Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

46 POST-MODERNI/DANIELE È come se leifosse già sistemato allafrontiera e telegrafasse con gli altri. Giusto. Ho delle macchine molto sofisticate eppure sono solo un narrratore. Ho apparecchi che le corporazioni possedevano, diciamo, nel 1972. Esiste una comunità virtuale e una certa solidarietà politica, gruppi attivisti che comunicano fra loro via modem. Personalmente sono molto disincantato verso la politica. Non credo che esista uno stato perfetto, credo che siamo mammiferi intelligenti. Non credo che esistano angeli. Già, Shakespeare diceva che l'essere umano è qualcosa di molto instabile, mutevole ("a giddy thing") ... Sono d'accordo, ovviamente. Non credo che viviamo abbastanza per migliorare la condizione umana. Ognuno vuole andare in paradiso e nessuno vuole morire. Non ci sono mezzi tecnologici per sfuggire ai propri limiti umani. Il potere è sempre potere. Lo usano per qualcosa che sembra positivo ma poi non lo è. Freeman Dyson ha scritto un libro, Disturbing the universe, ed è ritenuto un dio nei circoli cyberpunk. Scrive della nuova dimensione antiumanistica. Della capacità di trascendere i limiti umani. Ma personalmente non ho grandi aspettative; vedo però un mondo migliore di quello degli anni Settanta o Ottanta. So che per voi è diverso: pare che abbiate eletto il vostro Ross Perrot, per quanto ho capito. Ma non ci saranno più Unioni Sovietiche. Io sono stato a Mosca, in Italia c'è più vitalità, inventiva e gioia di vivere, più che in Unione Sovietica, dove c'è solo decadenza; gli italiani sono instabili ma qui c'è gusto di vivere. Sì, ma per molti italiani questo gusto del vivere sta diventando gioia di consumare. Già, ma in fondo siamo tutte prostitute. 2/94 Alfonso Berardinelli Il Paese dei Balocchi Ilvo Diamanti La politica come marketing Luciano Canfora Viva la libertà Capire per reagire UNIVERSOELETTRONICO Daniela Daniele In una videocultura come quella nordamericana dove in media si fissa la luce azzurrina di un teleschermo per almeno sette ore al giorno, la pagina scritta parrebbe destinata ad assumere un ruolo vicario e ancillare. I toni millenaristi non possono certo mancare nel secolo che sta per chiudersi, ma è ormai un fatto- ha dichiarato Gore Vidal- che definire "famoso" uno scrittore sia ormai divenuto un anacronismo, quando non si tratta di autori come Stephen King, abilissimi nel tradurre in immagini i propri romanzi. Ma quale futuro ha la letteratura nel!' era dei computer? Il recente esordio di libri elettronici e di ipertesti, in cui è il rapporto interattivo con il lettore a prevalere sui-protagonismo dell'autore è apparso a molti un motivo di preoccupazione. Erica Jong ha espresso smarrimento ali' idea che al libro si sostituisca un "collage di immagini elettroniche che mescoli opere di epoche passate senza far conoscere o dar credito alle fonti" (Jong, 1993). Si continua dunque a identificare il libro elettronico non tanto con la fine del romanzo ma con la scomparsa dell'autore come soggetto creatore e depositario di copyright, spesso guardando con nostalgia al Sud del globo e ai paesi tecnologicamente meno avanzati da cui sembra arrivare la produzione letteraria più ricca e interessante oggi presente sui mercati. In un convegno svoltosi l'estate scorsa a Salisburgo, Gore Vidal ha dichiarato che la relati va povertà e l'assenza di mezzi sofisticati lasciano molto spazio alla fabulazione, offrendo una riserva di narrazioni sommerse. Ma non è proprio il potenziamento dell'industria elettronica e l'allargamento dei mercati a favorire l'emergere di altre voci dal mondo? L'immaginario letterario americano è fra quelli che meglio è riuscito a registrare quanto di nuovo e di straordinario sia entrato nel nostro campo di percezione. Sin dagli anni Cinquanta, i racconti della generazione postmoderna (Kurt Vonnegut, William S. Burroughs, Joseph McE!roy, J ohn Barth, Thomas Pynchon, Donald Barthelme) hanno saputo narrare quanto stia cambiando la nostra vita accanto a fax, a voci pre-registrate, a VCR; a contatto con walkrnan, stampanti laser, telefoni cellulari e terminali. Sono questi autori ad aver fatto parlare per primi della nascita di una "fiction cibernetica" capace di rivolgersi anche a un pubblico di lettori non umanisti (si pensi a Piano meccanico di Vonnegut). L'intensa negoziazione tra narrativa americana e elettronica nasce negli anni Sessanta come critica della tecnocrazia e dei grandi apparati burocratici che avevano dominato l'America della guerra fredda. Tale critica muoveva anzitutto da una rilettura della seconda guerra mondiale: una guerra "fantasmatica" in cui esordì il radar, il primo strumento elettronico in grado di trasformare l'uomo in un frenetico telecommuter. Rievocando gli effetti catastrofici prodotti da radio comunicazioni e raggi elettromagnetici a caccia di missili, V. e Gravity'sRainbowdi Pynchon,Mattatoiocinque (1969)di Vonnegut manifestano nel lessico e nei temi una tecnofiliaiche fino agli anni

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