Linea d'ombra - anno XII - n. 97 - ottobre 1994

·,, ~ ·~..- VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 45 ' ' NECESSITAEIMPOSSIBILITA DELL'ESPERIENZA RELIGIOSA SECONDOSIMONEWEIL AlfonsoBerardinelli In alcuni momenti, superficialmente, la Lettera a un religioso potrebbe sembrare un atto di umile e dubbiosa autoesclusione della Weil dalla Chiesa. In sostanza si tratta piuttosto di un'implacabile requisitoria: 1) contro la Chiesa, 2) contro ogni chiesa in quanto mescolanza di verità e potere (ortodossia), 3) contro l'idolatria e il "nazionalismo inestirpabile" degli Ebrei, e infine 4) contro lo stesso Cristianesimo, al quale ali 'inizio laWeil dice di appartenere per vocazione ("la mia vocazione è di essere cristiana fuori della Chiesa"). Il Cristianesimo viene infatti subito mescolato e connesso con tutte le altre culture religiose: tende quindi a dissolversi, a proiettarsi in una pluralità di rispecchiamenti e traduzioni possibili in altri termini concettuali, simbolici, mitici. La connessione viene per lo più compiuta in forma cauta e dubitativa. Per esempio: "Alcuni popoli (India, Egitto, Cina, Grecia) hanno forse posseduto delle Scritture rivelate allo stesso titolo che le Scritture giudeo-cristiane". Oppure: "Non si può dire con certezza che il Verbo non abbia avuto incarnazioni anteriori a Gesù, e che Osiride in Egitto, Krishna in India non siano stati tali". Eccetera. Ma in uncrescendo di associazioni e di analogie sempre meno caute: "La storia di Prometeo è la storia stessa del Cristo proiettata nell'eterno. Vi manca solo la localizzazione nel tempo e nello spazio. La mitologia greca è piena di profezie. Così pure i racconti del folklore europeo, quelli che chiamiamo fiabe". La necessità di congiungere il Cristianesimo con altre tradizioni e culture religiose diventa essenziale per la Weil. Si tratta infatti di rimediare (tardi! È forse proprio qui il problema ...) ad una scissione intollerabile di tutta la cultura europea moderna, o cristiana: "L'estrema importanza attuale di questo problema è dovuta ali' urgenza di porre rimedio al divorzio che esiste da venti secoli e si fa sempre più grave tra la civiltà profana e la spiritualità nei paesi cristiani. La nostra civiltà non deve niente a Israele e ben poco al cristianesimo; essa deve quasi tutto all'antichità precristiana (Germani, Drùidi, Roma, Grecia, Egeo-Cretesi, Fenici, Egiziani, Babilonesi ...). Finché questa antichità e il cristianesimo resteranno impermeabili l'una a]l'altro, lo saranno anche la nostra vita profana e la nostra vita spirituale. Perché il cristianesimo s'incarni veramente, perché l'ispirazione cristiana impregni interamente la vita, bisogna innanzitutto riconoscere che storicamente la nostra civiltà profana procede da una ispirazione religiosa che, benché cronologicamente precristiana, era cristiana nella sua essenza". Questo mi sembra un passo centrale della lettera. Qui il ,. cristianesimo viene enormemente esaltato e dilatato (tutte le religioni sono "in essenza" cristianesimo) fino a diventare sinonimo di spiritualità, o di ispirazione religiosa, o di verità circa Dio come Bene. D'altro lato, però, il cristianesimo viene dissolto e negato in quanto tradizione specifica. Per diventare vero deve uscire da se stesso, deve uscire dal suo isolamento. Deve morire come dottrina e rinascere come verità. La verità religiosa, e quindi anche la verità cristiana, coincide con una verità profonda in cui tutte le culture religiose comunicano. Come dicevo all'inizio, perciò, la Weil non solo si tiene fuori dalla Chiesa, ma nega la legittimità della sua esistenza. Ne fa un tramite e una perpetuazione organizzata di un errore originario da cui sono nati innumerevoli "frutti cattivi". In termini storici, d'altra parte, Chiesa e Cristianesimo finiscono per essere la stessa cosa: e lo stesso Cristianesimo, visto in questa luce, appare del tutto negativamente, come "frutto cattivo" esso stesso, nato da un fraintendimento della parola di Cristo da parte dei suoi discepoli. In questo senso, il Cristianesimo non avrebbe dovuto neppure nascere, perché come religione isolata dalle altre e precedenti credenze religiose esso è essenzialmente un errore. Da un lato, perciò, la Weil ci presenta un Cristianesimo in quanto sinonimo di verità spirituale transreligiosa, e dall'altro ce lo mostra come un errore originario da correggere attraverso una sua auspicabile incarnazione-eliminazione: come il seme che deve morire per dare il suo frutto. E qui si arriva ad un ulteriore "a fondo" critico che mette in discussione l'intera storia europea e occidentale. È infatti la nascita del Cristianesimo che sradica l'Europa dalla sua storia e cultura precedenti. La nascita del Cristianesimo è la sciagura europea che l'Europa avrebbe per secoli attivamente esportato come un tremendo contagio in tutto il mondo: sradicando cristianamente e colonialisticamente, a sua volta, innumerevoli altri popoli: "L'albero è giudicato dai suoi frutti. La Chiesa ha portato troppi frutti cattivi perché non ci sia stato un errore ali' inizio". L'Europa è stata sradicata spiritualmente, tagliata via da quella antichità in cui tutti gli elementi della nostra civiltà hanno la loro origine; e a sua volta essa ha sradicato gli altri continenti a partire dal XVI secolo. (...) Lo zelo dei missionari non ha cristianizzato l' Africa, l'Asia e l'Oceania, ma ha messo queste terre sotto il dorn in i o Disegnodi TullioPericoli(da Ritrattiarbitrari, Einaudi1990).

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