Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

.foto di Giovanni Giovannetti Non ho dubbi circa l'utilità didattica degli ipertesti. In un mio recente corso, ho messo a disposizione degli studenti un ipertesto contenente tutti i testi di lettura. L'esperimento è stato molto positivo, perché ha consentito di saltare tutta la fase di fotocopiatura e di ricerca in biblioteca- aspetto sempre difficoltoso dello studio individuale. L'ipertesto consentiva agli studenti di consultare contemporaneamente tutti i testi necessari. Era possibile includere bibliografie, grafici, insomma tutto ciò che aveva a che vedere con i materiali di quel corso. In questo senso, gli ipertesti paiono una trasformazione inevitabile del modo in cui trasmettiamo le informazioni. Un sistema ipertestuale consente di rendere estremamente efficiente e specifica una ricerca di informazioni. In questo senso, non ho dubbi sull'efficacia e sulle potenzialità di questo strumento. Insomma, il libro ha i giorni contati. Entro la fine del secolo sarà attraverso con le tecnologie che affronteremo la nostra vita quotidiana di studiosi e di lettori. Biblioteche e libri ci appariranno primitivi. E cambierà anche la vita di quegli studiosi che credono nei I ibri. Si pensi solo alla rapidità con cui è possibile una ricerca di informazioni su supporti elettronici. Le biblioteche non avranno più libri mancanti perché in prestito o perduti. Tutto sarà disponibile a terminale, contemporaneamente a più persone. È solo questione di anni. Ma non è detto che ciò cambierà il modo di scrivere i libri. Se l'arte sarà interessata a questo tipo di trasformazione, è difficile da dire. Attualmente non ci sono in giro opere di grande rilievo che superino la logica del libro tradizionale. Ma è anche vero che Samuel Beckett non ha mai scritto hyperfiction, così come non l'ha mai scritta Italo Ca!vino. Ma appena ci saranno scrittori, artisti, pittori, scultori, musicisti e registi di rilievo che lavoreranno in questo spazio, è logico pensare che i risultati saranno di maggiore interesse. Semplicemente, allo stato attuale non vi sono elementi per POST-MODERNI/ COOVER 37 dimostrare le mie speculazioni. Vi sono però motivi di leggera preoccupazione: il racconto è diverso palla lirica. L'esperienza lirica si muove circolarmente intorno a un centro. Immagino che la poesia ipertestuale funzioni assai bene; ne ho già visti alcuni esempi, assai interessanti. E la narrativa invece? Non le pare che possa agevolmente sposarsi alla nozione di ipertestualità? Il racconto è sempre stato inteso come una cosa che si muove linearmente da un punto A a un punto B. Forse è un movimento di tipo espansivo - si passa da una fase nella quale non si sa nulla ad una nella quale si sa tutto - ma si tratta sempre e comunque di un movimento lineare. Il mezzo ipertestuale, invece, è per sua natura fortemente nonlineare. Quando serve una linea di qualche tipo, è necessario inserirla esplicitamente. Certo, quando si entra in un ipertesto si creano delle connessioni lineari; ma lesoluzioni possibili sono molteplici e ciascuna è alternativa a un'altra. E poi non si deve confondere la hyperfiction con un testo qualsiasi in formato elettronico, dove addirittura è necessario girare le pagine. Se lo spazio non lineare diventerà uno spazio dentro il quale la gente avrà voglia di leggere storie, io non lo so, non mi è ancora chiaro. In quanto scrittore e autore di storie non lineari, prediligo ancora lo spazio lineare del libro, perché in esso la non linearità dei miei lavori appare particolarmente inquietante. Lei sembra assegnare un grosso rilievo alla centralità del lettore. Nel suo recente intervento in materia, si domandava se il lettore "sarà disponibile" a leggere la hyperfiction, e cioè inbuona sostanza se accetterà di nonpotersipiùportare "il libro a letto". Ma che cosafaranno gli autori con gli ipermedia? Mi pare che questa sia un 'incertezza ancora più forte rispetto a quella sulla posizione dell'autore e sulla natura del nuovo spazio ipertestuale in genere. Un ipertesto su CD-ROM, la tecnologia di larga diffusione di grandiquantitàdidati, halimitiquantitativibenprecisi. Ci troviamo allora di fronte a una figura del "nuovo" autore ipertestuale comunque limitato dalla per quanto vasta capienza dei supporti di distribuzione dei dati? Anche qui lo scenario futuribile non mi pare ancora chiaro. Lo scorso semestre ho assegnato ai miei studenti la creazione di un'antologia ipertestuale dei loro lavori. Sono venute fuori cose piuttosto valide. Direi che l'autore viene prima e l'ipertesto dopo. Credo che gli autori che sceglieranno l'ipermedia dovranno innanzitutto affrontare la questione dell'infinita espansione del mezzo informatico e di creare uno spazio che soddisfi le loro esigenze. Recentemente è stato nostro ospite Jacques Roubaud, lo scrittore dell'OuLiPo, che scriveva ipertesti ancora prima di conoscerne l'esistenza. Roubaud è un autore che si impone modi di scrittura assai rigidi. Insiste nell'affermare di non possedere immaginazione e di basare tutta la sua scrittura sul metodo e su regole prefissate. Bene, per un autore come lui è stato molto facile passare ali' ipertesto senza addirittura accorgersi di aver abbandonato il libro. Credo che Milozlav Pavic sia un caso analogo. Ha in progetto un dramma "ipertestuale" che si apre con uh menù in cui si presentano allo spettatore tre possibili inizi e tre possibili finali. Gli attori saranno a disposizione del pubblico per recitare i "piatti" scelti. Calvino avrebbe fatto altrettanto: avrebbe ragionato sulla metafora implicita in questa-operazione, sul tipo di spazio che l'elaboratore mette a disposizione dello scrittore. E lo stesso avrebbe fatto uno scrittore come Beckett. Ritengo che gli autori di narrativa convenzionale si troverebbero intimiditi dal nuovo spazio a loro disposizione. Quando con i miei studenti tento di indurli a trasporre cose che essi avevano già scritto su carta verso la forma ipertestuale,

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==