36 STORIE/ NOSAKA "Dove ti fa male? Dovremmo chiamare il dottore e dirgli di farti un'iniezione, sai", lo stesso tono della mamma. Con l'arrivo dell'agosto ogni giorno si ripetevano gli attacchi di aerei trasportati sulle navi e Seita usciva a fare razzie dopo aver atteso il segnale d'allarme, approfittando dei momenti in cui tutti gli abitanti della zona si raccoglievano nei rifugi, terrorizzati dalle sventagliate di proiettili che piombavano sulle loro teste mentre ancora il bagliore degli aerei sembrava lontano nel cielo estivo, entrava nelle cucine attraverso la porta spalancata e afferrava tutto quello che gli capitava a tiro, nella notte del 5 agosto il centro di Nishinomiya fu incendiato e anche la tranquilla zona di Manchitani fu tutta in subbuglio, ma per Seita era quello il momento di mettersi al lavoro, in mezzo alla confusione di suoni terrificanti dove si mescolava anche il fragore delle bombe, si aggirava di nascosto nei quartieri deserti, del tutto simili a quelli che aveva visto il 5 luglio, afferrava i kimono che avrebbe barattato con il riso, gli zaini abbandonati, e tutto ciò che non poteva portare con sé lo nascondeva sotto le lastre di pietra della fognatura attento a spazzarne via le scintille, rannicchiato in un angolo per evitare la valanga di gente in fuga alzava gli occhi verso il cielo notturno dove iB29 rasentando il fumo degli incendi si dirigevano verso la montagna o avanzavano verso il mare, ma niente paura ormai, gli veniva quasi voglia di agitare una mano e lanciare un grido di saluto. In quella confusione chissà, forse aveva scelto un bel kimono adatto per uno scambio, la mattina dopo non trovando nulla per avvolgere l'elegante veste da cerimonia, se la infilò fra la camicia e i calzoni, mentre camminava gli scivolava da tutte le parti e reggendola con le due mani, del tutto simile a una grossa ranocchia, si mise in cerca di una fattoria, ma si prevedeva che quell'anno il raccolto sarebbe stato scarso, i contadini erano sempre più restii a cedere il loro riso, certo non era il caso di restare nei dintorni, doveva cercare più lontano fino a Nishinomiya Kitaguchi, dove i buchi delle bombe si allineavano lungo i campi irrigati e infine a Nikawa, tutto quello che poté ottenere fu pomodori, baccelli di soia, fagiolini. Setsuko era tormentata dalla diarrea, una metà del suo corpo appariva di un bianco quasi trasparente, l'altra era devastata dalla scabbia, quando la lavava con l'acqua di mare piangeva per il dolore. La portò dal dottore davanti alla stazione di Shukugawa, che si limitò a dire: "Ha bisogno di nutrimento", per dovere le appoggiò lo stetoscopio al petto senza neppure prescrivere una medicina, nutrimento voleva dire carne bianca di pesce, rosso d'uovo, burro, forse vitamine, un tempo quando tornava a casa da scuola trovava nella cassetta della posta il cioccolato fatto a Shanghai che il padre gli aveva spedito, quando aveva mal di stomaco poteva bere il succo di una mela spremuta, sembrava tutto così lontano, ma solo fino a due anni prima anzi solo due mesi prima avevano di tutto, la mamma faceva bollire una pesca nello zucchero e apriva scatolette di polpa di granchio, e poi la marmellata di fagioli rossi che lui aveva rifiutato perché non gli piacevano i dolci, la scatola della colazione di riso cinese preparata il giorno della Cooperazione per lo Sviluppo dell'Asia, che aveva buttato via perché puzzava, l'insipido pasto vegetariano del tempio Manpuku a Obakusan, i grossi gnocchi che la prima volta non era riuscito neppure a mandare giù, dio mio, era tutto un sogno. Setsuko non aveva più la forza di reggere nemmeno la bambola da cui non si staccava mai, che teneva fra le braccia e che mentre camminava le ciondolava al fianco, anzi sembrava che le braccia e le gambe sporche