Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 81 restare di sasso e per riferirne a chi non osa, o prepararlo ad osare. Si comprende così l'ondeggiamento ortesiano, la cui esplicitazione più evidente, alla fase nascente di una poetica e di una teoria, la troviamo proprio nelle pagine di Il mare non bagna Napoli. La dichiarazione, la spiegazione. E si comprende anche - ma è secondario, prevedibile, e non vale la pena di insisterci troppo - che i letterati che non osano, quelli dei mi I le veli, dei cento snobismi, delle trenta menzogne, i solo-letterati, non siano in grado di accogliere, ieri come oggi, lo scandalo ortesiano, la nudità crudele e però ovvia, per chi non si mente, di una visione della realtà che può parere, essa visione, inaccettabile, a chi la realtà l'accetta scavandosi dentro nicchie protette, riparandosene con gli artifizi di un qualche manierismo. Ne Il mare non bagna Napoli questa realtà ha nome Napoli, e dentro Napoli ha nome (siamo attorno al '50) Forcella e i Granili, San Biagio e i Quartieri - i luoghi della estrema miseria e la degradazione e l'avvilimento o l'abiezione che dalla miseria conseguono. I poveri, mi diceva tanti anni fa provocatoriamente un prete coraggioso ed estremo, i poveri puzzano; e sorrideva del mio ingenuo idealismo indignato, lui che tra i poveri ci viveva davvero e conosceva tutta la povertà dei poveri, tutte le conseguenze della_povertà, e cercava portarvi più di tanti qualche riparo. I poveri della Ortese puzzano, come puzzano i veri poveri, nell'abiezione della vera povertà. Anche questo è scandalo della realtà; e anche questo è stata, e in qualche piccola parte, in modo ben diverso, può essere ancora Napoli: senza più l'abiezione della miseria estrema, ma con quella, meno giustificabile, della miseria morale. Il paradosso (l'ondeggiamento) della Ortese, è anche "professionale": ella è tra i pochissimi grandi scrittori italiani ad aver saputo praticare, volente o nolente, a livello altissimo, la professione del giornalista, dell'inviato; e ha saputo raccontare l'Italia del suo tempo, e non solo l'Italia, come pochi altri nostri scrittori e pochissimi giornalisti. Ne Il mare non bagna Napoli abbiamo esempi di racconti "puri", ma nei quali il peso della realtà è massimo (e i vicoli, le case di cui parla hanno subito connotazioni topografiche precise, "giornalistiche") ed esempi di reportage che "puri" non sono, tanto vi è forte la-passione dello scrittore (la sua poesia). "Visione" e non "misura" dell'intollerabile, dice la Ortese, che di misure si sente incapace; e questa parola, visione, è di per sé, nell'uso corrente, spiazzante, ambigua, perché subito dice il vedere, il guardare come si deve guardare, ma dice anche l'oltre del vedere, un'incapacità del vedere oggettivo. Tra "realtà" e "visione" (','.isionàrietà) una misura può esserci, ma solo poetica, quella che nasce molto concretamente e dolorosamente dalla inaccettabilità della realtà e però dalla necessità di vederla, dalla impossibilità per la Ortese di nascondersela, di non vederla. In questo ondeggiamento, in questa contraddizione sta forse la grandezza della scrittrice. La contraddizione è anche dentro il suomutamento. TrallmarenonbagnaNapoliellcardillo addolorato, per esempio-per dire ilpiù famoso dei suoi vecchi libri e il recente capolavoro - sarebbe interessante verificare lo spostamento d'accento dalla necessità della ragione (Il silenzio della ragione è il titolo del più lungo brano del Mare, quello sugli intellettuali suoi amici, e sul loro fallimento, visti con una lucidità che, perché tale, può apparire crudele, e fissati nei loro immutati caratteri) a una polemica contro la ragione. Tutto Il cardillo sembra rivendicare ciò che nel Mare era al negativo, la natura, la comunicazione con una natura che condiziona ogni sforzo della ragione nel caso di Napoli e di una sua ambita trasformazione. Nel Cardillo cristianesimo e illuminismo sono la fine di un mondo pagano armonico, del dialogo pagano dell'uomo con il mondo, e la Ortese colloca questa rottura nell'epoca appunto dell'insorgere dei "lumi". Ma la Ortese non è un filosofo e non vuole costruire teorie, vive il contrasto tra poesia e orrore, secondo dati di immediata verificao secondo elaborazioni per così dire "postume" rispetto alla sua perlustrazione (giornalistica nel senso più alto) del reale. Il dolore e lo strazio dei racconti e itinerari del Mare è lo scandalo della realtà a produrli, contro il quale, sempre, il poeta deve scagliarsi, ché questo è il suo compito-e anche se laOrtese non lo afferma con la decisione e la persuasione e la chiarezza teorica della Morante, ci è immediato vedere anche lei come poeta-eroe in lotta contro il drago dell'irrealtà che incombe minaccioso sulla città, e che ieri si chiamava fame, oggi si chiama alienazione e paradosso della ragione ("dialettica dell'illuminismo" secondo la convinzione di Adorno). P.S. Mentre Adelphi dava alle stampe la nuova edizione de Il mare non bagna Napoli corredata da un'introduzione e una postfazione nuove dell'autrice, le benemerite edizioni Palomardi Bari hanno affrontato l'impresa della ristampa anastatica della rivista "Sud", di cui uscirono sette numeri ingrande formato a Napoli, il 44eil 47, tradifficoltà enormi. La dirigeva Pasquale Prunas, "eroe positivo" sconfitto, nella rivisitazione del gruppo che è narrata ne Il silenzio della ragione. Vi scrivevano tra gli altri Incoronato e La Capria, Compagnone, Gaedkens, Patroni-Griffi e Ghirelli e tanti altri, quasi tutti, i sopravvissuti, poi passati a Roma a dar vita a quella sorta di "letteratura degli emigrés" spesso aurea e vitale, ma spesso (con il cinema dei napoletani-romani) masticatrice e divulgatrice di luoghi molto molto comuni, e cioè di stereotipi, sulla realtà napoletana e i suoi caratteri. "Sud" appare oggi come una rivista più ardita, originale e aperta di quanto non sia stata "Il Politecnico", chepure aveva dalla sua una casa editrice importante (mentre, per far uscire "Sud", Prunas doveva fare le cose più impensabili, come documenta il fascicolo che accompagna la riedizione, a cura di Giuseppe Di Costanzo) e aveva alle spalle una società come quella milanese, allora particolarmente attiva e propositiva. La post-fazione del Mare è una testimonianza della Ortese sull'esperienza di "Sud", di cui ella fece pienamente parte, ed è stata scritta originariamente per introdurre questo fascicolo storico-rievocativo.

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