Lo Stato - anno II - n. 10 - 10 aprile 1961

E' in tale atteggiamento critico, di sfi– ducia, che bisogna cercare le ragioni più profonde di quello che, con benevolo eufemismo, è stato definito il « disagio dell'agricoltura italiana ». Del resto, so– lo quando le cause di un fenomeno so– no chiare è possibile approntare i mezzi per dominarlo. Il fatto che le determi– nanti della crisi agricola siano in parte annidate in particolari condizioni sto– riche cristallizzatesi nel tempo, o nella insufficienza delle politiche agrarie pre– cedenti e seguenti l'Unità, c.onferma la urgenza di operare con mezzi eccezio– nali per imprimere al settore fiducia, energia, ritmo economico, impulso suf– ficiente a valorizzare le sue possibilità competitive, in vista del « disarmo do– ganale » della Comunità Europea e del– la espansione dei mercati. Gli ostacoli sono innumerevoli: molte aziende sono tecnicamente arretrate; la carente preparazione professionale degli uomini impegnati nell'agricoltura è ag– gravata dalla ancora alta percentuale di analfabeti; la tradizionale tendenza al– l'individualismo, nelle campagne ita– liane, esaspera la diffidenza verso le v;i– rie forme di cooperazione economica; i giovani, sollecitati dalla suggestione della città e dell'occupazione a reddito fisso, non hanno più nella terra la fede delle generazioni passate; il confronto dei redditi agricoli con quelli degli altri settori è tutt'altro che incoraggiante; gli uomini politici si t"icordano degli agri– coltori e dei contadini nelle vigilie elet– torali, promettendo indiscriminatamen– te, con il logico risultato di _accrescere la delusione, la sfiducia e il malcontento della popolazione rurale. I problemi so– no tanti, e tutti difficili, ma non insu– perabili: si tratta, infatti, di coordinare le misure di carattere economico con una vasta azione politica che agisca come catalizzatore delle energie, che renda vitale, produttiva l'iniziativa individua– le, che eviti la dispersione delle forze migliori impegnate nel settore. Tutto ciò è possibile. Ma alla gente dei campi bisogna parlare con semplici– tà, con simpatia profonda, con chiarez– za coraggiosa. Occorre, quindi, mutare linguaggio, non cedere alle suggestioni della retorica, alla cui efficacia, purtrop– po, non pochi nostri dirigenti credono ancora. Molti, incauti, ritengono che una cordiale stretta di mano e poche parole semplici, « sincere » siano insufficienti a creare un clima di simpatia, e si av– venturano in discorsi labirintici, peno– si, che non convincono più neppure gli ingenui. Nelle campagne elettorali, in- 22 bibliotecaginobianco fatti, molti voti sono dati non perché i discorsi sono stati convincenti, ma per un ricorrente « stato di necessità». La gente dei campi diffida delle parole grosse, delle frasi « sprovviste di signifi– cato » e di coloro che pretendono par– lare di tutto, eccetto che delle questioni agricole, le sole pertinenti in un discor– so rivolto agli agricoltori. E' norma ele– mentare di psicologia, del resto, che per interessare un uomo bisogna parlargli di •ciò che più gli sta a cuore, dei proble– mi a lui familiari e la cui soluzione lo riguarda direttamente. E' vero che anche da noi si è fatto e si sta facendo qualcosa per convincere l'Amministrazione pubblica a istituire speciali uffici incaricati di migliorare i rapporti fra lo Stato e i cittadini, attra– verso una più moderna e dinamica or– ganizzazione pubblicistica. Ma è anche vero che l'Autorità, nei casi in cui ha aderito ai suggerimenti degli specialisti, lo ha fatto in modo singolare: applican– do le tradizionali regole del nepotismo e del clientelismo politico e spendendo male molti quattrini. Risultato: alcuni « esperti » (le cui attitudini ad accumu– lare incarichi sono sorprendenti) hanno presentato ai ministri anemici program– mi verniciati di belle parole e