Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

56 VEDEREL, EGGEREA,SCOLTARE OGGETTIDESUETI FRANCESCORlANDO El'INCONSCIODELlATEORIA AlfonsoBerardinelli Non scherzo: questo libro tanto consapevole ha un inconscio, e si vede,"anche se, come ogni inconscio, contiene molte cose che non è semplice definire. Una prima definizione dell'ultima (e maggiore) opera di Francesco Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura (Einaudi 1993), potrebbe suonare così. Inoltre, senza mai dirlo esplicitamente, senza teorizzarlo o tematizzarlo, questo è un libro sulla fine del mondo. È un libro, più precisamente, sulle innumerevoli fini di altrettanto innumerevoli mondi, perduti per sempre e testimoniati negli oggetti inutili e fuori uso. Ho dovuto immediatamente sostituire, per precisione, il plurale al singolare (molte finidi molti mondi: èquesto che caratterizza non solo la vita individuale, ma anche quella strana cosa che noi chiamiamo Storia, senza sapere bene che cos'è). E questo non ~olo per mitigare l'enfasi dell'espressione "fine del mondo", ma anche perché proprio l'oggetto di questo libro (che rende un po' ansioso l'autore) è una pluralità di oggetti. Al punto che perfino il titolo, nel tentativo di venire a capo di una debordante pluralità, è un titolo vistosamente al plurale, composto quasi tutto di plurali (oggetti, immagini, rovine, reliquie, rarità, ecc.). Plurali che emanano da quel singolare forte che è il termine Letteratura: circondato, invaso dalle cose che in sé contiene, che dovrebbe contenere e unificare, e che invece scappano da tutte le parti. È poi la Letteratura stessa un oggetto veramente unitario? Lo sarebbe, forse, se entrasse in una definizione teorica e in un uso pratico certi. Ma, come sappiamo, questo non avviene (o almeno io credo che non avvenga). Così, in questo libro, si parla a volte (all'inizio, soprattutto) di Letteratura come di un qualcosa di unitariamente definibile (Orlando è un teorizzatore ingegnosissimo e impenitente). Ma ora la definizione sembra venire dallo speciale rapporto di cura, custodia e pietosa religio che la Letteratura (cioè innumerevoli opere letterarie) intrattiene con gli oggetti: testimoni di vite scomparse che il presente getta alla rinfusa nel passato, per liberarsene. No, la letteratura, secondo Orlando, non butta via, non dimentica. Si prende cura, invece. Torna a visitare i luoghi abbandonati. Dà valore a ciò che non ha più valore, ormai. (Strano che Orlando non citi mai Foscolo, i cimiteri, i sepolcri, le tombe: tesoro morale sepolto.) Abbiamo qui, attraverso la ricerca degli oggetti desueti nelle immagini della letteratura, una nuova teoria della letteratura. Perché, schedando, accumulando citazioni di testi nei quali venivano accumulati, elencati, descritti i più disordinati insiemi di oggetti, Orlando, prima ancora di saperlo, era sulle tracce di una sua idea ulteriore di letteratura: intesa come ambito nel quale si esprime e si esercita una passione predominante per gli oggetti desueti. Orlando era (da rabdomane, da archeologo) sulle tracce del "corpo" della letteratura, essa stessa probabile accumulo eterogeneo e in parte negletto di oggetti (testi) desueti. Essa stessa tesoro nascosto e luogo inabitato: entità preziosa che è sul punto di diventare rifiuto, rovina, reliquia sì, ma trascurata. Ora questa idea della letteratura, questa immagine della letteratura (faccio un'ipotesi), può imporsi così precisamente ali' intelletto e all'istinto di ricerca di un critico e studioso, quando segnali minacciosi avvertono di catastrofiche interruzioni nel corso della storia. Ed' altra parte, nell'idea di storia quale l'abbiamo costruita da un paio di secoli a oggi, è dominante l'andamento catastrofico, demolitorio, distruttivo. Perché la costruzione e il proposito di costruzione, nella storia occidentale moderna, sono il primo e massimo agente della distruzione. Il naufragio, l' apocalisse, la fine del mondo sono diventati come mai prima, dall'era industriale e rivoluzionaria in poi, evento comune e ricorrente. E oggi sappiamo anche meglio di ieri che niente è più "rivoluzionario" dell'industria. È questo il progresso catastrofico che travolge anche la letteratura, le attività e lefacoltà umane legate alla sua produzione e al suo uso e riuso. Quell'insieme di testi che raccogliamo nella categoria generale di Letteratura rischia sempre di nuovo (e ora di nuovo) di entrare nell'universo desolato, bizzarro, magico e sinistro degli oggetti desueti. Definendo la Letteratura, non per categorie filosofiche e linguistiche, ma per il tipo di vocazione e di affinità che tanti testi rivelano, Orlando rende la letteratura fraterna (e materna) degli oggetti desueti, di ciò che è passato, rifiutato, rimosso: "C'era voluto già un gran numero di passi incontrati spontaneamente, per svegliare in me l'impressione che il rapporto fra l'uomo e le cose- funzionale o no-occupa in ciò che chiamiamo letteratura un posto ben più imponente di quanto pensiamo di solito. Ci voleva un numero di passi ancora maggiore per avvicinarmi alla scoperta vera (...) Si trattava di accorgersi definitivamente della straordinaria fortuna letteraria delle cose inutili o invecchiate o insolite, della predilezione per la rappresentazione di esse rispetto alla rappresentazione di cose utili o nuove o normali, in letteratura. Una predilezione quantitativa o fors' anche qualitativa incontestabile, almeno da una certa epoca in poi" (p. 5). Aggiungiamo: dal tempo in c':lila storia accelera il suo corso e intensifica la sua produzione di rovine e di rifiuti, superando sempre più velocemente il passato. Da quel momento la letteratura, secondo Orlando, è come magnetizzata e attratta da ciò che il progresso storico mette da parte, nasconde, butta via. Per affinità e solidarietà, probabilmente: perché la letteratura stessa, in parte e nel suo insieme, rischia sempre di più lo stesso destino. Poco oltre vengono aggiunte precisazioni (ricordo che questo avviene nel primo capitolo, intitolato Di che si occupa questo libro: e infatti proprio questo è il problema). Per esempio: "Quale testimonianza del passato, la letteratura possiede qualcosa di insostituibile, di non controllabile dall'autorità degli storici professionali non letterari" (p. 7). E poi: "Che la letteratura, e nei suoi testi e nei suoi codici, sia insostituibile quale testimonianza del passato, non è che conseguenza di un postulato più generale: quello di derivazione freudiana (...) quel postulato generale fa della letteratura, pur non ignorando il suo versante ufficiale e conformista, la sede immaginaria di un ritorno del represso. In altre parole, la presume apertamente o segretamente concessiva, indulgente, parziale, solidaleocomplice verso tuttoquanto incontra distanza, diffidenza, ripugnanza, rifiuto o condanna fuori dalle sue finzioni. Se è così, la letteratura ha in permanenza il valore di un negativo fotografico della positivitàdelleculturedacui emana; e come archivio storico non ha eguali" (p. 8).

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