Linea d'ombra - anno XII - n. 97 - ottobre 1994

gli viene dalla dedizione alle canzoni "rancheras" messicane). Le fortune inconcepibili accumulate mobilitano piccoli eserciti e autorizzano le ostentazioni patrimoniali: festini, gemme, parchi zoologici p1ivati, residenze che sono veri e propri latifondi, regali sontuosi, persone e auto che vengono esibite e via dicendo. Gli aneddoti sono i tratti deliranti di una arroganza che non conosce limiti: i capi colombiani offrono al loro governo il pagamento del debito estero in cambio del parere negativo al patto di estradizione con gli Stati Uniti, e un po' di impunità. Il narcopotere a sua volta accresce una lotta già esistente di certi settori della polizia e delle istituzioni contro la società; in America Latina tra questi sono compresi giudici, burocrati dei ministeri, giornalisti di diverso rango, elementi della "Buona Società", imprenditori, capi e agenti della polizia giudiziaria, militari, piloti, doganieri, ministri. 2) Prodotto di villaggi e città medie, sorge una prima generazione di capi messicani, appaitenenti a classi economicamente svantaggiate. Essi si sentono "figli del popolo" e godono delle proprie cai·atteristiche: crudeltà, generosità, sperpero, tutte le esaltazioni del capitalismo selvaggio. Rafael Caro Quintero, che è arrivato al secondo anno di elementari, commenta: "Se si esclude la Pemex (Petroli Messicani) credo che per un certo periodo sono stato quello che ha fatto arrivai·epiù dollai·i nel paese". E le leggende si nutrono dell'evidenza: questi giovani, in situazioni convenzionali, sarebbero stati mezzadri, impiegati nel settore servizi, autisti di politici. Grazie al narcotraffico possono godere di qualcosa che sembrava inconcepibile: lo sperpero illimitato che libera la fantasia. Il ritmo industriale del narco e la tecnologia aggiuntiva radicalizzano la cultura della violenza e le aggiungono pretese di stile. Il narcopotere diffonde uno stile di spesa privata e pubblica, l'offensiva e auto-inebriante sfilata di residenze, gioielli, auto fuoriserie, armi, bracciali e gioielli d'oro, valigie colme di dollaii, vedettes di "anatomica opulenza", jeep ultimo modello, elicotteri, jet privati, ciò che i possessori mai avrebbero ottenuto in virtù del grado di scolarizzazione e delle relazioni familiari di provenienza. Sanno anche che una riduzione della speranza di vita o una eternità in prigione è più che probabile, però i narcos non dovranno soffrire il destino inesorabile di contadini e impiegati in nero. Solo con il crimine possono evitai·e la desolazione, e il crimine, divenuto spettacolo, "show", abbaglia e seduce. Questi sì sono delitti, non le pugnalate ali' adultera. 3) Cosa succede agli sconosciuti-di-sempre, i cui dati personali suggeriscono la stessa cosa, la legione del "materiale usurabile" della delinquenza, lemigliaia di giovani nellastragrande maggioranza di origine contadina, contrattati quasi d'azzardo che inondano le prigioni e le fosse comuni? Di loro si conosce solo poca cosa: in generale provengono da regioni con alto indice di criminalità e violenza sociale e si abituano all'idea di morire presto, qualcosa a cui sono stati preparati dall'espe,ienza trasmessa dalla comunità, dalla penuria, lo sfinimento el'invecchiamento precoce dei membri della propria comunità. Questi nati-per-perdere, per burlare il destino accrescono senza misura apparente il valore del presente. Annuncia il corrido, la canzone: "Da quelle parti dicono I che un giorno mi ammazzano. I Non mi spaventano le serpi/ io so perdere e vincere./ Porto con me un corno di capra I per quelli che mi vogliono sfidare". Gli scenari prevedibili di questo sgretolamento: villaggi appena consegnati alle carte geografiche, città di 80o 100mila abitanti, case e appartamenti nei quartieri popolari, stanze nelle residenze dei capi, caratterizzate dalla sovrabbondanza di oggetti e dal carattere transitorio dei loro possessori, case affittate o comprate in contanti che non arrivano