mandato in tipografia qualche pubblicazione in carta patinata, con fotografie a colori che sarebbero la delizia delle tribù con– golesi. In quanto al contenuto, - però, hanno avuto l'accortezza di riprodurre, al posto d'onor~, i disc;orsi del ministro concedente. Iniziative da « bibliofili », quindi, ma non certo originali. L'inefficacia di questo tipo di rela– zioni pubbliche è confermata dal fatto che non ne parla quasi nessuno: i mag– giori interessati, i cittadini, ne sono pressoché all'oscuro. La verità è che le relazioni pubbliche non potranno mai essere un valido incentivo al progresso, se nori saranno adottate in forma orga– nica e sistematica, e applicate da gente capace, convinta della loro importanza in una società democratica. Occorre, in– fatti, operare con « volontà di collabo– razione permanente », come ha detto con telice espressione, ripresa dai cultori di relazioni pubbliche, l'on. Tamhroni. Occorre demolire la fortezza di incom- 1>rensione,innalzata con secoli di carte, dalla burocrazia; agire con energia per abbattere il rigido, quasi insormonta– bile diaframma eretto dalla resistenza passiva di troppi funzionari, perché è qui che le vere relazioni pubbliche tro– vano i loro ostacoli e i loro limiti. Ma sarà difficile liberarsi dalla tela di ragno della sfiducia fino a quando la classe dirigente non muterà linguag– gio, fino a quando ogni dipendente pubblico non sarà disposto a gettare un ponte fra lo Stato e il cittadino. Perché il problema non investe la tecnica, ma gli uomini. La tecnica non potrà mai sostituire l'intelligenza, la sensibilità, la irnmaginazione, la capacità di valutare con sicurezza l'importanza di una in– formazione e di comunicarla con le pa– role più efficaci, perché più vive e pre– cise. Un esperto di relazioni pubbltche dovrebbe avere senso psicologico, attitu– dine a non « affezionarsi » alle parole inutili, tatto, esperienza, conoscenza de– gli uomini e dei problemi di cui si oc– cupa, ma sopratutto umorismo, cioè senso delle proporzioni, qualità rara, della quale abbiamo tanto bisogno. In agricoltura, le relazioni pubbliche, se bene applicate, potrebbero dare risul– tati sorprendenti. Molte cose, nelle cam– pagne, non si fanno perché non si co– noscono. Non basta che il Governo dia facilitazioni, contributi e consigli; biso– gna che un Servizio di Informazione per l'Agricoltura faccia sapere agli inte– ressati che esiste la possibilità di avere facilitazioni, contributi e consigli. La Cassa per il Mezzogiorno, qualche anno fa, ha pubblicato un opuscolo nel quale si illustrano gli incentivi economici e tecnici disposti dallo Stato e dalle Re– gioni siciliana e sarda per l'impianto di stabilimenti industriali nel Meridione e nelle Isole. Nessuna iniziativa del genere _ è stata presa, a quanto risulta, •per l'agricoltura. E' solo u·n esempio, ma se ne potrebbero fare cento altri. L'informazione rappresenta il veicolo più efficace per stimolare l'iniziativa privata e per sfruttare al massimo quel– la pubblica, di-retta·ad allargare la sfera d'azione dei provvedimenti economici. Ma bisogna scegliere bene gli strumenti di comunicazione, studiandone la forza persuasiva. In questo campo, interessan– ti studi, condotti su basi scientifiche, sono stati elaborati in Italia e all'estero per moltiplicare le possibilità di -inter– vento nel formare l'opinione, nel sug– gerire una scelta, nel ridurre i pregiu– dizi e le resistenze dovuti alla impre– parazione professionale o alla ignoran– za. Da noi, per çsempio, si tende a pubblicare costose riviste e si trascu– rano mezzi come le cineteche mobili; si_abbonda negli affissi murali e si tra– scura il « colloquio » con i ct:>ntadini, che, condotto con i mezzi suggeriti dalla pubblicistica moderna, consenti– rebbe non solo di ·rispondere ai quesiti

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