56 POESIA SLOVACCA Da sinistraa destra StefanStròzay,Jòn Buzòssy,BranoHochel Fotodi LuciaGardin. In un folle aprile partirono gli anonimi soldati russi, sull'altissimo letto della stanza buona, un po' buia, è rimasto intatto un meraviglioso strumento musicale. È cominciata la pace, il sospiro, le locomotive sovraccariche, i treni affollati, ti hanno posato sulle ginocchia della mamma attraverso un finestrino. Sono tornati anche i nostri, meno felici di quel che crediamo adesso, ed è tornato anche lo zio materno, da un campo di prigionia. Non sono tornati tutti e mancava quasi tutto: fiammiferi, cibo, benzina. I ricordi no. Si divideva tutto e la giustizia nata dalla carestia era affascinante: il sogno dell'eguaglianza, parecchie cose erano gratis e perdevano valore. Le file davanti ai negozi, i tagliandi per gli alimentari, poi a scuola in tuta da ginnastica, i ritratti dei grandi nelle vetrine, striscioni, giornali murali. Mio padre diventò montatore, sempre in giro, a casa solo il sabato sera e la domenica. Le mogli degli impiegati cominciavano pian piano ad andare al lavoro, i vestiti buoni, nei giorni feriali, li sostituivano con i carnici delle pasticcerie. Ma alcune rimanevano casalinghe, pranzavano con il latte, le fedi al dito. Eri convinto che non dovevi possedere e infatti non possedevi niente e ti sentivi libero. Troppo tardi hai notato al posto della proprietà privata indizi di arricchimento personale. Non per tutti, però nessuno stava male. Per disperazione, per abbondanza e per l'indispensabile si sono messi a costruire case e ville: in fin dei conti anche l'arte ha bisogno di lusso ed è l'economia che decide tutto. Ma per te, da quel passato lontano e quasi dimenticato, è rimasto qualcosa che ti condiziona. Devi occuparti dei tuoi ma pensare a tutti. L'obbligo dell'impegno, del dovere. Un operaio non è detto che dovrebbe valere meno degli altri e neanche di più. I suoi figli dovrebbero avere le stesse opportunità degli altri. E così è stato: sono nati nuovi equivoci e nuove amarezze. Nessuno ha più farne né va in giro nudo. Di questo si trattava. Ma anche d'altro. La speranza Tutto quello che è accaduto, inquietante, dimenticato, non poteva forse accadere altrimenti, oppure, in altri casi, poteva magari essere completamente diverso? E anche se ragionare così o analogamente è assurdo, inconsciamente cerchi sempre nuove forme di un'antichissima soluzione. Se poi pensi ai giorni futuri, la stessa cosa la chiamerai - speranza. Sabbia Quello con cui giochi sono castelli di sabbia. L'acqua modificata solo per un attimo tiene insieme: arcate, ponti, porte, finestre appena accennate, marciapiedi. Un pezzette;>di mica simula un po' di vita, una foglia che cade per caso un'ombra sfuggente. Fondamentale è la sabbia. Anche se vi si soffiasse dentro la vita, che mondo sarebbe? Ivan Strpka La Maga in autunno Attraverso la porta aperta aleggiano le ultime ondate di calore perpetuo. La gatta fa le fusa nella quieta luce del sole; obliquo nei suoi occhi il mondo pare non debba aver mai fine. Ecco svelarsi entrate e uscite. Su uno scaffale, sigillato nel vetro, un grammo di radio puro sonnecchia. Stanca della lunga ricerca, con la chioma bianca sullo sfondo della neve di domani - seduta sulla sedia della nonna - Madame Curie accenna a un sorriso e in silenzio brilla.
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