64 VEDEREL, EGGEREA,SCOLTARE SandroPortellie laRedazionedi "Àcoma" 49° PARALLELO UNARIVISTSAUGLUI SA IncontroconDanielaDaniele È in libreria "Acoma", una nuova rivista quadrimestrale di studi nordamericani diretta da Bruno Cartosio e Sandro Portelli ededitadallaGiunti.Nellaquarta di copertina una breve narrazione allegorica spiega il titolo: Acoma è il pueblo a nord del Messico dovei colonizzatori avevano creduto di trovare una riserva aurea di cui impossessarsi. Tuttavia, i bianchi lì approdati non trovarono oro ma un patrimonio indigeno di voci e tradizioni che snaturarono con la forza delle armi e dello sguardo. Infatti Acoma, come spiega la redazione romana della rivista, è anche un luogo guardato, un luogo dell'immaginario su cui l'Occidente proietta arcani te1TOri,sogni e pregiudizi. Tra materialità storica e immaterialità dell'immaginario coloniale si muove questo periodico nato dall'Università per rivolgersi a un pubblico più vasto di lettori. Come il recente libro di Mario Maffi su quel serbatoio di energie dell'immigrazione che è il Lower East Side di New York (Nel mosaico della città), "Acoma" esordisce in un panorama sociale in grandemutazione, in cui anche nel nostro paese cominciano ad apparire le prime scritture etniche di immigrati. La cultura americana è un processo che ha soggetti molteplici ed è dalla sua periferia, dalle minoranze che "Acoma" intende raccontarla. Nell'editoriale a cura di Bruno Cartosio si legge che l'America siamo noi, che l'America è un po' tutto l'Occidente. Dell'America tutti parlano, la vediamo al cinema, è un luogo centrale. Noi cerchiamo di comunicarla guardandola dall'Italia, da una tradizione che ci consente di vedere cose che gli americani non vedono. Presto ospiteremo un'intervista ad Agostino Lombardo dove si insiste sul fatto che inAmerica un Rinascimento non è mai esistito e questo spiega perché lì non esista la distanza tra oralità e scrittura, tra cultura bassa e cultura alta che c'è da noi. Ci interessa quindi capire come attraverso l'America ci costruiamo anche noi. Per esempio, stiamo pensando a un numero che esplori termini presi in prestito dall'America come "federalismo", "presidenzialismo", "partito leggero" e il modo in cui vengono poi trapiantati nel nostro contesto politico. Questa rivista nasce dall'Università la quale, in una fase di monopolio dell'informazione, tenta di rilanciarsi come luogo di dibattito e di serrato confronto intellettuale. Un simile fermento sta percorrendo gli atenei statunitensi dove infuria il dibattito sulla correttezw politica e sulla ricerca di una prospettiva di ricercà "postcoloniale ". L'Università non è una macchina celibe, è una parte del paese e ha delle responsabilità. Nel preparare la rivista abbiamo voluto salvaguardare la qualità del lavoro universitario, il rigore scientifico, l'accuratezza delle fonti. Ciò non vuol dire che siamo "accademici". Sin dall'inizio ci siamo posti la domanda: perché un non addetto ai lavori potrebbe leggerci? Qualche anno fa abbiamo portato gli scrittori e i musicisti degli Appalachi nel1'Università e adesso ci proponiamo di fare uscire 1'Università nel mondo. Avvicinare il mondo all'Università significa, però, rivedere metodi e linguaggi. Rimettere in discussione rigide metodologie, separazioni disciplinari e recuperare fonti dal basso in grado di rovesciare un prospettiva etnocentrica di cultura. Si pensi, ad esempio, alle nuovefonti storiche oggi adottate per ricostruire la storia coloniale di un popolo come quello americano. Bruno Cartosio cita le autobiografie degli schiavi come una fonte primaria per anni trascurata nello studio degli afro-americani. Se guardiamo anche al modo in cui Mario Maffi ha studiato il Lower East Side, si finisce per porsi una domanda: a quale disciplina appaitiene il genere umano? Una città appartiene alla storia, alla geografia, alla letteratura, e un po' a tutte queste cose. Studiare un luogo significa cercare un'ottica su un frammento di mondo. Allo stesso modo, per studiare le tradizioni popolari si ha bisogno di conoscere bene la linguistica, la st01iaorale, la storia di un luogo; per molti di noi è inevitabile pensare a un'opera letteraria come a un fatto storico. Noi non tentiamo di fare genericamente American studies o studi culturali aggirando gli specialismi. Meglio sarebbe essere padroni di più specialismi. Oppure restare al confine degli specialismi senza cimentarsi necessariamente in forme di eclettismo interdisciplinare.L'ambizione pernoi è un po' questa. Un centro ci vuole: la letteratura o la storia può essere un punto di irradiazione in tutte le direzioni possibili. Il primo numero della rivista include un'intervistaaBercovitch che commenta la crisi del canone. Si va imponendo negli USA uno studio culturale dell'America e non dei singoli scrittori o protagonisti per promuovere una concezione meno elitaria epiù critica degli studi storici e letterari. Si può dire che i vecchi parametri umanistici siano ormai superati nello studio delle culture? Bercovitch sta lavorando a una storia letteraria che sappia aprire delle contraddizioni, che non legittimi categorie critiche rigide e i compartimenti separati ("women's studies", "african studi es") che leggono le donne solo attraverso le donne, i neri solo attraverso i neri. Questo orientamento può valorizzare anche gli elementi di dissidio. "A.coma" vuole riflettere questa inclusività, la possibilità di essere contigui e al tempo stesso diversi. È una rivista che nasce tragente che ha ancora in testa lamilitanza politica, ma questo non significa che vuole essere multiculturalista o alternativa a tutti i costi. Noi vogliamo discutere gli autori del canone. Ne vogliamo parlar.e.Il nostro progetto è parlare della tradizione letteraria a partire da altre istanze. Ci interessa attraversare Henry James dopo aver letto Toni Morrison. Non si può più le~gere il canone allo stessomodo dopo aver studiato lastoria orale. "Acoma" non vuole essere antagonista all'accademia e non può non avere una doppia natura. In questi anni sono cambiati i modi di concepire l'identità etnica. Nel numero con cui esordisce "A coma", Gloria Anzaldùa
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