Alarico Cassé I DUE FANCIULLI Avevo in casa da anni il libro di racconti di AlaricoCassé Il topo Chuchundra(Feltrinelli, 1963)e-succede-nonloavevomailetto. L'avevo trovato a Milano una ventina d'anni fa, su una qualche bancarella del centro, convinto si trattasse di un libro di autore brasiliano o d'altro paese latino-americano anche dalla copertina, una stilizzata foresta di verdi foglie lanceolate di Paul Klee. Era accolto nella collana dei Narratori diretta da Bassani, e questa era, per me, una garanzia. Di recente, cercando un libro nella seconda fila di uno scaffale, mi è ricomparso davanti e, incuriosito, ne ho letto infine il risvolto scritto certamente dal direttore della collana. Se ne arguiva che l'autore era un italiano di cui si diceva che, ritenendo la letteratura un valore in sé, decideva-come oggi non succederebbe mai, forse - di nascondersi dietro uno pseudonimo. Ho letto i racconti del Topo Chuchundra e di alcuni in particolare mi sono entusiasmato. Cassé mi è sembrato un esordiente di genio, legato strettamente al suo tempo (l'Italia del boom, della grande mutazione in atto, dei nuovi ceti e delle nuove morali, de.Ilenuove città e dei nuovi paesaggi) e alle culture che esso esprimeva, tra sperimentazioni e, mettiamo, un Calvino futuro, ché allora Calvino non aveva ancora di questi azzardi. Per di più, con una inedita crudeltà, con una durezza di sguardo assente dalle speranze e illusioni del tempo, anche in letteratura. Ho cercato di sapere qualcosa di più sull'autore. Alla Feltrinelli ho appurato che dietro lo pseudonimo si nascondeva (o almeno era questo il nome di chi aveva firmato il contratto) tale Giuseppina Delle Cese. Dunque Cassé era una donna! La mia curiosità aumentava perché dai racconti non l'avevo sospettato. Ho cercato Roberta Carlotta, un'amica che nel '64 assisteva Bassani nella realizzazione della sua collana (non ho cercato Bassani perché non lo conosco) e mi ha detto di ricordarsi bene dell'autrice, una giovane timida, estranea al mondo romano delle lettere. Il suo manoscritto era di quelli arrivati per posta e ne era stata lei la prima lettrice. Mi ha anche detto che quando uscì era in corso la cacciata di Bassani dalla Fe/trinelli su spinta e volere dell'arrogante Gruppo '63, e probabilmente il libro- pur stampato - non venne mai distribuito. Il povero Cassé è rimasto quindi non diffuso, non letto, non recensito. E sarebbe dunque, il racconto che ho scelto, difatto un "inedito" come tutto il libro. Con un tentativo ulteriore di ricerca ho trovato il numero telefonico di una signora Giuseppina Delle Cese cui ho scritto, e che mi ha chiamato dopo qualche tempo dicendosi molto divertita da tutta la storia, ma per carità!, lei non era quella Giuseppina, non aveva mai scritto niente. La telefonata fu straordinariamente veloce, non sono riuscito a replicare niente, e mi è rimasto il dubbio che la signora mentisse. Tutto questo mi sembra possa autorizzare "Linea d'ombra" a pubblicare a trent'anni di distanza il racconto che segue,fatti salvi i diritti del suo autore o della sua autrice, se si farà vivo o viva. Ho suggerito a un editore di proporre l'intero libro, e spero che qualche studioso o detective-studioso più paziente di me possa ritrovare le tracce dell'autrice o del!' autore diII topoChuchundra e sapere se ha scritto dell'altro. Di esordi così, ne ho conosciuti pochi. (G.F.) L'automobile non andava a velocità eccessiva; pure non sterzò, né tentò di sterzare, né tentò di frenare: ma diritta con tutta precisione piombò sul cane, che se ne veniva attraverso la strada trotterellando e trascinandosi dietro dal collo il suo pezzo di spago pieno di nodi, allegramente zampettando: "Flicò!" gridò disperatamente la sua voce di b.ambino padrone: "Flicò!". E gli passò sopra. "Flicò!" la sua voce bambina gridò di nuovo, rompendo attraverso i cespugli sulla strada e correndo, "Flicò! Flicò!". Dalla pozza densa di sangue prolungata da un lato in una doppia coda di cometa in due righe diritte sanguinose in lontananza evanescenti il cane si sollevò, trascinandosi, come a scuola le mosche uscivano grondanti dall'inchiostro dei calamai e si arrampicavano sul bordo di vetro lente e faticose e strane, diverse da sé medesime che volavano, trascinando dietro di sé una striscia di liquido nero pesante: diverso da se stesso che correva il cane si sollevava e si spingeva, e il liquido denso e rosso lo invischiava e lo afferrava e lo tratteneva, e inutilmente egli cercava di uscirne, protendendo spasmodicamente la testa: "Flicò! Flicò!" gridava il bambino e piangeva, inginocchiato accanto al cane, chinandosi a toccare tremante il cane, ma non sapeva dove: "Flicò!" torcendosi le mani, "Flicò!". E prima il sangue invischiò e fermò la coda ricciuta, che si srotolò e si sciolse, e poi fermò le zampe, che smettendo di battere e di puntarsi si afflosciarono, e poi fermò la schiena, che smise di sussultare e si appiattì, e poi le spalle: e il cane levò l'unica cosa che il sangue vischioso gli lasciasse libera, la testa, con inumani occhi sbarrati guardando il bambino e tremando, e poi l' abbandonò distesa nella pozza, e iI sangue la bagnò, e fermò anche quella. "Flicò !Flicò !"disperatamente gridava e piangeva il bambino, e sollevava la testa del cane, e lo scuoteva, e gli abbracciava tutto il corpo, e cercava di raccoglierlo in braccio; tra le sue braccia dove da vivo entrava tutto, e ora da morto assai più grande e più sparso non entrava più; "Flicò!" e lo trascinava verso il ciglio della strada, e il cane morto trascinava dietro di sé lo spago annodato che s'era tirato dietro da vivo, e lunghi pendagli grommosi e gocciolanti che da vivo non aveva mai avuto, di peli e di pelle e di zampe rotte e staccate, e di budella via via sempre più allungantesi. "Flicò!" singhiozzava di OtToree di disperazione il bambino. Una macchina sopraggiungendo dalla stessa direzione da cui la prima era venuta e non si era fermata si fermò stridendo; dalla direzione opposta operai che venivano lentamente in bicicletta affrettarono il movimento su e giù dei talloni e dei piedi diritti all'infuori: uno sportello sbatté un uomo corse, e afferrò il bambino coperto di sangue per le ascelle cercando di portarlo sul ciglio della strada. Dalle braccia del bambino sollevato l' ammasso di pelo e di zampe rotte sospese per un lembo di pelle e di viscere informi e di cane Flicò scivolò e grondò per terra; e il bambino seguendo il cane gridando e piangendo si divincolò e sgusciò dalle braccia che lo tenevano, come dalle sue il cane
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