Lo Stato - anno II - n. 9 - 30 marzo 1961

compongono, e in sè stesso, c0me grup· po, è un'entità inesistente, un'astrazio– ne fittizia, un mero flatus vocis. Il do– minio della maggioranza numerica sul– la minoranza e sul singolo non è di conseguenza altro che il dominio di indivièlui su :i.Itri individui, cioè l'anti– ca tirannia degli stadi primitivi della evoluzione umana, della tribù, in cui un individuo viveva sfruttando a suo vantaggio l'attività di uno o più indi– vidui come suoi schiavi personali. In definitiva, un'estrapolazione della leg– ge della giungla, la legge del più for– te, alla vita dei gruppi sociali civiliz– zati. Quale attività più immorale di quest11? Per questo motivo al principio della maggioranza nui:nerica come fonte del– le norme del vivere associato, cioè del giusto e del lecito, in una parola del– l'onesto, occorre con suprema energia contrapporre il principio dell'individuo come il supremo dei valori, al quale la maggioranza numerica non ha di con– seguenza alcun diritto legittimo di im– porre la sua volontà, salvo ovviamente il caso in cui egli dia spontaneamente il suo consenso. In conseguenza di quanto precede perché una Nazione possa dirsi retta a libertà, la sua Costituzione deve com– prendere le due seguenti norme statu– tarie, quanto mai semplici e lineari, e nel contempo inconfutabili : 1) Nessun individuo h:i il diritto di limitare in qualsiasi modo la libertà d: azione, in tutte le sue espressiom, di un altro individuo, a meno che qee– sti non ,accetti liberamente siffatta li– mitazione in base :i un accordo reci– proco di scambio. 2) Nessun gruppo sociale, per quanto numerose esso sia, ha il diritto di limitare in qualsiasi modo la liber– tà di azione, in tutte le sue espressioni, di un altro gruppo sociale, anche se meno numeroso, e di conseguenza del– l'individuo singolo. E' ovvio infatti che il secondo asser– to deriva logicamente dal primo: se nessun individuo ha il diritto di limi– tare la libertà di azione di un altro in– dividuo, a meno che non soccorra lo spontaneo consenso di questi, un siffat– to diritto non può spettare nemmeno al gruppo, poiché questo ricava la sua consistenza, quale gruppo, dagli indi– vidui che lo compongono, ed essendo nullo il diritto del singolo nei riguardi di un altro singolo, nullo è parimenti il diritto del gruppo costituito dalla somma dei singoli (mille zeri, somma– ti insieme, dànno sempre zero). Ne segue il corollario: nulla può imporsi alla volontà dell'individuo che non sia liberamente accettato da esso, o che non sia conseguenza di un prin– cipio liberamente accettato da esso. Ad esempio un individuo il quale, desideroso di vivere in un gruppo as– sociato, abbia accettata la norma secon- Il PSI (alle «sinistre democratiche» italiane) dopo Milano: « Noi tireremo diritto». 10 bibliotecaginobianco do la quale non è lecito ammazzare nè danneggiare alcuno, e ciò abbia fatto :illo scopo di tutelare sè stesso dalla eventuale violenza altrui, non può non accettare la sanzione che colpisce l'omi– cidio, qu;mdo sia egli stes3Oa commet– terlo ai dànni di altri, o la sanzior,e che punisce il sequestro di persc,r~a quando egli ne sia colpevole, comL con– seguenza del principio già accettato di non danneggiare altrui. Ma là dove il consenso dell'indivi– duo manca, in virtù di quale princi– pio si potrebbe legittimamente coar– tare la libertà ad es. di parola, o di stampa, o di propaganda religiosa, che un individuo rivendichi per sè? Egli non ha mai acconsentito ad una leg– ge che violi queste libertà negli altri: nessuno può quindi pretendere di violarle ai suoi dànni. E' questo il regno delle liberU ,nt.i minabili, che costituiscono il patr;t,i• nio del singolo e il dominio concreto delle sue attività. Giova esaminare il problema alla su~ radice. Questa radice si trova nell'ideo– logia del Liberalismo, intimamente contraddittoria. La contraddizione è questa: da un lato il vincolo associativo, in quanto è in funzione del singolo, che liberamen– te accetta di far parte di un gruppo as~ociato, pone la libertà di questi co- me il supremo dei valori, che non am-> _ mette violazioni, per il fatto di essere ; ogni limitazione della libertà l'effetto di uno spontaneo consenso; dall'altr0 lato il criterio della maggioranza met- te la libertà del singolo in balia delle decisioni della maggioranza stessa, che potrebbe legittimamente limitarla in maniera eccessiva o abolirla del tutto. Alcuni teorici credono ovviare a que– sta difficoltà con il dire che l'abolizio– ne delle libertà istituzionali non po– trebbe mai ritenersi giustificata poiché, se nell'attimo della votazione essa deve ritenersi lecita per essere stata consen– tita dai più, subito dopo diventa ille– cita, perché è stato eliminato per sem– pre il controllo sulla permanenza o me– no del consenso della maggioranza. Se– nonché questa considerazione pecca di eccessivo semplicismo astrattistico, e conferma l'idea che i teorici del libe– ralismo siano vittime dei luoghi comu– ni e della magìa delle parole e non tengano i piedi sul terreno della realtà (il che spiega, d'altra parte, le crisi pe– riodiche a cui questa dottrina è andat:i e va incontro nella sua storia). L:. vo– ìontà della maggioranza ha efficacia

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