Linea d'ombra - anno XII - n. 97 - ottobre 1994

verismo), uscito fuori dalla sua condizione, di scrittore, divenuto "politico", Zola, in quei suoi interventi, ricorre alla scrittura posseduta dalla "storia", adottandone tutti i toni: si fa cronista, tribuno, predicatore, profeta, forense - tecnico, persino: nel J' accuse denuncia nominativamente gli accusatori di Dreyfus per attirarsi l'imputazione di diffamazione e far aprire così un nuovo processo, far trasferire l' affaire dalla giurisdizione militare a quella civile. Ma ci sta, dentro quella scrittura, come a disagio, a disagio fuori dal suo stile, fuori dalla sua condizione di scrittore. Ma ci sta. Un superiore dovere morale lo obbliga, il dovere verso la storia per la difesa della verità e della giustizia. Obbligo immediato e non mediato attraverso l'altra scrittura, il romanzo. Questo il dramma di Zola. Il dramma del primo scrittore dell'epoca contemporanea di fronte alla storia, di fronte al potere. E, con Zola, degli altri scrittoti del "campo letterario" che si schierano con lui, che divengono dreyfusards. C'è allora, nei passi di Zola che abbiamo sopra riportato, da una parte il suo orgoglio di scrittore, l'orgoglio del suo lavoro, la consapevolezza del suo valore, della sua autorevolezza, ma c'è anche, dall'altra, come una sorta di nostalgia, di rimpianto della sua condizione di scrittore e il deside1io di ritornare ad esserlo, essere, col romanzo, mediamente "storico", mediamente "politico", ma essere anche "altro". Ed è per questa mediazione e per questo "altro" che lo scrittore che si fa intellettuale suscita diffidenza anche nei temporanei suoi alleati, nei professionisti della politica, stabilisce anche con essi un rapporto drammatico che riflette quello tra la tensione verso l'assoluto e la tensione verso il relativo, tra la lealtà e la strategia. "Rammento ancora le parole arnmirevoli di Guesde, quando uscì la lettera di Zola. I nostri camerati moderati affermavano: Ma Zola non è socialista, Zola è uno scrittore borghese. Volete portare il partito socialista sulla scia di uno scrittore borghese? In quel momento Guesde, come se soffocasse a sentire siffatto linguaggio, spalancò la finestra della sala dove deliberavamo, dicendo: 'La lettera di Zola è il più grande atto rivoluzionario del secolo"'. Così racconta Jaurès. Ma più tardi Sorel, criticando la seconda fase dell' affaire, che aveva reso possibile "un funzionamento passabile del regime parlamentare", non esita a concludere: "Zola è stato l'uomo rappresentativo della buffoneria di quei tempi". E qui il discorso, il dramma, si allargherebbe, su letteratura e politica, su letteratura e/o rivoluzione. Ma torniamo ali' affaire. Zola e I' affaire Drey:fus, gli scrittori e l' affaire Dreyfus. Quell' affaire Drey:fus che sconvolse la Francia per più di un decennio e ancora dopo, che ne cambierà il volto, ne rivelerà il marcio, che obbligherà i francesi a conoscersi, a sapere chi sono. Quell' affaire Drey:fus che diverrà I' Affaire: della Francia, del l'Europa, del mondo ci vile contemporaneo. L'affare dell'uguaglianza, della libertà e della giustizia, l'affare del fanatismo e della ragione, della menzogna e della verità, del fascismo e della democrazia. L' innocenteAlfred Dreyfus, mandato all'isola del Diavolo, diviene allora l'angelo annunziatore dei primi sinistri bagliori di quel grande incendio che nel secolo nuovo che di lì a poco si affaccia scoppierà inEuropa e nel mondo, I' annunziatore delle follie e dei massacri. Un fatto enorme, quello di Dreyfus, uno schema, un copione che, nel suo svolgersi, nei suoi protagonisti, nelle sue comparse, nel coinvolgimento e nelle reazioni degli spettatori, si è ripetuto, si ripete e si ripeterà di qua e di là nel mondo. Fatto enorme (la cui storiografia, come dice il Charle, l'autore di questo saggio, ogni anno, da allora, "porta il suo lotto di opere ... senza che mai si an·ivi al fondo dell' affaire": e ancora nell'agosto del 1978 sono uscite, presso Grasset, le mem01ie di Mathieu Dreyfus, il fratello di Alfred, uno dei maggiori protagonisti della battaglia dreyfusarda) che non poteva che succedere in Francia, allora, sul finire del XIX secolo, non poteva deflagrare se non per opera di uno scrittore francese, non poteva non impegnare gli scrittori francesi. Era quella la Francia che aveva attirato dalla linea del Reno gli ebrei che a Parigi s'erano impossessati delle banche e dell'alta finanza, ebrei che si chiamavano Rothschild, Fould, Cahen d' Anvers, Hottlinger, Erlanger, Pereire ...LaFranciadegli ingegneri usciti dall'Eco/e Polytechnique, sansimoniani, simboleggiati tutti nella figura di Ferdinand de Lesseps, credenti solo nella tecnica e nello stato liberale come una grande industria dove c'è posto per tutti. La Francia dell'enorme sviluppo delle ferrovie, delle compagnie marittime e delle miniere uscita salva dalla guerra contro la Prussia e dalla Comune per merito di questa Terza Repubblica industriale e capitalistica che si avviava a celebrare il suo trionfo con l'Esposizione Universale del 1900. Ma era anche la Francia dei nostalgici della monarchia, dei nazionalisti, dei clericali, della nobiltà e della vecchia alta borghesia, della magistratura e di un esercito che, non avendo digerito la sconfitta di Sédan ("l'horrible cri de la débacle: I trahis! nous sommes trahis!" diceva una canzone del tempo) cercava una rivalsa, un'occasione per ristabilire la propria autorità. E nel contempo, anche se la Comune di Parigi si rivelò fatta più nello spirito di Danton che in quello di Lenin, nello spirito di un patriottismo repubblicano, il socialismo, operaistico, internazionalista, anticle1icale e antimilitarista, libertario e anarchico, si diffondeva. Allo Stato Maggiore, al generale Mercier, al colonnello Sandherr, capo dell'ufficio di statistica - leggasi controspionaggio - all'ineffabile maggiore du Paty de Clam, suo collaboratore, la prova del "tradimento" gliela fornisce il maggiore Henry con quel bordereau scritto dal maggiore Hesterhazy, nobile, squattrinato e dissoluto, e immediatamente attribuito all'oscuro, insignificante, ebreo alsaziano, al diligente e "antipatico" capitano Alfred Dreyfus. Così comincia l' affaire, dai cornets che madame Bastian, la donna delle pulizie alla ambasciata tedesca di Parigi, confeziona con i pezzetti di carta finiti nel cestino sotto la scrivania dell'addetto militare colonnello von Schwartskoppen. Ma non è l' affaire a spaccare in due la Francia, è l' affaire che neri vela la spaccatura già esistente. E allora: da una parte sorgono i Drumont, i Rochefort, i Barrès, iMaurras, i Déroulède, le leghe nazionaliste, gli studenti e

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