Linea d'ombra - anno XII - n. 97 - ottobre 1994

VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 49 le folle antisemite e fasciste; dall'altra i Picquart, i ScheurerKestner, i Lazare, i Clemenceau, i Jaurès, i Millerand, i Guesde, i Sorel... E il "campo letterario"? E gli scrittori? Questo è il tema d'indagine del saggio di Christophe Charle. Saggio sociologico, nella tradizione della sociologia francese, quella scienza che, in una società "esistente" come quella francese, è in grado di tutto studiare, ordinare e classificare: è per questo che nel Maggio francese gli studenti che volevano sfuggire alla classificazione, al modello univoco, si chiedevano, nel loro truce linguaggio: "Quando l'ultimo dei sociologi sarà stato strangolato con le proprie budella, avremo ancora problemi?". Società e quindi società letteraria, esistente, solida, prestigiosa, autorevole. Al punto che il Charle può affermare: "Non è la logica del campo politico (destra/sinistra) a trasformare il campo letteralio, ma l'opposto: è il campo politico che è stato litrasformato in funzione della logica del campo letterario". Zola e gli scrittoli dreyfusards ( e ci fa piacere trovare da questa parte un bel nutrito numero di sclitto1i che sono rimasti in primo piano nella storia letteraria mentre, nel campo opposto, scrittoli del tutto scomparsi dalla storia letteraria o rimasti in secondo piano) hanno ricreato nell'epoca contemporanea, hanno reso esplicito, hanno storicizzato il dovere dell'impegno dello scrittore, il suo ruolo di intellettuale nei confronti della storia, nei confronti del potere politico (impegno come lo coniò e intese Sartre, non nel modo inteso e preteso dal campo politico). Da allora, non è stato più possibile, per lo scrittore, ignorare il proprio ruolo di intellettuale se non a rischio dell'accusa di complicità e di collaborazione col potere che perpetra ingiustizie e delitti. Com'è successo, per esempio, in Italia sottoil regime fascista. Scrittori che si dichiaravano afascisti riempi vano le terze pagine dei giornali con i loro "elzeviri", chiudendo gli occhi sulla realtà o fingendo ignoranza, alienandosi dietro le vuote squisitezze della "prosa d'arte". La loro Ronda poi, nella realtà connivente e collaborazionista, non risultava diversa dalle ronde notturne dei fascisti che distribuivano terrore e morte. Ma l'Italia ... "In un paese nel quale non esiste una società, è difficile che nasca una società letteraria" afferma Moravia. E gli scrittori italiani, i letterati, considerati da sempre dal potere superflui o esornativi, hanno da sempre stabilito col potere stesso un patto di silenziosa servitù e di connivenza per riceverne protezione ed emolumenti. Solo pochi scrittori, solo sclittori isolati, "non protetti", hanno sentito il dovere morale di parlare, di battersi per la verità e la giustizia. Sotto il regime fascista e sotto altri regimi, per l' affaire Matteotti o per l' affaire Moro. Pasolini, fra gli ultimi, è stato uno di questi: da poeta s'era fatto intellettuale, polemista, lanciando dalle prime pagine dei giornali i suoij' accuse, processando il Palazzo per farsi processare, ricorrendo al paradosso e alla satira swiftiana per combattere il potere e il conformismo imposto dal potere. E Leonardo Sciascia. Scrittori isolati. Un saggio sociologico, quindi, come questo di Charle, sullo schieramento degli scrittori italiani nell'affaire Moro (trattare o non trattare) sarebbe impossibile o superfluo. Ma in Francia o in Italia, Dreyfus o Moro, Zola o Pasolini o Sciascia, un dato che la sociologia non può rilevare, appartenendo esso ali' ordine, diciamo, interno dello scrittore, è che il dolore della lacerazione fra le due scritture, i colpi subiti per i contrasti, non c'è &chieramentopolitico o letterario che possa alleviarli. Lo scrittore, allora, era e rimane solo. Quando Zola affermava reiteratamente "sono uno scrittore libero", "sono uno scrittore solo", affermava. O solo perché libero. PROLETARIATOESOCIALISMO RICORDODISTEFANOMERLI MarcelloFlores Stefano Merli, come altri sto1ici della sua generazione, è stato insieme più cose: studioso, insegnante, polemista, militante politico. Non so quale, tra questi, gli fosse l'aspetto più caro, quello in cui più s'identificava e a cui più teneva: probabilmente ognuno di essi, in una fase diversa della sua vita. La stessa scelta del suo oggetto di studio-il movimento operaio e quello socialista - sembrava spingere quasi inesorabilmente a un intreccio tra il rigore della ricerca e la passione dell'impegno, la pazienza del lintracciare i documenti e quella del trasmettere ai più giovani i risultati del proprio lavoro. Merli ha cercato con tenacia, dai suoi esordi fino agli ultimi mesi della sua vita, di rintracciare nella storia del movimento socialista il "filo rosso" della strada dell'emàncipazione della classe operaia, dell'alternati va al capitalismo, della progettazione di una società dove eguaglianza e giustizia sociale costituissero valori irrinunciabili e princìpi non solo enunciati. Questa ricerca e questa tenacia lo hanno spinto a individuare, in momenti diversi della sua vita di studioso e militante, personaggi-chiave della storia del socialismo da ergere a simbolo di questo bisogno di coerenza; personaggi su cui Merli ha insistito anche sul piano storiografico, contribuendo non poco alla loro conoscenza e alla individuazione del loro ruolo e della loeo statura politica. Non tutti, certo, sono rimasti convinti da un percorso che da Morandi è giunto a Panzieri e poi a Faravelli e Si Ione. Ma al di là del giudizio che ognuno può dare delle "predilezioni" di Merli per alcuni protagonisti del socialismo italiano, del loro peso storico e del loro spessore teorico, del ruolo da essi svolto nella storia d'Italia e in quella, più ridotta ma altrettanto importante, del movimento operaio, credo sia importante sottolineare un aspetto del percorso di Merli. Un momento costante della sua ricerca, una guida o una fissazione, oppure entrambe, è stato quello di individuare e valorizzare "l'autonomia socialista". Con questa idea Merli intendeva quella realtà (teorica e pratica, organizzativa e politica, ideologica e ideale) estranea alla tradizione comunista e terzintemazionalista ma non per questo compromessa col capitalismo e la società borghese. Che in questa ricerca vi fosse un elemento di soggettivismo molto accentuato, e che essa fosse venata, di volta in volta, da

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