14 MESSICO/FUENTES gli fecero uno scherzo di quelli e lui ordinò di castrare lo spiritoso. Lei non è altro che un affarino, un pisellino rinsecchito, un uccellino striminzito, gli disse il prigioniero, e il generale Vergara, capponatelo, immediatamente. Da allora lo chiamarono il Generai Coglioni, occhio alle palle, ridi ma non ci ammazzare anche se siamo buffoni e altri ritornelli che giravano durante la grande campagna di Pancho Villa contro i Federali, quando Vicente Vergara, allora molto giovane ma già infuocato, militava con il Centauro del Nord, prima di passare nelle fila di Obreg6n, quando a Celaya vide che era finita. "So cosa raccontano. Tu spacca la testa a chi dice che tuo nonno cambiava bandiera." "Ma nessuno mi ha detto niente." "Ascolta, ragazzo, una cosa era Villa quando uscì dal nulla,, dalle montagne di Durango, e da solo riuscì a trascinare tutti gli scontenti e a mettere insieme la Divisione del Nord che fece fuori la dittatura di quell'ubriacone di Huerta e i suoi Federali. Ma quando si mise contro Carranza e contro la legge, fu un'altra cosa. Volle continuare a fare la guerra, senza quartiere, perché ormai non poteva più fermarsi. Dopo che Obreg6n lo sconfisse a Celaya, il suo esercito sbandò e tutti i suoi uomini tornarono ai loro campi di mais e ai loro boschi. Allora Villa andò a cercarli uno per uno, per convincerli che si doveva continuare la lotta, e loro rispondevano di no, che, capisse il generale, ormai erano tornati a casa, ormai erano di nuovo con le loro mogli e i loro figli. Allora poverini sentivano degli spari, si voltavano e vedevano le loro case in fiamme e le loro famiglie uccise. 'Adesso non avete più né casa né mogli né figli-diceva loro Villa-meglio che ritorniate con me."' "Forse amava molto i suoi uomini, nonno." "Che nessuno dica che sono stato un traditore." "Nessuno lo dice. Ormai ci si è dimenticati di tutto questo." Rimasi a pensare a quello che avevo appena finito di dire. Pancho Villa amò molto i suoi uomini, non poteva immaginare che i suoi soldati non lo ricambiassero. Nella sua stanza, il generale Vergara aveva molte foto ingiallite, alcune erano solo ritagli di giornale. Lo si vedeva insieme a tutti i capi della rivoluzione, dal momento che andò con tutti e servì tutti, a turno. Mano a mano che cambiavano i capi, cambiavano le divise di Vicente Vergara, qui fra la folla che sommergeva don Panchito Madero il famoso giorno dell'ingresso nella capitale del piccolo e fragile e ingenuo e miracoloso apostolo della rivoluzione, che, con un libro, sconfisse l'onnipotente don Porfirio in un paese di analfabeti, non mi dire che non fu un miracolo, ed eccolo lì il giovane Chente Vergara, col suo cappellino di feltro stropicciato, senza fascia di seta, e la sua camicia senza colletto rigido, un ragazzotto in più, arrampicato sulla statua equestre del re Carlo IV, quel giorno in cui anche la terra tremò, come quando Nostro Signore Gesù Cristo morì, come se la apoteosi di Madero fosse già il suo calvario. "Dopo l'amore per la Vergine e l'odio per i gringos, niente ci unisce di più di un crimine vergognoso, proprio così, e tutto il paese insorse contro Victoriano Huerta per aver assassinato don Panchito Madero." E poi il capitano dei dorati di cavalleria Vicente Vergara, le bandoliere incrociate sul petto, il cappello di paglia e i pantaloni bianchi, mentre mangia un panino con Pancho Villa vicino a un treno stracarico, e poi il colonnello costituzionalista Vergara, molto giovane e pulcro con il suo cappello texano e la sua uniforme kaki, ben protetto dalla figura patriarcale e distante di don Venustiano Carranza, il primo capo della rivoluzione, impenetrabile dietro i suoi