Lo Stato - anno II - n. 8 - 20 marzo 1961

serà molto tempo, e la produzione ame– ricana sarà in grado di soddisfare le nuove esigenze del suo pubblico men– tre sarà ripristinata, sotto altre forme, ivi comprese le filiali di produzione in loco, la sua espansione sul mercato estero. E veniamo ora alla crisi delle azien– de europee. E' indubbio che molte tra le più grandi industrie atuomobilistiche europee, non appena avuto sentore delle enormi possibilità che venivano offerte dalla simpatia con la quale il pubblico americano osservava le loro vetture, han- lA~À~A~'ft:::: . A, 4.AAe·:'o"s·C/v:tti, • Immediate su auto et autoearrl supe • lut■ndo anohe 1pate<iatt. Massime ra , tJonl, modicità, corrotteua. FINCOT • Statuto 44, Lar,:o Nauareno 19 • , lono n6.30I. . A.A.A.A.A,A.A,A.A.A.A.A. su auto et autocarr Que targate ancll tando, tani modio Colarlenio 30 • 31 zale p la 111 A.A.A, LEC R111n ~entn • - . - Mll ntn 2 11 l'l~.llere - 420.94Z. ' A.A.A.A.A.A.A.A. 81anchlne- A,A. "" gso. rate cent A,A. ermi m1ta Il\(\'; . 9::-l tani. A.A, 1696 A.A. lit>() bi< m, leto A.A pm A.A '"' ,11 290. A.A. \"ti 205 A.A. ~tra A.A, r.na A.A. ~/n "' A.A.A. na, Giu pronta e 1956. 600 195 5111 1955_. Daup _ . no impiantato nuovi stabilimenti e n– dimensionato i ritmi di produzione in rapporto ad una preventivata esportazio– ne in massa verso il nord America. Si– no al 59 tutto è andato per il meglio (da notare che nello stesso periodo la produzione nordamericana ha raggiun– to il più basso livello della sua storia); ma nel 1960 il contraccolpo è stato, per molte aziende, addirittura tragico: la Hillman inglese, ad esempio, ha vi– sto crollare di colpo le sue esportazioni dell'80;~, la Simca del 60%, la DKW •del 30~/,,e via dicendo. La più colpita è stata indubbiamente, oltre l'Inghil– terra, la Francia. Gli oltre tremila li– cenziamenti alla Renault sono un si– gnificativo episodio di questa dramma– tica lotta concorrenziale nella quale. più o meno, sono ormai coinvolte tutte le fabbriche automobilistiche. Ma il « caso » Renault è significativo anche per altri aspetti. Come è noto si tratta, con i suoi centomila e passa dipendenti, di una delle più grandi im- Lo STATO bibliotecaginobianco prese industriali nazionalizzate d'Eu– ropa, sino ad oggi presa ad esempio e conforto da tutti coloro che ancora credono o fingono di credere nel mito socialista della nazionalizzazione. L' er– rata impostazione dei programmi, l'ir– responsabilità dirigenziale, l'incapacità di sostenere il giuoco concorrenziale sul piano interno ed estero, hanno pro– vocato una vera e propria cns1 del grande complesso, le cui conseguenze, more solito, sono state sopportate in pri– mo luogo dagli operai, soggetti alla « sensibilità sociale » della nazionalizza- ,, . .,_,,_ .,, .. ··-· •··-·· come nL moruso - EN 1960 Teletonsr "· CO propr- O tra.ttabl 600 perco 0\1& - V,a come nuo1 e ratdiza· mcccanlcAn tanti. Te!. lbaltablle e pagament semlnuova: a: 1100 '5l la - De pfonto veni 1 ~onsegn, umino pe1 MOB' zione. Di contrapposto, la Germania offre al giudizio obbiettivo il rovescio della medaglia, procedendo alla dena– zionalizzazione delle industrie e m pn– mo luogo della Wolkswagen. Il 15 marzo infatti si è completata l'operazio– ne in base alla quale il capitale aziona– rio di questa grande industria auto– mobilistica è stato concesso in sotto– scrizione ai residenti in Germania che ivi esercitino un lavoro od una profes– sione. Né la Germania è incorsa nello errore di fidare sulle fluttuazioni dei mercati esteri, puntando sopratutto a creare un mercato sano all'interno, su– scettibile del più ampio assorbimento, attraverso la migliore distribuzione del reddito e l'espansione dei consumi. Ba– sti pensare che il 60% circa degli auto– veicoli immatricolati in Germania nel 1960 è risultato proprietà di prestatori d'opera. Dato il rapporto di una auto– vettura per ogni tredici abitanti ancora esistente in questo paese, e considerati i favorevoli sviluppi economici nazionali, è prevedibile che anche quelle fabbriche che hanno subito una leggera flessione in questo periodo, potranno al più pre– ·sto riprendere il loro pieno r:itmo, fi– dando sulla bontà tecnica e costruttiva dei loro prodotti, che man mano vanno imponendosi anche nell'ambito del MEC ip rapporto alle graduali livellazioni doganali. Quale la situazione dell'Italia in que– sto delicato periodo? L'industria auto– mobilistica italiana può praticamente considerarsi monopolio interno della FIA T, poiché ad essa sono collegate direttamente od indirettamente altri complessi produttivi, come ad esempio la OM, il cui trapasso nella gestione FIA T è ormai di vecchia data, l'Auto Bianchi, che è proprietà della FIA T e della Pirelli (quest'ultima legata a filo doppio con il complesso torinese); la Osca, la Siata, la Zagato e via dicendo sono industrie di auto e carrozzerie speciali, in gran parte dipendenti, an– che se a volte soltanto come clienti, dalla FIAT. Grosso modo quindi pos– siamo considerare che circa 1'80% della produzione automobilistica 'italiana è monopolio della FIA T e che comunque Cjuesta dirige ed influenza tutto il set– tore. E' evidente quindi che qualsiasi contraccolpo dovesse subire la FIAT da questa critica situazione internazi.J– nale, si ripercuoterebbe su tutta la no– ,tra produzione del settore e di quelli collegati con la industria dell'auto. Ol– tre a ciò occorre riflettere sul peso che il fatturato FIA T assume nella econo– mia nazionale: i 435 miliardi di fattu– rato nel 1959 ad esempio hanno rap– presentato circa un trentesimo dell'inte– ro r-.:ddito nazionale: ma circa 200 mi– liardi erano rappresentati dall'esporta– z10ne. E' evidente quindi la necessità di una sana politica economica che non si restringa soltanto al settore specifico della produzione automobilistica in sé, ma investa il problema più ampio del nostro sistema sociale e distributivo. La restrizione nelle esportazioni, il re– cente invito della CEE per l'abolizione delle misure protezionistiche doganali, la revisione dei programmi delle stesse aziende del MEC ora in crisi, rende– ranno tra breve quanto mai drammati– ca la lotta per la conquista dei mercati. Non v'è, per la nostra industria auto– mobilistica, che una via d'uscita: il potenziamento del mercato interno, che con il suo rapporto di un vettura per ogni 34 persone, offre ancora notevolis– sime possibilità di assorbimento. 23

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=