Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 83 nella sua inafferrabile nitidezza, nei suoi accostamenti imprevedibili di scene di una naturalità cruenta a ragionamenti limpidi ma svolti per immagini, in cui è difficile sceverare esasperata sensibilità e lucida acutezza intellettuale. Così, sulla base di un medesimo atteggiamento documentaristico (Eugenia è l'Ortese, lo si capisce subito, anche se solo di recente la scrittrice lo ha dichiarato in un'intervista), un modo di porsi distaccato e oggettivo "concretizza" un testo d'invenzione, mentre un piglio soggettivo e sovreccitato conferisce astrattezza ad un reportage d'indole cronachistica. Ma la complementarietà dei due pezzi non si ferma qui: se Eugenia non si può rendere conto del significato della sua sconvolgente esperienza, l'attività intellettuale dei giovani di "Sud" consiste proprio nello sforzo di ragionare su questo; in Un paio di occhiali ad essere sceneggiata è la vita di un singolo basso, un autentico microcosmo tutto chiuso in se stesso, mentre nell'ultimo testo la giornalista non fa che spostarsi, passeggiare, da sola o in compagnia di vecchi compagni, intorno a quei luoghi (come contando su una loro conoscenza precedente da parte del lettore) che il libro ha fin qui messo a fuoco. Ecco allora gli altri capitoli. Se gli Occhiali è un racconto inscrivibile nella tradizione del verismo realistico, Interno familiare è una prova di verismo psicologico: con Anastasia Finizio (zitella come la zia di Eugenia) siamo ai turbamenti di una donna non più giovane che si lusinga di poter vivere quei sentimenti che fin qui ha represso e addirittura dimenticati. Ma · la sua scoperta non è molto diversa da quella di Eugenia: "Perciò, meravigliata e abbattuta, come chi scorge per laprima volta unpaese misero e silenzioso, e gli dicono che lì ha vissuto, credendo di vedere palazzi e giardini dove non erano che ciotoli e ortiche, e considerando in un baleno che la sua vita altro non era stata che servitù e sonno, e ora stava per declinare" (p. 37, corsivo mio). I fratelli di Anastasia e i loro fidanzati appartengono alla piccola borghesia: una "gioventù malaticia e disoccupata, con poche ambizioni, pochi sogni, poca vita" (p. 56). Potrebbero benissimo abitare ai piani alti dei Granili, come quelle famiglie . decorose sempre esposte al rischio di cadere nel baratro, ai piani inferiori della Città involontaria, che inghiotte chi vi precipita. Del resto, la zia di Anastasia, zia Nana, è una di quelle piccole figurine grottesche che popolano le pagine di Oro a Forcella: "D'ogni parte, intanto, passavano nani e nane, vestiti decorosamente di nero, con le facce pallide, deformi, grandi occhi pietosi, le dita come rami al petto, badando a scansare i bambini e i cani che li urtavano" (p. 64). Più in generale, i due capitoli centrali, che offrono una panoramica della città e dei suoi abitanti secondo moduli espressivi questa volta memori del1'esperienza scapigliata (penso a Valera, ai palombari del sottosuolo, tanto ingenuamente zoliani e socialisti quanto la Ortese si mostra disincantata e scettica), ritraggono a volo personaggi qui non di rado privi di spessore umano individuale. Ma, non va dimenticato, i crudi ritratti corali del terzo e del quarto pezzo sono preceduti dalla messa a fuoco di soggetti emblematici: Eugenia è insomma la portavoce del popolo dei bambini ~he invade queste pagine, bambini visti poi nudi nella Torregaveta1986. Fotodi AntonioBiasiucci Ida Stazioni, ElectaNapoli 199 l ).

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