VEDERE, LEGGERE,ASCOLTARE 75 mare tutto intorno, non ha esitato a portarsi via, insieme a legni e sassi, a fogliame e detriti, anche tre persone, s~rappandole da una terra che forse avevano potuto credere amica, se non altro perché risonante di un fragore che non era di bombe fucili granate, ma soltanto fragore di cicale, di uccelli e di cicale. Safet Memetovsk, Sneza Memetovska eMichela Cemay lov erano accampati lì, proprio vicino all'Enza aMontechiarugolo. Erano lì, probabilmente perché oltre ad essere di origine bosniaca erano zingari; e, come si racconta in una fiaba molto bella (La zingara e la caverna, contenuta in Storie efiabe degli zingari, a cura di Diane Tong, Guanda), "agli zingari era proibito accamparsi per la notte vicino alla città, così avevano dovuto piantare le tende a una certa distanza". Anche in questa fiaba "tutto d'un tratto prese a piovere davvero a dirotto", ma la protagonista della storia avrà la fortuna di trovare una caverna in cui abitano i dodici mesi e di ricavarne un dono magico a ricompensa della sua grata serenità nei confronti di ognuno di loro. Safet, Sneza e Michela, invece, incontreranno solo la furia della fanciulla povera impazzita. Michela aveva quattro anni. Quante fiabe avrà sentito, nella sua vita? E quelle che avrà potuto sentire, che colonna sonora avranno avuto? Il battito scomposto del cuore nella fuga o gli spari di Sarajevo? Il silenzio dell'indifferenza universale o l'agghiacciante strofinìodelle penne con cui ancora recentemente trentamila fiorentini hanno dichiarato di esigere, senza sentirsi tremare, la cacciata degli zingari dalla loro opulenta città e dai loro intoccabili affari? Si può forse soltanto sperare che, come scrivevaBertolucci, il "caldo e fiorito silenzio" dell'Enza a Montechiarugolo sia stato ripetutamente "rotto solo da canzonette d'usignoli, / dall'alacre rumore del picchio / e dal lamento solitario e bizzarro I del multicolore uccello del vento", oppure che le cicale siano state davvero innumerevoli, scatenate, assordanti. Ora Michela, non più ritrovata, è nel paradiso degli zingari. In esso, come dice una fiaba degli zingari di Bosnia contenuta nel libro di Diane Tong, "i campi sono vasti e larghi, i cavalli galoppano, ci sono salici, c'è ombra e tutte quelle buone cose di cui abbiamo bisogno". Noi invece siamo qui, e, come diceva Primo Levi, viviamo sicuri nelle nostre tiepide case e troviamo tornando a sera cibo caldo e visi amici. Ma se non vogliamo che i nostri nati torcano il viso da noi, dobbiamo davvero meditare che questo è stato, e mantenerne viva la memoria. Lo dobbiamo tanto più per gli zingati, perché, come diceva Giinther Grass in un articolo pubblicato sul "Corriere della Sera" del 22 febbraio 1993, "non esiste Stato cui possano appellarsi perché sostenga la loro richiesta di risarcimento per Auschwitz. Non hanno alleati. Non sono rappresentati da nessuno. I Rom e i Sinti sono i più miserabili tra i miserabili". Non solo: secondo i risultati di una ricerca dello scorso anno, per i bambini italiani gli zingari sono la raffigurazione tangibile dell'Uomo Nero, quasi nessuno inviterebbe a casa propria un bambino zingaro né lo vorrebbe come compagno di banco. Che vergogna. La vergogna. Ecco, forse, per fare sì che questo agghiacciante Fotodi AlbertoMelis.
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