delle leggi « codificate», anche con la creazione, se necessario, di nuovi codi– ci, riservando a quello della legislazione ~ speciale > soltanto le leggi che abbiano obiettivamente carattere speciale, tem– poraneo o eccezionale. Il discorso che abbiamo fatto si è reso tanto più necessario in quanto non sembra che il Governo, per le iniziative che finora ha preso, intenda seguire il criterio da noi suggerito. Invero, nella materia che ci interessa, le più rilevanti iniziative governative sono due: quella del disegno di legge n. 1993, presentato alla Camera il 4 febbraio 1960, per la riforma del Codice di Procedura Civile e quella del disegno di legge n. 1018, presentato al Senato il 30 marzo 1960, per la riforma del Codice penale. A questo punto ci sembra lecito un primo fondamentale rilievo. Come mai si è ri– tenuto, dovendosi procedere all'aggior– namento dei cinque codici, di dare la precedenza, nel settore della legislazio– ne civile, al codice di rito e nel settore della legislazione penale al codice di di– ritto sostanziale? Come mai non si è avvertito il pericolo di inasprire in tal modo la già grave disarmonia delle at– tuali legislazioni civili e penali? In al– tre parole: perché, anziché affrontare integralmente il problema della riforma dei codici, si è preferito frazionarlo nel tempo, seguendo ancora una volta il cri– terio disarmonico del « caso per caso > e operando una scelta, che, oltre tutto, è discutibile anche dal punto di vista sistematico? Ma non basta. L'esigenza da noi prospettata di allargare il campo della legislazione codificata e di ridurre al minimo indispensabile quello della legi– slazione speciale, è stata del tutto tra– scurata specialmente in relazione alla legislazione penale. Esistono, invero, in questa dei settori, che dovrebbero essere immessi, per così dire « di pieno dirit– to», nei codici penali sostanziale e for– male. Ci riferiamo alla congerie di nor– me che costituiscono il così detto « di– ritto .penitenziario », a quelle relative alla delinquenza minorile, a queLle re– lative al fenomeno della prostituzione, al commercio delle sostanze stupefa– centi, etc. Dovendosi predisporre la ri– forma del Codice penale, sarebbe stato doveroso inserire tutto questo materiale legislativo nel relativo progetto. AI con– trario, e non riusciamo a comprendere Lo STATO bibliotecaginobianco per quale motivo il Governo ha avallato ancora una volta il criterio del fra– zionamento legislativo e della preferen– za delle leggi speciali rispetto a quelle codificate. Ciò abbiamo appreso dal di– scorso pronunziato alla Camera dei De– putati il 12 ottobre 1960 dal Gua:rdasi– gilli On. Gonella, che ha dichia:rato essere stati dal suo Dicastero conclusi gli studi per la revisione ed integrazione della Legge Merlin e della Legge 22 ottobre 1954 sulla « disciplina della pro– duzione, del commercio e dell'impiego delle sostanze stupefacenti ». Dallo stes– so Onorevole Gonella abbiamo altresì appreso che è intendimento del Go– verno provvedere, con altre leggi par– ticolari, a rendere più efficiente la difesa di ufficio nei procedimenti penali e a riordinare i servizi dei Casellari giu– diziari. Tutto questo ci fa fondatamente te– mere che la riforma dei codici, quando verrà, rappresenterà ancora una volta qualcosa di contingente, di disarmonico e di artificioso. In altre parnle una boc– cata di ossigeno per la nostra legisla– zione, e nient'altro. Ci sia consentito, pertanto, di augu– rarci che l'On. Guardasigilli, del quale è ben nota 1a sensibilità giuridica, vo– glia predisporre, poiché è ancora in tempo, i provvedimenti opportuni. Ci piace, per concludere, citare ancora una volta il discorso da lui pronunziato nel– l'ottobre scorso alla Camera dei De– putati. « In ogni nostro dibattito - egli disse - parliamo e riparliamo di ri– forme dei Codici, quasi di un mito o di uno strumento infallibile che ci per– metterebbe di acquietare le nostre an– sie, una volta per sempre. Sembriamo ignorare che Ia riforma dei Codici va rapportata alla dinamica della storia, al ritmo dell'evoluzione del diritto, nello sforzo di conciìiare la stabiliti delle nor– me e il ioro perfezionamento con il progresso àeila _vita. Pur così aiicna da abbandoni e sianci, e così saldamente ancorata ai vaìori deìla esperienza pra– tica, la nostra epoca non ha saputo re– sistere, neppure nel mondo del diritto, all'ingannevoìe incanto à.i seguire la spinta dei moto inesausto che tutto scompone e ricompone, subendo così la suggestione del mito più inquietante del nostro tempo. Anche ii giurista e il legislatore sembrano adeguarsi a questa misura, quasi inconsci della necessità di riflettere sui cammino compiuto, di for– mulare un bilancio delle risultanze acquisite, preludio per un più consape– voie inserimento nei congegni che muo– vono questa corsa. Bisogna progredire, ma non scompaginare; bisogna adeguar– si ad esigenze certamente nuove, ma senza rinunziare aìie verità eterne e al– le istituzioni consolidate che il passato ci ha trasmesso e che noi abbiamo I.i responsabilità di custodire e rafforzare». Sono parole, queste, sulle quali n- cordiamo perfettamente. In particolare, non possiamo non riconosce.re che il le– gislatore italiano di questo dopoguerra non ha saputo sfuggire all'ingannevole incanto di « seguire la spinta del moto inesausto che tutto scompone e ricom– pone». Ci pare che ormai sia tempo di procedere alia ricomposizione di quel che nella nostra legislazione è stato scomposto nell'ultimo inquieto venten– nio. Occorre fermezza di propositi e se– rietà di intenti. Il problema della rifor– ma dei codici è in primo luogo un pro– blema di sintesi legislativa. (continua) Il trionfo del tecnicismo nelle scuole italiane. B
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