Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

del bolero sentimentale, guardi mio generale, si è infilata col calzante il vestito di paillettes, si è tirata su le tette con una gru dopo averci giocato a calcio, questa è una di quelle che si fa gol da sola, deve avere un ombelico grande come una piazza di tori, le hanno dato otto mani di colore prima di farla uscire, mio generale, guardi soltanto quelle ciglia sembrano persiane nere, ti vendi, non mi dire? quanto costano i tuoi occhi da lutto, cicciona, ipocrita, a chi canti quelle canzoni da ruffiani, ragazzi? forza, all'attacco, miei tigrotti, semplicemente ipocrita, mi hai preso in giro, una canzone da macho, salite lì sul palco, una manata sul culo alla sempiterna Azucena, sarà difficile, grassa, oh che urietto, rispetto per gli artisti, lavati, puzzona, pulisciti quella faccia da pagliaccio, non gridare, è per il tuo bene, all'attacco miei prodi, canti mio generale, nostro Messico sedici di febbraio, Wilson ci invia diecimila americani, avanti la chitarra che suona piangendo, avanti la tromba che sa di sale, carri armati, cannoni e aereoplani in quantità che cercano Villa, che lo vogliono amazzare, scenda di lì povero vecchietto, fuori sottospecie di mariachis, e quella checca in pigiama, giù, qui suonano solo i musicisti del sindacato, veri culattoni impomatati con la cravattina da fighetta e lo smoking lucido da tante stirature, stirate ti lascio le palle; vecchio decrepito, spaccate tutto ragazzi, avete già fatto abbastanza casino, questo no, per la santissima vergine no, castrali, nonno, immediatamente, un calcio al tamburo, la chitarra contro la batteria, tirate fuori le budella al piano come ai cavalli di Celaya, attento nonno a quello del sax, un colpo in pancia, infilagli la testa nel tamburo a quel pelato, Plutarco, forza, miei tigrotti, voglio vedere il sangue di questi pezzenti sulla pista da ballo, quello della batteria usa iIparrucchino, PIutarco, tiragIielo via, così va bene, testa d'uovo, buttatelo in acqua prima che ti faccia vedere io, calcio nel culo, Plutarco, via di corsa tutti che il Limonata qui ha già chiamato la polizia, portatevi via l'arpa, ragazzi, non è rimasto un solo tasto al suo posto, prenda, mio generale, le ciglia della cantante, tenete questa manciata di monete per pagare i danni. Un pezzo dopo le tre, a casa della Bandita dove io ero conosciuto bene, la padrona in persona ci diede il benvenuto, che figata di pigiama, Plutarco, e si sentì molto onorata che il famoso generale Coglioni e che idea stupenda quella di portarsi i mariachis, perché non ci suonano la Siete Leguas, l'avrebbe cantata proprio lei, la Signora, perché era una sua composizione, Siete Leguas era il cavallo preferito di Villa, tirate fuori il rum, venite avanti ragazze, tutte appena arrivate da Guadalajara, tutte molto giovani, lei sarà al massimo il secondo che le tocca in vita loro, mio generale, e se preferisce le po1to una verginella come si deve, che bella idea hai avuto, Plutarco, così, così, sulle ginocchia del mio generale, Judith, non fare la ritrosa, ahi, è che è da buttare ai leoni, donna Chela, neanche mio nonno è così cadavere, senti tu stronza di una nana, è mio nonno e fai il favore di portargli rispetto, non c'è bisogno che tu mi difenda, Plutarco, adesso vedrà questa farfallina notturna che Vicente Vergara non è da buttare ai leoni ma è lui un leone, vieni, piccola Judith, vediamo dove hai lasciato la tua stuoia, vedrai che cos'è un uomo,quelloche voglio è vedere il colore dei soldi, totieni, prendi, quant'è, una moneta d'oro, donna Chela, ascoltami, il vecchietto è pieno di soldi, quando sentiva fischiare i treni, si alzava e nitriva, scegliete, ragazzi, disse mio nonno aimariachis,ricordatevi che siete la mia truppa di tigrotti, mettetecela tutta, fate vedere chi siete. Rimasi ad aspettare in sala, ascoltando i dischi. Fra mio nonno e i suonato1i si erano accapparrati tutte le ragazze. Bevvi un cuba libre e contai i minuti. Quando furono