a incmiosire i vicini. Questi narcos si sono fo1mati alla lezione del "caciquismo", nell'alfabetismo reale e funzionale, DAL MESSICO 23 nella disinformazione illuminata daquei lampi di erotismo acquisitivo che sono gli spot televisivi. Sono sicuri del fatto che la loro sia tutta la vita immaginabile e con l'esterno (tutto ciò che non è alla portata del loro potere d'acquisto) intrattengono relazioni attraverso la cultura orale: leggende, mormorii, voci, barzellette che fanno le veci dell'educazione. Solo nell'eufo1ia si percepisce il valore di ogni attimo, il carattere sempre provvisorio delle situazioni. Se nessuno ti garantisce il domani, l'oggi diventa immenso. La mitologia prediletta dei narcos mescola la programmazione del cinema di quartiere o di paese con il fluire televisivo e con la cultura del Nord, una variante semi-industriale del machismo, molto condizionata dal western. Nella gestualità e nel modo di camminai·e dei narcos, le aspirazioni stilistiche sono ovvie (entrare in un barcomeJohn Wayne, usareabbigliamentodauomoMarlboro, mostrare tedio di fronte al fantasma di una vecchiaia lunga e senza complicazioni) eper questo stesso motivoprendono inconsiderazione racconti ed esperienze migratorie. Nell'ordine delle leggende pubbliche, un narco è un residuo violento delle fantasie degli affezionati del western. Nella luce determinista del paese (della famiglia, la religione, l'età, la necessità di farcela, la ricerca dell'avventura) questi fuggiaschi dalla disoccupazione ape1ta scambiano quello che potrebbe essere una speranza ragionevole di vita con un cumulo di sensazioni irraggiungibili in altro modo. Il ragionamento dovrebbe essere più o meno questo: "Dammi, o narcotrafficante, le possibilità del denaro immediato, la licenza di trasformare l'assassinio in esigenza lavorativa, la sovreccitazione della clandestinità e del lusso e dei suoi dintorni meravigliosi, il sesso facile, le vibrazioni della ipervirilità che la droga e l'alcool a fiumi facilitano ... In cambio accetto che la vita sia una cosa fugace nella quale da me soltanto dipendono le glorie a breve termine. Però dammi tutto in una volta: poi vedremo, tradirò o crederanno che abbia tradito, mi tradirò e quelli dell'altro gruppo mi tortureranno o mi cuoceranno a raffiche di mitra, nelle celle mi faranno confessare i pochi delitti che non ho commesso e mi manderanno a imputridire in carcere. Ma tutto questo dopo, domani o dopodomani, quando sia già vecchio l'istante, l'attimo della impunità dentro il quale sono e mi sento diverso, superiore a quello che non avrei neppure sognato di poter essere". Vivere come in un film deifratelli Almada 4) In ultima istanza, la cultura del narcotraffico non è che la mescolanza, diseguale e combinata, della delinquenza ad alta tecnologia, delle sensazioni orgiastiche dello sperpero, degli impulsi di sopravvivenza e dell'abitudine contadina di accettare con indifferenza reale o teatrale la morte propria e degli altri. L'impulso a spendere a più non posso per opposizione ai propri padri che non avevano niente da spendere; a uccidere perché noi stessi e il cristiano che ci attraversa la strada siamo intercambiabili, a dimenticarsi dei pregiudizi morali perché la vita umana non ha mai significato granché in quelle comunità della sierra o nelle periferie semiurbane e nelle ristrettezze della miseria. E questo, anche se in misura minore, si applica anche alle donne. Che cosa è mai la "Camelia de la Texana" della canzone se non la rappresentazione sintetica delle migliaia di donne che scambiano la prostituzione (il destino che una generazione prima sarebbe loro toccato) con le attese esasperanti e orgiastiche in compagnia dei propri uomini tra una consegna di merce e l'altra, tra le fughe incredibili e quelle terminate in modo assai meno miracoloso. Alla fine "la polvere e la yerba mala/ non finiranno mai". Il cinema nazionale si appropria di queste atmosfere e le

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