questa presenza arcaica dello studioso di letteratura come sacerdote e come alchimista, dietro le operazioni del moderno professionista universitatio - è questa doppia presenza, questa doppia·dimensione dell'indagine, dell'oggetto descritto, costruito, esibito, e infine questa doppia dimensione della lettura (pervia di teorie e per via di testi) ciò che fa di questo studio un saggio. Uso di proposito una formula un poco diversa da quella usata da Orlando. Dire infatti "saggio e non studio", come dice Orlando, mi sembra vagamente inesatto. Questo libro trasforma uno studio in un saggio, e dà al saggio la forma (la maschera) dello studio. Come quasi sempre avviene, il saggio nasce là dove il programma di studio incontra ostacoli che diventano insuperabili e quindi si trasformano a loro volta in oggetto, se non di studiosa elaborazione, di elaborazione in un ·qualche altro ordine di linguaggio. Come studio, questo libro non avrebbe mai potuto diventare esauriente. Deve essere per questo che è stato intrapreso: voleva diventare altro. E guarda caso qui si realizza quella circostanza che ho sempre pensato fosse tipica della forma saggistica: l' occultamento o l'eliminazione della bibliografia critica. Lo studio si pone infatti sul piano di una vicenda progressiva e per così dire cumulativa della comprensione, per cui si esamina la bibliografia critica estraendo da essa i risultati migliori, o utili: la prospettiva è quella del progresso tendenzialmente (ipoteticamente) lineare e senza scosse degli studi. Uno studio non mostra lo studioso, non dà conto dei mutamenti di situazione di chi studia e di chi legge, mutamenti che possono far ripartire da zero, cioè dal presente, dalla situazione presente, iIprocesso della comprensione, facendo emergere dal passato qualcosa che poco prima era invisibile (nei testi e negli autori, nelle epoche, nelle stesse bibliografie). Il saggio invece proietta sul testo critico l'ombra del critico e dello studioso, che dunque non spariscono nell'ascesi scientifica per cui l'oggetto è bene illuminato solo se il soggetto che lo illumina resta del tutto nell'ombra e sparisce. Il saggio, come in questo libro si vede chiaramente, costruisce il suo oggetto e ne fa opera che illumina di una luce particolare altre opere, certe parti e zone di esse. Il suo campo di indagine non coincide senza residui con il suo oggetto. Il suo oggetto è la letteratura in generale colta dentro le immagini particolari che vengono scelte per rivelare una tendenza o predilezione, ossessiva e tipica, della letteratura per gli oggetti desueti e i luoghi abbandonati. Ma intorno a questo oggetto (già in sé doppio: un'idea di letteratura e gli oggetti desueti in letteratura) c'è un campo esplorato: o forse, più precisamente, c'è uno scenario che si delinea attraverso il montaggio dei testi citati. È lo scenario nel quale viene ambientato il rapporto dello studioso e teorico con la letteratura in quanto testimonianza del passato. È in questa dimensione (campo o scenario e non oggetto) che Orlando, più che esplorare, costruisce e inventa. Costruisce un testo fatto di frammenti di altri testi, scegliendo con cura solo i frammenti di una certa materia e di un certo colore. Si esprime citando. Facendo questo Orlando ubbidisce, come ho già detto, ad una forma di religio arcaica, perfino preistorica, di raccolta e conservazione delle reliquie. Non è solo collezionista moderno, Illustraziondei SaulSteinberg(do ThePassport, VintageBooks1979)
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