occhialini scuri e la sua barba che gli arrivava all'abbottonatura della tunica, quella sembrava quasi una foto di famiglia, un padre giusto ma severo e un figlio rispettoso e ben avviato, che non era lo stesso Vicente Vergara, colonnello obregonista che si era pronunciato ad Agua Prieta contro il personalismo di Carranza, liberato dalla tutela del padre crivellato di colpi mentre dormiva su una stuoia aTlaxcalantongo. "Quei ragazzi sono tutti morti! Madero non arrivò a compiere quarant'anni e Villa ne aveva quarantacinque, Zapata trentanove, Carranza che sembrava bello vecchio ne aveva appena sessantuno, il mio generale Obreg6n quarantotto. Dimmi se non sono un sopravvissuto, fortuna bella e buona ragazzo, se il mio destino era morire giovane, solo per culo non sono sepolto da qualche parte, in un villaggio di avvoltoi e sciacalli, e tu non saresti neanche nato." Questo colonello Vergara seduto fra il generale Alvaro Obreg6n ed il filosofo José Vasconcelos ad un pranzo, questo colonnello Vergara con i baffi alla Kaiser, l'uniforme da parata scura, collo alto e galloni dorati ... "Un fanatico cattolico ha ucciso il mio generale Obreg6n, ragazzo. Ahimè. Sono stato al funerale di tutti, di tutti quelli che vedi qui, sono morti tutti di morte violenta, non andai a quello di Zapata, perché lo seppellirono in segreto per poter dire che è ancora vivo" ...che non era neanche il generale Vicente Vergara, adesso vestito da civile sul punto di lasciare la giovinezza, molto in ordine, molto curato, col suo vestito di gabardine chiaro e la sua perla alla cravatta, molto serio, molto solenne perché solo così si dava la mano a quell'uomo dal viso di granito e lo sguardo da tigre, il capo supremo della rivoluzione, Plutarco Elfas Calles. "Quello era un uomo, ragazzo, un umile insegnante di scuola che arrivò ad essere Presidente. Nessuno poteva sostenere il suo sguardo, nessuno, nemmeno quelli che erano passati dalla tremenda prova delle fucilazioni a salve certi che fosse arrivata la loro ora e non batterono neanche ciglio, neppure loro. Il tuo Plutarco. Il tuo padrino, ragazzo. Guardalo, guardati in braccio nientemeno che a lui. Guardaci, il giorno del tuo battesimo, il giorno dell'unità nazionale, quando il mio generale Calles ritornò dall'esilio." "Perché mi ha battezzato? Non era un terribile persecutore della Chiesa?" "Che cos'ha a che vedere una cosa con l'altra? Figurati se ti avremmo lasciato senza nome." "No, nonno, anche lei dice che la vergine unisce tutti noi messicani, e allora?" "La guadalupana è una vergine rivoluzionaria che appare sia sugli stendardi di Hidalgo, durante l'indipendenza, che su quelli di Zapata, durante la rivoluzione, una vergine della madonna!" "Ma ascolti, è grazie a lei che non sono andato a scuola dai preti." "La Chiesa serve soltanto per due cose, per nascere bene e per morire bene, èchiaro?Ma fra la culla e la tomba, che non si occupi di cose che non la riguardano, che si dedichi a battezzare bambini e a pregare per le anime." Noi tre uomini che vivevamo nella grande casa del Pedregal ci riunivamo solo per la merenda, che era sempre la stessa che ordinava il generale mio nonno. Capelli d'angelo in brodo, asciutti, fagioli in umido, pane all'uovo e da bere latte con cioccolato e farina di mais. Mio papà, il laureato don Agustfn Vergara, si vendicava di queste cene rustiche con dei lunghi pranzi dalle tre alle cinque al Jena o al Rivoli, dove poteva ordinare il filetto alla Diana e crepes Suzette. Ciò che più gli ripugnava delle merende era un'abitudine peculiare del generale. Finito di mangiare, il vecchietto si toglieva la dentiera e la
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