Lo Stato - anno II - n. 8 - 20 marzo 1961
tamente, quando ciò gli fà comodo, l'esistenza dei governi che legalmente rappresentano queste masse! Perché dunque l'Occidente non dovrebbe usa– re, o perlomeno tentare di usare, la me-· dcsima tattica dei comunisti? Quando si comprenderà finalmente che il co– munismo va combattuto con le sue stesse armi! Per quanto riguarda la possibile rea– zione dei russi ad un nostro appello di pace, è lecito credere ch,e, se intelli– gentemente avvicinati, essi non manche– rebbero di rispondervi }:>iùche favore– volmente. Tutti ormai sappiamo quale tremendo tributo di sangue e di lacrime è stato versato da quel popolo in soli quarantatrè anni di oppressione sovie– tica: oltre quaranta milioni di morti, e decine di milioni di deportati nei famigerati campi ITL, la cui esistenza in periodo staliniano non osano confu– tare nemmeno i capi odierni del Crem– lino. Soltanto a pensarci ci si sente ar– rossire di vergogna per il nostro mondo che non ha saputo impedire tale im– menso scempio di vite umane. Altro che crimini nazisti, dei quali ancora at– tualmente se ne fa un gran parlare: un Eichman, alla luce delle suddette cifre, non è che un pivello..... il che è tutto direi L'autentico martirio della terra Russa dovrebbe essere sufficiente a riscattare il tradizionale buon nome del suo popolo; e far sì che l'Occidente, nel suo stesso interesse, lo aiuti a ritrn, vare quella via che porta alla libertà • e<l alla vera pace. Non ci si ostini a voler considerare la nazione russa, nel suo insieme, responsabile delle malva– gità della cricca di esseri spregevoli che osano parlare ed agire in suo nome: la Russia, grazie a Dio, non è tutta in quella lurida scarpa sbattuta da Kru– sciov sul tavolo dell'ONU! E poi, do– potutto, l'Occidente si trova col nodo alla gola, sarebbe stupido negarlo, esso non può pertanto per~ettersi di rifiu– tare l'aiuto che può venirgli dai popoli <l'oltrecortina: deve sollecitarlo se vuole salvarsi! Di errori il mondo libero ne ha commessi molti sin dall'avvento del bolscevismo in Russia: dalla politica del « commercio con i cannibali » di Lloyd George agli inauditi accordi di Yalta Lo STATO bibliotecaginobianco e Potsdam, e ad altri più recenti. An– cora vivo è il ricordo della tragedia vissuta dalla Ungheria nel 1956, quan– do le grandi nazioni democratiche as sistettero mute e tremabonde all'orren– do spettacolo del massacro dell'eroico popolo magiaro. In compenso però si trovarono dei russi che diedero una ennesima prova ddla loro avversione al regime sovieti– co combattendo disperatamente a fian co dei ragazzi di Budapest per la cau– sa comune della Libertà. Può sembrare– un assurdo paradosso, ma l'unico popo– lo che ha il diritto di vantarsi di essere accorso, nella misura del possibile, in aiuto dell'Ungheria è proprio quello russo. Il 2 novembre 1956 il cardinale Mindszenty dichiarava alla radio: « I nostri giovani, i nostri soldati, i nostri operai e numerosi soldati russi si sono sollevati contro il regime..... abbiamo molti eroi». Thomas Pasztor, membro del comitato rivoluzionario di Buda– pest aggiungeva: « Tremila soldati e sessanta carri armati sovietici con ,i loro equipaggi sono passati dalla nostra par– te nella sola città di Budapest». ·An– cora pochi mesi or sono G. Solari-Bozzi nel rievocare la Rivoluzione Ungherese sulle colonne de « Il Giornale d'Italia» scriveva queste testuali parole: « Ma quello che doveva essere per il mondo libero un avvertimento e una lezione si ridusse a un certo numero di dema– gogiche dichiarazioni, ad alcuni riti fu. nebri e alla deposizione di corone di fiori in omaggio alle vittime. Tutto quì ..... Tanto che si può perfino affer– mare che la vergogna di cui si coprl ii mondo libero nel non muovere un di– to per la liberazione dell'Ungheria è solo paragonabile a quella di cui si co– prì l'Unione Sovietica nel reprimere con la forza bruta quel tentativo d'insurre– zione. Macché, la vergogna del mondo libero è più abietta ancora, perché, per lo meno, la Russia (voglio dire il popo– lo russo e non i suo tiranni) possono sempre vantarsi che i soli non unghe– resi i quali lottarono per la libertà del– l'Ungheria furono una parte degli stes– si soldati sovietici..... numerose guar– nigioni sovietiche stazionanti a Buda– pest e in alcuni importanti centri ur• bani diventati arena di scontri sangui– nosissimi, ufficiali e soldati sovietici ce– dettero tanks ed armi agli ungheresi t perfino si unirono a loro nella lotta. Altre numerose guarnigioni stazionanti nelle provincie centrali e occidentali pro– clamarnno la loro « neutralità », permet– tendo così ai rivoltosi di organizzarsi meglio... Se le truppe russe non poterono svolgere una funzione decisiva in favo– re del trionfo della rivoluzione unghe– rese, ciò avvenne sia perché gran parte di esse fu rapidamente sostituita con truppe fresche spedite dall'interno del– l'URSS e sia sopratutto perché non fù accordato loro il necessario credito e la necessaria fiducia, mentre esse avreb– bero potuto formare il nucleo di un autentico Esercito della Liberazione ». Questi sono fatti che inducono a cre– dere che il recupero di tutti i popoli <l'oltrecortina sia più che mai possibile, a condizione però che il mondo libero comprenda che esso non ha più il di– ritto di persistere nella politica che regola i suoi rapporti con le repubbli– che sovietiche: un atteggiamento « coe– sistenzialista \ con i tiranni comunisti, che fà chiudere entrambi gh occhi sul– la realtà della sofferenza dei popoli op– pressi, in ossequio alla tanto comoda formula della « non ingerenza negli affari interni di altri stati », equivale ad un autentico tradimento non solo nei confronti delle vittime del comuni– smo internazionale che da noi attendo– no la salvezza, ma anche e sopratutto nei confronti di tutti i popoli ancora liberi che di U:nesperimento comunista non ne vogliono sapere. Siamo all'ulti– mo quarto! Da un momento all'altro dovrà decidersi la sorte della umanità intera: o il comunismo riesce a conqui– stare il mondo, o risorge ovunque la nostra civiltà • cristiana. Auguriamoci dunque che coloro che hanno la supre– ma responsabilità di difendere il nostro mondo dalla barbarie sovietica scatenino una implacabile guerra psicologica che non conosca frontiere e che chiami tutti i popoli della terra ad unirsi fraterna– mente, e ove occorra, ad insorgere in nome della libertà e della dignità del– l'essere umano. EM. G. 11
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