di nero della bambola fossero più rotonde delle sue, seduto con lei sull'argine dello Shukugawa Seita notò un tale che accanto a un carretto pieno di blocchi di ghiaccio, li tagliava con una sega, ne raccolse qualche frammento caduto e lo accostò alle labbra della bimba. "Hai fame?" "Umh" "Cosa vorresti?" "Tenpura e poi otsukuri e poi tokoroten IO", molto tempo prima avevano in casa un cane di nome Beli e Seita che odiava il tenpura gli gettava di nascosto la sua porzione, "Niente altro?" parlare di quello che si voleva mangiare, anche solo ricordare i sapori era meglio di niente, il sukiyaki 11 di pesce che avevano preso da Maruman dopo essere stati a teatro a D6tombori, un solo uovo a testa, ma la mamma gli aveva ceduto il suo, i piatti cinesi del mercato nero del quartiere, c'era andato con il padre, e osservando i filamenti delle patate cotte nella gelatina di riso aveva chiesto se erano andate a male, facendo ridere tutti, le caramelle scure che una volta aveva rubacchiato dal pacco regalo per i soldati, aveva preso di nascosto anche il latte in polvere di Setsuko e una volta in pasticceria della canne Ila, e poi quella volta che durante una gita scolastica aveva diviso una mela con un compagno più povero che aveva solo caramelle al limone della Glico, e mentre pensava ricordò già, è vero, Setsuko ha bisogno di nutrimento, esasperato la prese di nuovo in braccio e fece ritorno al rifugio. Guardando Setsuko che stesa al suolo con la bambola tra le braccia sembrava sonnecchiare, si chiedeva se non fosse possibile ferirsi un dito per offrirle il suo sangue, anzi non gli sarebbe importato molto di tagliarsi un intero dito, chissà se poteva farle mangiare la sua carne, "Non ti danno fastidio i capelli, Setsuko?", solo i capelli lunghi e folti sembravano pieni di vita, la fece sedere e glieli divise in tre trecce mentre le dita gli si riempivano di pidocchi, "Grazie" i capelli ravviati facevano risaltare ancora di più i suoi occhi infossati. Qualcosa doveva passarle per la mente perché raccolse tre sassi che aveva a portata di mano "Seita, è pronto" "Cosa?" "Il pranzo, vuoi anche un po' di tè?" poi tutta allegra ali' improvviso: "Ho preparato anche del tofu 12, ne vuoi?" come se giocasse alle signore allineava sassi e zolle di terra "Serviti, non vuoi mangiare?". A mezzogiorno del 22 agosto, quando Seita tornò al rifugio dopo aver fatto il bagno nella riserva d'acqua, Setsuko era morta. Ridotta ormai a pelle e ossa, negli ultimi due o tre giorni non aveva avuto neppure la forza di parlare, se una grossa formica le si arrampicava sul viso non riusciva a scacciarla, soltanto di notte i suoi occhi sembravano seguire il volo delle lucciole "Salgono, scendono, ah, si fermano" mormorava, quando una settimana prima Seita aveva sentito dire che la guerra era perduta aveva gridato d'istinto: "E la flotta unita?" e un vecchietto che gli stava a fianco aveva risposto ben sicuro di ciò che affermava: "È affondata un sacco di tempo fa, non si è salvata neppure una nave", allora anche l'incrociatore di papà è affondato? cammminando guardava la fotografia ormai accartocciata che era diventata quasi parte di lui stesso, "Anche il papà è morto, anche il papà è morto", la realtà di questa morte gli pareva molto più tangibile che nel caso della madre, non aveva più senso ripetersi che lui e Setsuko dovevano continuare a vivere, ormai nulla importava più. Tuttavia solo per Setsuko aveva continuato a girare qua e là, con in tasca le banconote da dieci yen che aveva prelevato dal deposito in banca, ogni tanto gli capitava di trovare un pollo per 150 yen, il riso era rincarato di colpo, uno sho costava 40 yen, aveva provato a darlo a Setsuko ma non era più in grado di inghiottirlo.
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