passati più di trenta, comincia a preoccuparmi. Salii al secondo piano e chiesi dove lavorava Judith. La cametiera mi accompagnò fino alla potta. Bussai e Judith aprì, piccolina senza i tacchi, nuda. Il generale era seduto sul bordo del letto, senza pantaloni, con i calzini tenuti su da vecchi elastici MESSICO/FUENTES21 rossi. Mi guardò con gli occhi pieni di quell'acqua che a volte gli usciva dalla sua testa di cactus vecchio. Mi guardò con tristezza. "Non ce l'ho fatta, Plutarco, non ce l'ho fatta." Presi per i capelli Judith, le torsi un braccio dietro la schiena, la puttana mi arrivava alle spalle, strillava, non è stata colpa mia, gli ho fatto il suo show, tutto quello che mi ha chiesto, ho fatto il mio lavoro, ho fatto quello che dovevo, non ho rubato, ma che la smetta di guardarmi così, se vuole le restituisco il denaro, ma che smetta di guardarmi così triste, per favore, non mi fare male, lasciami. Le torsi ancora di più il braccio, le tirai ancora di più i capelli ricci, vedevo nello specchio la sua faccia da gatta selvatica, mentre st1illava,con gli occhi quasi chiusi, gli zigomi alti e la bocca colorata d'argento, i denti piccoli ma dritti, la schiena sudata. "Era così mia mamma, nonno? Una troia come questa? Questo voleva dire?" Lasciai andare Judith. Uscì correndo, coprendosi con un asciugamano. Mi andai a sedere di fianco al nonno. Non mi rispose. Lo aiutai a vestirsi. Mormorò: "Magari, Plutarco, magmi." "Ha messo le corna a mio padre?" "L'ha fatto cornuto come un cervo." "E allora?" "Non ne aveva bisogno, questa sì invece." "Allora lo faceva per piacere. Cosa c'è di male?" "È stata una ingratitudine." "Di sicuro mio papà non se la faceva." "Fosse entrata nel cinema e non nella mia casa." "Allora le abbiamo fatto un grande piacere, no? Sarebbe stato meglio glielo avesse fatto mio papà a letto." "lo so solo che ha disonorato tuo padre." "Per forza, nonno." "Quando penso alla mia Clotilde." "Le dico che lo fece per necessità, come questa puttana." "Neanche io ce l'ho fatta. Deve essere la mancanza di pratica." "Lasci che le faccia vedere, lasci che le rinfreschi la memoria." Adesso che ho passato i trenta, ricordo quella notte dei miei diciannove anni come la vissi allora, la notte della mia liberazione. Questoèquellocheprovai mentre mi scopavoJudithcon i mariachis nella stessa stanza, molto vicini, vai e vai, la canzone del cavallo di Pancho Villa, alla stazione di Irapuato, cantavano gli orizzonti, mio nonno seduto sulla seggiola, triste e silenzioso, come se guardasse la vita rinascere e non fosse più la sua né potesse esserlo mai più, Judith rossa dalla vergogna,. non lo aveva mai fatto così, con la musica e tutto il resto, gelida, piena di vergogna, che fingeva emozioni che io sapevo essere false perché il suo corpo era quello della notte morta e solo io stavo vincendo, la vittoria era solo per me e nessun altro, non era come una di quelle azioni di cui parlava il generale, forse per questo la tristezza di mio nonno era così grande e così grande fu, per sempre, la malinconia della libertà che allora credetti di conquistare. AITivainmoverso le sei del mattino al Panteon Francés. Il nonno diede un'altra delle monete che aveva nella sua guaina al guardiano intirizzito dal freddo, che ci lasciò entrare. Voleva fare una serenata a donna Clotilde sulla sua tomba e i mariachis cantarono Camino de Guanajuato con l'arpa che avevano rubato al cabaret, non vale niente la vita, la vita non vale niente. li generale li accompagnò, era la sua canzone preferita, gli faceva ricordare tante cose della sua giovinezza, strada di Guanajuato, che passi per tanti paesi. Pagammo i musicisti, rimanemmo d'accordo di rivederci tutti presto, compagni fino alla morte e tornammo a casa. Benché ci fosse poco traffico a quell'ora, non avevo più voglia di correre. Stavamo tornando entrambi, mio nonno ed io, a casa nostra in quel cimitero involontario che si erge al sud di Ciudad de

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