Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

Fotodi VincenzoCottinelli. C'è sempre stato nei poeti e negli scrittori questo rimpianto delle forme che muoiono, perché il cuore umano si adatta lentamente, e continua a rimpiangere forse ciò che era stato nella sua infanzia e ancora prima ... Ma non può non accettare la fatalità del progresso. Ha parlato di una resistenza all'essere trascinati in questo flusso .... Credo che la condizione umana sia questa. L'eroismo dell' uomo non sta nell'agire ciecamente, ma nel fare un bilancio del bene e del male; mantenere qualche forma ancestrale dell'umano. Non amo l'isteria dell'azione: vorrei essere il soldato che compie l'azione e il monaco che la sabota. Alla fine, il monaco contemplatore ha ragione sulla marcia degli eserciti. Ecco, in un romanzo bisognerebbe dare questa duplice tensione. Nell'Attesa, la presenza della storia è la guerra in Bosnia ... Nel l'Attesa spesso si crea un vuoto che si riempie dei ricordi del passato. Ma è così nel procedimento della coscienza umana; o si getta su un progetto, ciecamente, o sulla contemplazione. Oppure, quando cessano entrambe, sopravviene un riflusso del passato nell'animo umano. Dico così forse per la mia età o per studi che ho fatto... La materialità umana si riempie di memoria, pur se questo non vuol dire che si debba vivere con la nostalgia del passato: bisogna accettare questa condizione di crocifissione tra futuro e passato; trascinarsi dietro le proprie radici e guardare ciò che avviene di nuovo. Lei ha parlato di un universo simbolico. Ma non è un caso che sia laguerra inBosniaa rappresentare la storia in Attesa sul mare. O sbaglio? Ma io non volevo fare della storia o della politica. Volevo vedere se questi eventi così drammatici erano riconducibili sotto una sfera antica del dolore umano e della morte. Lo stesso male prima colpisce Tolone (la flotta francese che si autoaffonda); la Liguria, in quanto decade; poi la Bosnia. C'è in ogni terra il seme della morte. Volevo rapportarlo sotto una visuale più grande, cosmica; ma con piccoli mezzi, senza fare retorica, attraverso la morale di un marinaio. Mi sono sembrate forzate le letture in chiave di impegno civile dell'ambientazione bosniaca ... INCONTRI/ BIAMONTI 33 Avrei voluto anche fare un bilancio di questa Europa, ma poi mi sono attenuto a una visione più generale. Così ho inserito questo dramma nella vicenda delle eresie catare e bogomilie, di cui noi abbiamo avuto riflesso nella struttura pessimistica ligure o nel giansenismo. I bogomili pensavano che il mondo fosse condannato in partenza perché creato da un demiurgo inferiore, scappato di mano al principe della luce. Per questo l'avventura umana sarebbe inficiata dal male. Mi sembra che la vicenda umana sia riconducibile anche a queste grandi eresie che ci hanno formato. Ma questa è una visione da romanziere, non pretendo di fare opera di storico. Sono intuizioni ... ho capito che c'è qualche stortura nell'ordegno universale, come dice Montale. Non riusciamo a capire dove sia, ma mi sembra che ancora la nostra storia si avvicina al tardo medioevo. I miti illuministici di un progresso fatale sono falliti. Il bilancio della storia è sempre tragico. I suoi personaggi non riescono a essere malvagi. Anche quando si prestano a lavori che potrebbero renderli tali... Hanno un codice d'onore. Mi piacciono questi personaggi che vivono nell'illegalità ma che hanno una propria moralità. Li ho conosciuti bene. Il loro codice di comportamento gli consente di salvare la propria umanità. Ma si diventa comunque ingranaggi di un male che ci supera. Si viene trasportati. Ma in questo trasporto si può recriminare, resistere, fare i conti con la coscienza. Si può anche fare molto male credendo di fare il bene. Oppure si può restare umani anche dove non sembrerebbe possibile; anche nell'inconciliabilità con i destini storici. Come la sua scrittura è priva di aggettivi superflui, così i suoi personaggi sono privi di psicologia. Ma perché credo che la psicologia sia limitativa. Le situazioni umane sono sempre prismatiche e la psicologia è una scelta forzata. Preferisco dare a vedere piuttosto che spiegare. Dando a vedere, il lettore coglie da solo la situazione. Tra una scelta psicologica e una visiva, scelgo la seconda. Ricorda le lezioni americane di Calvino? Rapidità, leggerezza, visibilità. La visibilità è più fertile della psicologia. Credo che sia sufficiente dare a vedere la situazione - certo, senza descriverla alla maniera ottocentesca, piena di particolari. Bastano pochi tratti per dare a vedere la cosa. C'è una parte di realtà nascosta. Hemingway diceva che la scrittura deve essere come l'iceberg: la maestà del suo andamento nel l'oceano è data dal fatto che i sette decimi della sua mole sono sommersi. Per questo dà l'idea di solennità e di forza. La psicologia non ha a che fare con tutto ciò. Di psicologia valida c'è solo quella di Proust, che a ben vedere è piuttosto una mitologia. Gli scrittori psicologici mi sembrano noiosi. Vogliono spiegare. Ma spiegare cosa? Faulkner non spiega niente, Hemingway neppure, e nemmeno Camus. Uno scrittore deve agire sotto una costellazione metafisica, non psicologica. Anche nella Terra desolata di Eliot non c'è psicologia, ci sono illuminazioni metafisiche, non altro. La psicologia è questa letteratura che fanno adesso le ragazze senza arte. Ha citato molto i francesi, pittori e scrittori, non è una coincidenza ... Credo che tutta l'arte moderna nasca dal simbolismo francese, dai poeti simbolisti. La grande triade da cui nasce la cultura moderna è formata da Baudelaire, Leopardi, Holderlin; ripresa

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