Linea d'ombra - anno XII - n. 96 - settembre 1994

lasciava cadere in mezzo bicchiere di acqua calda. Poi gli aggiungeva mezzo bicchiere di acqua fredda. Aspettava un minuto e svuotava la metà di questo bicchiere in un altro. Aggiungeva di nuovo una porzione di acqua calda al primo bicchiere, svuotava la metà in un terzo e riempiva il primo di nuovo con l'acqua tiepida del secondo. Con davanti le tre rnescole torbide dove nuotavano avanzi e pezzettini di pane, toglieva i denti dal primo bicchiere, li sciacquava nel secondo e nel terzo e avendo ottenuto la temperatura desiderata posizionava i denti in bocca e li stringeva con le mandibole come chi chiude un lucchetto. "A giusta temperatura - diceva -, una bocca da leoni, cavolo." "C'è da vergognarsi" disse questa sera mio papà il laureato Agustfn, pulendosi la bocca col tovagliolo e lanciandolo poi con disdegno sulla tovaglia. Guardai mio padre meravigliato. Non aveva mai detto niente ed erano anni che il nonno ripeteva la cerimonia della dentiera. Il laureato Agustfn evidentemente tratteneva la nausea che gli provocava la paziente alchimia del generale. Invece iomi divertivo 111olto. "Dovrebbe vergognarsi, è uno schifo" ripeté il laureato. "Ulalà", il generale lo guardò con scherno, da quando in qua non posso fare i miei porci comodi in casa mia? Casa mia, ho detto, e non la tua, Tin, né quella dei tuoi cornuti amichetti popoff. .." "Non potrò mai invitarli qui, a meno che prima non la nasconda in un armadio chiuso a chiave." "Ti fanno vomitare i miei denti, ma non i miei soldi, vero?" "Tutto questo è molto brutto, molto molto ... " disse mio papà dondolando la testa con una malinconia mai vista prima. Non era un uomo solenne, solo un pò pomposo, anche nella sua frivolezza. La sua sincera tristezza, per altro, si dissipò subito e guardò il nonno con una gelida aria di sfida e una leggera smorfia di burla che non riuscimmo a capire. Il nonno ed io evitammo di commentare tutto ciò più tardi nella stanza del generale, così diversa dal resto della casa. Mio papà, il laureato Agustìn, aveva incaricato di tutti gli arrangiamenti un arredatore professionista che ci riempì la casa di mobili Chippendale, di giganteschi candelabri, di falsi Rubens pagati come se fossero veri. Il generale Vergara disse che non gliene fregava niente di tutto quello e si riservò il diritto di ammobiliare la sua stanza con gli oggetti che avevano sempre usato lui e la sua defunta donna Clotilde, fin da quando costruirono la loro prima casa alla Colonia Roma, intorno agli anni Venti. Il letto era di metallo dorato e nonostante ci fosse un armadio moderno, il generale lo condannò istallando un guardaroba vecchio e pesante, di mogano e specchi, che finì addossato alla porta dell'armadio. Guardò con affetto il suo vecchio mobile. "Ogni volta che lo apro, sento ancora l'odore della roba della mia Clotilde, una così brava massaia, le lenzuola ben stirate, tutto ben inamidato." Abbondano in questa carnera cose che nessuno usa più, una comoda con la chiusura di marmo, un lavamano di porcellana e alte brocche piene d'acqua. Una sputacchiera di rame e un dondolo di vimini. Il generale ha sempre fatto il bagno di sera, e questa notte, quella dei misteri di mio papà, mi chiese di accompagnarlo e andammo insieme in bagno, il generale con la sua caraffa con anatroccoli e fiori dipinti a mano e il suo sapone Marsiglia, odiava i saponi profumati e con nomi impronunciabili che si usavano adesso, diceva che lui non era né un stella del cinema né un finocchio. Io portai la sua vestaglia, il suo pigiama e le sue pantofole MESSICO/FUENTES15 imbottite. Quando entrò nella tinozza di acqua tiepida, insaponò una spazzola di saggina e cominciò a strofinarsi vigorosamente. Mi disse che faceva bene alla circolazione. Gli dissi che preferivo la doccia e mi rispose che era roba per cavalli. Poi, senza che me lo chiedesse, lo sciacquai con la caraffa, versandogli l'acqua sulle spalle. "Nonno, ho pensato a quello che mi ha detto di Villa e dei suoi dorati." "Anch'io a quello che mi hai risposto, Plutarco. Può essere vero. Quanto ci mancano a volte gli altri. Un pò alla volta sono morti tutti. E poco importa che nasca altra gente. Quando ti muoiono gli amici con i quali hai vissuto e lottato, rimani solo, completamente." "Lei si ricorda di parecchie cose molto belle e a me piace tantissimo starle ad ascoltare." "Sei un buon amico. Ma non è lo stesso." "Faccia conto che sia stato con lei durante la rivoluzione nonno. Faccia conto che ..." Mi sentii arrossire stranamente e il vecchio seduto nella tinozza, di nuovo tutto insaponato, mi interrogò con le ciglia bianche di schiuma. Poi mi prese la mano con la sua bagnata e me la strinse forte, prima di cambiare velocemente argomento. "Che gli è preso al tuo vecchio, Plutarco?" "Chi lo sa. Con me non parla mai. Lei lo sa bene, nonno." "Non è mai stato uno che alzasse la voce. Mi ha fatto perfino piacere che mi rispondesse così all'ora di cena." GIUNTI

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