26 STORIEDI GUERRA Nosaka Akiyuki LA TOMBA DELLELUCCIOLE a curadi MariaTeresaOrsi Nosaka Akiyuki è nato a Kamakura, m,adopo la mo1te della madre è stato adottato da parenti e ha trascorso l'infanzia a Kobe; qui ha conosciuto l'esperienza della guerra, dei bombardamenti. delle macerie e del mercato nero, che sarebbero stati, secondo le sue stesse parole "gli unici maestri della sua carriera letteraria". Subito dopo la fine della guerra si è trasferito a Tokyo dove, dopo un breve periodo di vita vagabonda e piccoli furti che lo hanno portato anche a essere rinchiuso in una casa di correzione per minori, è ritornato a far parte della famiglia d'origine. Nel 1950 si è iscritto al corso di francese dell'Università Wasedadi Tokyo, interrompendo gli studi due anni dopo per dedicarsi a una serie di lavori disparati, prima di entrare alla televisione come autore di spot pubblicitari, scenette comiche, canzoni per bambini e curatore di spettacoli musicali. Nel 1963 ha pubblicato Erogotoshitachi (I maestri dell'eros), un romanzo spregiudicato e ironico, drammatico sotto l'apparente frivolezza dell' impianto. Tradotto in americano nel 1968, / maestri dell'eros ha determinato il suo successo come scrittore, confermato in seguito dalla pubblicazione di Hotaru no haka (La tomba delle lucciole),America hijiki (Le alghe americane) nel 1968 eMayonakanoMaria (Maria della notte) nel 1969. Scrittore originale non solo per la scarsa convenzionalità dei suoi soggetti, ma anche per il linguaggio formato da frasi lunghissime prive di punteggiatura, le uniche a suo dire che gli permettano di esprimere al meglio la confusione dei suoi pensieri, Nosaka è inoltre diventato famoso come cantante (creandosi un' immagine inconfondibile a base di abiti bianchi e spessi occhiali da sole), ha tentato senza successo la carriera politica candidandosi alle elezioni per la camera alta ed è stato inoltre coinvolto nel corso degli anni Settanta in un lungo processo per oscenità dopo la pubblicazione, in una rivista da lui diretta, di un breve racconto attribuito allo scrittore Nagai Kafil (1879-1959). Sedeva per terra a gambe tese, appoggiando la schiena curva al pilastro di cemento che aveva ormai perso parte delle sue piastrelle decorative, dentro la stazione della linea extraurbana di Sannomiya dal lato della spiaggia, e benché non si lavasse quasi da un mese e il viso fosse bruciato dai raggi del sole, le guance di Seita apparivano pallide ed emaciate, di notte guardava controluce le sagome degli uomini che seduti attorno ai falò come pirati si lanciavano insulti a gran voce pieni di arroganza e al mattino le studentesse dirette verso la scuola come se nulla fosse mai accaduto, le divise kaki e i fagotti bianchi della Prima Scuola Media di Kobe, gli zaini della media comunale, e poi la Ken'ichi, Shinwa, Shòin, Yamate, benché tutte indossasero pantaloni di cotone, poteva distinguerle dalla forma del colletto delle bluse alla marinara, la folla incessantemente gli passava accanto, senza accorgersi di lui, ma all'improvviso qualcuno abbassava gli occhi colpito dallo strano odore e allora si scansava di colpo per evitare Seita. Seita che non aveva nemmeno più la forza di trascinarsi fino al gabinetto pubblico che pure si trovava alla portata dei suoi occhi e del naso. Ai piedi di ogni pilastro sedeva un orfano di guerra come se tutti cercassero il conforto di una madre nella solida colonna di un metro quadrato, si erano radunati nella stazione forse perché era l'unico posto in cui fosse loro permesso di entrare, forse per il desiderio di restare comunque tra la gente, forse perché potevano bere un po' d'acqua e sperare in qualche sporadica elemosina, e già dagli inizi di settembre era cominciato il mercato nero sotto il tunnel di Sannomiya, dapprima solo zucchero caramellato sciolto in acqua, imbottigliato in bidoni e venduto a cinquanta centesimi il bicchiere, poi patate bollite, focacce di farina di patate, nigirimeshi 1, pasta dolce di fagioli rossi, focacce ripiene, tagliolini di farina di frumento, scodelle di riso con gamberi fritti, riso al curry, e poi dolci, riso, orzo, zucchero, tenpura 2 , carne di manzo, latte, scatolette, pesce, acquavite di riso, whisky, pere, arance, e ancora stivali di gomma, copertoni di biciclette, fiammiferi, sigarette, calzerotti con la suola rinforzata, pannolini, coperte militari, scarpe e uniformi dell'esercito, stivaletti a mezza gamba, c'erano persino quelli che porgevano le scatole di alluminio colme di orzo bollito che la moglie aveva preparato la mattina stessa: "Dieci yen, solo dieci yen", e altri che facevano dondolare sulle dita di una mano le proprie scarpe usate: "Venti yen che ne dite di venti yen?", Seita che si aggirava da quelle parti senza uno scopo attratto solo dall'odore del cibo, aveva venduto a un negozio di roba usata - in realtà formato solo da una stuoia di paglia stesa al suolo - un sottokimono, un obi 3 un col letto e una cintura, tutti ricordi della madre morta, che avevano ormai perso il loro colore impregnati d'acqua nel rifugio antiaereo, era così in qualche modo riuscito a mangiare qualcosa per una quindicina di giorni, poi erano scomparsi anche l'uniforme da studente in fibra sintetica, le scarpe e i gambali, e mentre ancora esitava a vendere i calzoni, aveva preso l'abitudine di passare la notte dentro la stazione, qui famigliole composte da genitori e figli vestiti di tutto punto che probabilmente rientravano dalla campagna dove erano stati sfollati -i cappucci antiincendio ben ripiegati appesi ai loro sacchi di tela, le gamelle per il riso, il bricco per il tè, gli elmetti di ferro ciondolanti dagli zaini sulle spalle - gli allungavano talvolta focacce di crusca mezze ammuffite, certo preparate nell'eventualità degli imprevisti del viaggio, in fretta, come si liberassero da un peso ora che erano finalmente a casa; oppure qualche soldato appena rimpatriato o una anziana signora che forse aveva un nipote della stessa età di Seita, mossi a compassione, gli davano un tozzo di pane avanzato o di giuncata di soia arrostita avvolta in un pezzo di carta, doni lasciati quasi di nascosto un po' distanti da lui, come fossero offerte al Buddha, qualche volta gli inservienti della stazione cercavano di mandarlo via, ma al contrario la polizia ausiliaria che stazionava accanto all'uscita lo difendeva, e poiché lì almeno c'era acqua in abbondanza, al la fine aveva messo radici e dopo quindici giorni non era neppure più capace di muoversi.
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